Benedetto fu un soldato della guarnigione romana di stanza a Cupra (attuale Cupra Marittima), oggetto di una delle ultime terribili ondate di persecuzione verso i cristiani, quella che fece seguito al quarto editto dell'imperatore Diocleziano nel 304.
Il soldato Benedetto, del quale si ignorano le origini, non abiurò la fede cristiana e, secondo la storia tramandata nei secoli, venne decapitato il giorno 13 ottobre (304?) sul ponte del torrente Menocchia, e poi gettato nello stesso corso d'acqua per poi finire in mare. Qui, dopo aver percorso appena 4 miglia, finì su una spiaggia dove venne raccolto da un contadino che volle dargli degna sepoltura sul primo promontorio antistante. La tomba del martire divenne presto un luogo di culto e, attorno ad essa, nel tempo, si formò il nucleo originario dell'attuale San Benedetto del Tronto. Pare infatti che il luogo dell'iniziale tomba (catacomba) coincida con quello sul quale venne edificata la prima Pieve di San Benedetto sul sito della quale nel XVIII secolo è stata poi eretta l'attuale chiesa abbaziale di San Benedetto Martire, al centro del Paese Alto, il nucleo più antico della moderna cittadina picena che dallo stesso Santo ha tratto il suo nome.
Le spoglie del santo sono conservate nella stessa chiesa e nel 2003 (diciassettesimo centenario dalla morte) sono state oggetto di una radiodatazione ad opera dell'Università del Salento che ha confermato, pur entro un intervallo di più o meno 50 anni, dettato dai limiti di precisione di questo tipo di indagine, che le ossa che ancora si conservano sono da attribuirsi ad un uomo morto verso il 300 d.C.
Le poche informazioni sul santo ci derivano dai resti di una lapide ancora presente nell'attuale chiesa e che si fa risalire all'epoca della costruzione della prima tomba, e a ciò che rimane della memoria di un ciclo di affreschi dell'antica pieve nella quale era rappresentata la storia del martirio e del ritrovamento delle spoglie così come tramandata nei secoli.
SAN DANIELE FASANELLA - Belvedere Marittimo (CS) 5>20 Ottobre 2016
07 Ottobre, 2016Redazione le Vie del Signore
SAN DANIELE FASANELLA - Belvedere Marittimo (CS) 5>20 Ottobre 2016
Beata Vergine Maria del Rosario - [07 Ottobre 2016]
07 Ottobre, 2016Redazione le Vie del Signore
Beata Vergine Maria del Rosario - [07 Ottobre 2016]
PREGHIERA. O Dio, il cui Unigenito Figliuolo con la sua vita, morte e risurrezione ci meritò la grazia dell'eterna salvezza, deh!, fa' che mentre noi meditiamo i misteri del santissimo Rosario della B. V. Maria, ne imitiamo in tal guisa il contenuto, che possiamo poi conseguire il premio celeste che essi ci promettono.
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San Francesco d'Assisi - Patrono d'Italia - [04 Ottobre 2016]
04 Ottobre, 2016Redazione le Vie del Signore
San Francesco d'Assisi - Patrono d'Italia - [04 Ottobre 2016]
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Il Papa in volo per Manila: nelle Filippine “il messaggio saranno i poveri”
15 Gennaio, 2015Redazione le Vie del Signore
Nelle Filippine “il messaggio saranno i poveri”, soprattutto il sostegno alle vittime del tifone Yolanda. Lo ha detto Papa Francesco nel lungo colloquio, circa 45 minuti, avuto coi giornalisti a bordo dell’aereo papale. Molto incisive le parole del Papa sui fatti di Parigi, quando ha ribadito che la libertà di espressione è un “diritto fondamentale” ma anche quello di una fede di non essere messa in ridicolo. Tra i temi toccati, la riconciliazione in Sri Lanka e la prossima Enciclica incentrata sui temi ambientali, che dovrebbe essere pubblicata in estate. Il servizio del nostro inviato a Manila, Alessandro De Carolis:
Il “brivido” lungo la schiena dei cronisti e dei cameraman scorre all’unisono quando Francesco, alla domanda sul diritto alla libertà di religione e a quello di espressione, come sua abitudine non svicola e va diritto al punto. Il quesito è di un giornalista francese e in ballo c’è la valutazione del Papa sui recenti fatti di Parigi. Queste libertà, afferma, “sono tutte e due diritti umani fondamentali”. Ma così come, scandisce, è un’“aberrazione” chi pretenda di “uccidere in nome di Dio”, sbaglia anche chi arriva a offendere una religione sventolando la bandiera del diritto a dire ciò che si vuole. Sul punto Papa Francesco è inequivocabile: certamente è doveroso dire ciò che contribuisce a costruire il “bene comune”, e certamente non si può reagire con violenza a un affronto, ma nemmeno “si può provocare”. “Non si può insultare la fede degli altri – insiste – non si può prendere in giro la fede”, perché “c’è un limite”, quello della “dignità” che ogni religione possiede.
E come si rischia una brutta reazione insultando chi per qualcuno è sacro, in modo analogo l’uomo rischia di essere vittima della natura da lui stesso “troppo sfruttata”. Uno dei temi iniziali della conferenza stampa aveva riguardato proprio la prossima Enciclica in preparazione sui temi ambientali. Papa Francesco ha dato la notizia da tempo attesa: il documento dovrebbe essere pronto per giugno, luglio. A fine marzo, ha annunciato, prenderà una settimana di tempo per concludere un testo già arrivato alla terza bozza, dopo la prima preparata dal card. Turkson, una seconda rivista dal Papa stesso con l’aiuto di esperti e una terza bozza redatta con il contributo di teologi. Quest’ultima versione ha ricevuto anche costruttivi apporti, ha riferito Francesco, da parte della Congregazione della Dottrina della Fede, della Segreteria di Stato e del teologo della Casa Pontificia. Quello che il Papa vuole è che l’Enciclica porti un “contributo” al prossimo vertice di Parigi sulla tutela ambientale. Quello scorso in Perù, ha soggiunto Papa Francesco, “mi ha deluso” per la “mancanza di coraggio”.
Sulla tappa srilankese del viaggio apostolico, Papa Francesco aveva aperto con una spiegazione del perché abbia ultimamente privilegiato – nel proclamare nuovi Santi – la procedura della “Canonizzazione equipollente”, nel caso di Beate e Beati venerati già da secoli, come avvenuto con l’Apostolo dello Sri Lanka, Giuseppe Vaz. Nella sua scelta – come per la Beata Angela da Foligno, Pietro Favre, padre de Anchieta e gli altri – il Papa ha detto di preferire, in accordo con la visione dell’“Evangelii Gaudium”, “grandi evangelizzatori ed evangelizzatrici”. Così avverrà in settembre, durante il suo viaggio apostolico negli Stati Uniti, quando canonizzerà Junipero Serra, che portò il Vangelo nell’ovest del Paese.
Forti le parole sul crescente utilizzo di ragazzi e bambini negli attentati kamikaze, drammaticamente noti anche nel conflitto che ha insanguinato lo Sri Lanka. Francesco ha detto di vedere, al di là di problemi psichici, uno “squilibrio umano” in chi sceglie di uccidersi per uccidere. Un kamikaze, ha osservato, è uno che “dà la vita ma non la dà bene”, al contrario per esempio di tanti missionari che pure danno la vita “ma per costruire”. E dunque, mettere una bomba addosso a un bambino non è altro, per il Papa, che un altro dei terribili modi di renderlo “schiavo” .
Sollecitato poi dalla domanda sui possibili attentati contro la sua persona e contro il Vaticano, Francesco ha detto di temere soprattutto per l’incolumità della gente che viene a incontrarlo, dicendo invece di se stesso, con un sorriso, di affrontare questo pericolo con “una buona dose di incoscienza”. Il “miglior modo” per rispondere alla violenza, ha sottolineato, “è la mitezza”.
Un’altra spiegazione, Papa Francesco l’ha data circa la sua visita a sorpresa in un tempio buddista, al termine della seconda giornata in Sri Lanka. Si è trattato di uno scambio di cortesie con il capo del tempio che era venuto a salutarlo all’aeroporto, ma anche un riconoscimento – ha sottolineato – del valore dell’interreligiosità, che in modo plastico si manifesta ad esempio proprio nel Santuario di Madhu, in Sri Lanka, luogo di incontro e di preghiera non solo di cattolici.
Alla domanda sulla possibilità di coinvolgere le altre religioni contro il terrorismo, magari con un incontro sullo stile di Assisi, Francesco ha detto di aver saputo che “c’è gente che lavora per questo” in ambienti di altre fedi, dove serpeggia una certa “inquietudine” sulla recrudescenza del terrorismo.
Una valutazione del Papa ha riguardato anche un suo appoggio a Commissioni di verità e riconciliazione nel mondo, come quella in Sri Lanka. Francesco ha detto di averne sostenuta una in Argentina e di appoggiare tutti gli “sforzi equilibrati” che “aiutino a mettersi d’accordo” e non cerchino la vendetta. Citando parole del nuovo presidente dello Sri Lanka, Papa Francesco ha detto di essere rimasto colpito dall’idea del presidente di voler andare avanti nel lavoro di pace e di riconciliazione, ma soprattutto di mirare a “creare l’armonia nel popolo”, che è “più della pace e della riconciliazione”. Ma per far questo è necessario “arrivare al cuore del popolo”. L’incontro con i giornalisti è finito con gli auspici del Papa per l’Agenzia Ansa che celebra i 70 anni di attività. “Vi auguro ogni bene”, ha concluso.
Il Papa: il cristianesimo non è per essere educati, la Croce non è un ornamento
08 Aprile, 2014Redazione le Vie del Signore
“Non esiste un cristianesimo senza Croce”. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che “non c’è possibilità di uscire da soli dal nostro peccato” e ha ribadito che la Croce non è un ornamento da mettere sull’altare, ma il mistero dell’amore di Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti: In cammino nel deserto, il popolo mormorava contro Dio e contro Mosè. Ma quando il Signore mandò dei serpenti, il popolo ammise il suo peccato e chiese un segno di salvezza. Papa Francesco ha preso spunto dalla Prima lettura, tratta dal Libro dei Numeri, per riflettere sulla morte nel peccato. E subito ha notato che Gesù, nel Vangelo odierno, mette in guardia i farisei dicendo loro: “Morirete nel vostro peccato”: “Non c’è possibilità di uscire da soli dal nostro peccato. Non c’è possibilità. Questi dottori della legge, queste persone che insegnavano la legge, non avevano un’idea chiara su questo. Credevano, sì, nel perdono di Dio, ma si sentivano forti, sufficienti, sapevano tutto. E alla fine avevano fatto della religione, dell’adorazione a Dio, una cultura con i valori, le riflessioni, certi comandamenti di condotta per essere educati, e pensavano, sì, che il Signore può perdonare, lo sapevano, ma (era) troppo lontano tutto questo”. Il Signore nel deserto, ha poi rammentato, comanda a Mosè di fare un serpente e metterlo su un’asta e chi sarà morso dai serpenti e lo guarderà resterà in vita. Ma cos’è il serpente, si è chiesto il Papa? “Il serpente è il segno del peccato”, come già vediamo nel Libro della Genesi quando “è stato il serpente a sedurre Eva, a proporle il peccato”. E Dio, ha proseguito, manda a innalzare il “peccato come bandiera di vittoria”. Questo, ha detto Francesco, “non si capisce bene se non capiamo quello che Gesù ci dice nel Vangelo”. Gesù dice ai Giudei: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, adesso conoscerete che io sono”. Nel deserto, ha detto, è stato dunque innalzato il peccato, “ma è un peccato che cerca salvezza, perché guarisce lì”. A essere innalzato, ha sottolineato, è il Figlio dell’uomo, il vero Salvatore, Gesù Cristo: “Il cristianesimo non è una dottrina filosofica, non è un programma di vita per sopravvivere, per essere educati, per fare la pace. Queste sono conseguenze. Il cristianesimo è una persona, una persona innalzata sulla Croce, una persona che annientò se stessa per salvarci; si è fatta peccato. E così come nel deserto è stato innalzato il peccato, qui è stato innalzato Dio, fatto uomo e fatto peccato per noi. E tutti i nostri peccati erano lì. Non si capisce il cristianesimo senza capire questa umiliazione profonda del Figlio di Dio, che umiliò se stesso facendosi servo fino alla morte e morte di Croce, per servire”. E per questo l’Apostolo Paolo, ha proseguito, “quando parla di che cosa si gloria lui - anche possiamo dire di che cosa ci gloriamo noi” - dice: “Dei nostri peccati”. Noi, ha osservato il Papa, “non abbiamo altre cose di cui gloriarci, questa è la nostra miseria”. Ma, ha aggiunto, “da parte della misericordia di Dio, noi ci gloriamo in Cristo crocifisso”. E per questo, ha rimarcato, “non esiste un cristianesimo senza Croce e non esiste una Croce senza Gesù Cristo”. Il cuore della salvezza di Dio, ha detto ancora, “è il suo Figlio, che prese su di Lui tutti i nostri peccati, le nostre superbie, le nostre sicurezze, le nostre vanità, le nostre voglie di diventare come Dio”. Per questo, ha ammonito, “un cristiano che non sa gloriarsi in Cristo crocifisso non ha capito cosa significa essere cristiano”. Le nostre piaghe, ha soggiunto, “quelle che lascia il peccato in noi, soltanto si guariscono con le piaghe del Signore, con le piaghe di Dio fatto uomo, umiliato, annientato”. “Questo – ha affermato Papa Francesco – è il mistero della Croce”: “Non è un ornamento, che noi dobbiamo mettere sempre nelle chiese, sull’altare, lì. Non è un simbolo che ci distingue dagli altri. La Croce è il mistero, il mistero dell’amore di Dio, che umilia se stesso, si fa ‘niente’, si fa peccato. Dove è il tuo peccato? ‘Ma non so, ne ho tanti qui’. No, il tuo peccato è lì, nella Croce. Vai a cercarlo lì, nelle piaghe del Signore, e il tuo peccato sarà guarito, le tue piaghe saranno guarite, il tuo peccato sarà perdonato. Il perdono che ci dà Dio non è cancellare un conto che noi abbiamo con Lui: il perdono che ci dà Dio sono le piaghe del suo Figlio sulla Croce, innalzato sulla Croce. Che Lui ci attiri verso di Lui e che noi ci lasciamo guarire”.
Radio Vaticana
Il Papa celebrerà al Don Gnocchi la Messa del Giovedì Santo
08 Aprile, 2014Redazione le Vie del Signore
Sarà uno dei luoghi centrali della solidarietà di Roma, il “Centro Santa Maria della Provvidenza” della Fondazione Don Carlo Gnocchi, a ospitare la Messa in Coena Domini, che Papa Francesco presiederà il prossimo Giovedì Santo alle 17.30. Alla celebrazione, informa una nota della Sala Stampa della Santa Sede, parteciperanno gli ospiti del Centro, accompagnati dai loro familiari, dal personale e dai responsabili. Nella stessa circostanza, lo scorso anno il Papa si era recato al Carcere minorile di Casal del Marmo. La struttura sorge in Via Casal del Marmo 401, nella zona Casalotti-Boccea, e fino al 2003, prima di essere acquisito dalla Fondazione Don Gnocchi, era noto come "Istituto Madre Nasi" dell’Opera della “Piccola Casa della Divina Provvidenza” Cottolengo. Da allora, il Centro ha proseguito l’attività di cura e assistenza a favore dei più svantaggiati, attivando anche nuovi ambiti di intervento, con una ristrutturazione delle strutture durata fino al 2009. Oggi il Centro è una struttura riabilitativa che dispone di 150 posti letto suddivisi tra una Residenza sanitaria assistenziale (60 posti letto), un moderno Reparto di riabilitazione estensiva ad alto livello assistenziale (60 posti letto) e un Reparto “in solvenza” per l’assistenza e la riabilitazione integrata di pazienti neuromotoria (30 posti letto). A questi vanno aggiunti altri 40 posti letto di degenza diurna, attività di riabilitazione ambulatoriale e 20 posti di riabilitazione domiciliare. Il Centro ospita inoltre la sede romana del CeFOS, il Centro di Formazione Orientamento e Sviluppo, che si occupa di interventi di istruzione e formazione professionale rivolti a persone con disabilità, operatori del mondo dell’assistenza e operatori scolastici e alcuni laboratori dove viene svolta attività di ricerca scientifica con l’utilizzo anche della realtà virtuale.
Radio Vaticana
Messa del Papa con i parlamentari italiani: no ai "dottori del dovere", apriamo il cuore a Dio
27 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
Al tempo di Gesù c’era una classe dirigente che si era allontanata dal popolo, lo aveva “abbandonato”, incapace di altro se non di seguire la propria ideologia e di scivolare verso la corruzione. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa celebrata questa mattina presso l'Altare della Cattedra in San Pietro, alla presenza di 493 parlamentari italiani. Il servizio diAlessandro De Carolis: Interessi di partito, lotte interne. Le energie di chi comandava ai tempi di Gesù erano per queste cose al punto che quando il Messia si palesa ai loro occhi non lo riconoscono, anzi lo accusano di essere un guaritore della schiera di Satana. Ad ascoltare di primo mattino le parole di Papa Francesco nella Basilica Vaticana c’è gran parte del parlamento italiano, compresi nove ministri e i presidenti di Senato e Camera, Piero Grasso e Laura Boldrini. La prima lettura, tratta dal Libro di Geremia, mostra il profeta dare voce al “lamento di Dio” verso una generazione che, osserva il Papa, non ha accolto i suoi messaggeri e che invece si giustifica per i suoi peccati. “Mi hanno voltato le spalle”, cita Papa Francesco, che commenta: “Questo è il dolore del Signore, il dolore di Dio”. E questa realtà, prosegue, è presente anche nel Vangelo del giorno, quella di una cecità nei riguardi di Dio soprattutto da parte dei leader del popolo: “Il cuore di questa gente, di questo gruppetto con il tempo si era indurito tanto, tanto che era impossibile ascoltare la voce del Signore. E da peccatori, sono scivolati, sono diventati corrotti. E’ tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose, e questi erano corrotti. E per questo si giustificano, perché Gesù, con la sua semplicità, ma con la sua forza di Dio, dava loro fastidio”.
Persone, prosegue Papa Francesco, che “hanno sbagliato strada. Hanno fatto resistenza alla salvezza di amore del Signore e così sono scivolati dalla fede, da una teologia di fede a una teologia del dovere”: “Hanno rifiutato l’amore del Signore e questo rifiuto ha fatto sì che loro fossero su una strada che non era quella della dialettica della libertà che offriva il Signore, ma quella della logica della necessità, dove non c’è posto per il Signore. Nella dialettica della libertà c’è il Signore buono, che ci ama, ci ama tanto! Invece, nella logica della necessità non c’è posto per Dio: si deve fare, si deve fare, si deve… Sono diventati comportamentali. Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini. Gesù li chiama, loro, ‘sepolcri imbiancati’”.
La Quaresima, conclude Papa Francesco, ricorda che “Dio ci ama tutti” e che dobbiamo “fare lo sforzo di aprirci” a Lui: “In questa strada della Quaresima ci farà bene, a tutti noi, pensare a questo invito del Signore all’amore, a questa dialettica della libertà dove c’è l’amore, e domandarci, tutti: Ma io sono su questa strada? O ho il pericolo di giustificarmi e andare per un’altra strada?, una strada congiunturale, perché non porta a nessuna promessa. E preghiamo il Signore che ci dia la grazia di andare sempre per la strada della salvezza, di aprirci alla salvezza che viene soltanto da Dio, dalla fede, non da quello che proponevano questi ‘dottori del dovere’, che avevano perso la fede a reggevano il popolo con questa teologia pastorale del dovere”.
Radio Vaticana
Incontro in Vaticano tra Papa Francesco e Obama
27 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco ha ricevuto stamani in Vaticano il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Si tratta del primo incontra tra i due. Obama era stato ricevuto da Benedetto XVI in Vaticano nel luglio 2009. Sul colloquio è atteso un comunicato della Sala stampa vaticana in tarda mattinata. Il servizio di Alessandro Gisotti: “Welcome”, “Benvenuto”. Papa Francesco ha accolto con la semplicità che lo contraddistingue Barack Obama che, dal canto suo, ha risposto: “Grazie. E’ meraviglioso incontrarla”. Poi il momento del colloquio privato tra i due, presenti solo gli interpreti. La conversazione è durata circa 50 minuti. Quindi, si è svolta la cerimonia dello scambio dei doni e la presentazione al Pontefice dei membri delegazione americana alla qu. Il presidente degli Stati Uniti era giunto in Vaticano intorno alle 10.15, accompagnato da un lungo corteo di autovetture. Ad accogliere il capo della Casa Bianca - al Cortile di San Damaso - è stato mons. Gaenswein, prefetto della Casa pontificia. Assieme ad Obama anche il capo della diplomazia Usa, John Kerry, che nel gennaio scorso aveva incontrato il cardinale Pietro Parolin. E proprio con il segretario di Stato vaticano Obama ha avuto un colloquio dopo l’incontro con il Papa.
Il Papa toglie l'«interim» al numero due di Bagnasco e gli dà pieni poteri
ANDREA TORNIELLI CITTÀ DEL VATICANO
Papa Francesco conferma la scelta annunciata lo scorso dicembre e nomina «ad quinquennium» (cioè per cinque anni) come segretario della Conferenza episcopale italiana il vescovo di Cassano all'Ionio Nunzio Galantino, che da tre mesi ricopriva l'incarico di numero due del cardinale Angelo Bagnasco, ma soltanto «ad interim».
I pieni poteri al nuovo segretario della Cei, interprete del rinnovamento e di quella «conversione pastorale» auspicata dal Papa anche per la Chiesa italiana, sono arrivati mentre è ancora riunito a Roma il Consiglio permanente, che ha discusso anche di questa nomina. Monsignor Galantino in questi mesi è stato ricevuto con regolare frequenza da Francesco, diventando così il collegamento diretto tra il vescovo di Roma e la Cei.
Il Consiglio permanente ha diffuso un comunicato nel quale si legge: «Al Santo Padre – al quale rinnoviamo l’adesione convinta a vivere la grazia e la missione della comunione ecclesiale – va la nostra riconoscenza: la sua scelta qualifica la Segreteria generale con la conferma di un vescovo del quale in questi mesi abbiamo apprezzato dedizione, passione e impegno. Come ci ricordava Papa Francesco, non siamo espressione di una struttura o di una necessità organizzativa: intendiamo, piuttosto, esprimere una fraterna sollecitudine che incrementi il bene comune delle nostre Chiese, partecipi della stessa fede e della comune missione».
«Con il suo prezioso servizio, monsignor Galantino - afferma ancora la nota - contribuirà a rendere sempre più sensibile la Segreteria Generale – e quindi gli Uffici della CEI – alle vere necessità che interpellano le Chiese che sono in Italia per riuscire ad affrontarle con orientamenti pastorali condivisi».
Francesco com'è noto aveva chiesto alla Cei di rivedere gli statuti per arrivare, se la maggioranza dei pastori italiani lo avessero voluto, all'elezione diretta del loro presidente, come accade per le altre conferenze episcopali nel mondo. Ma i vescovi, che ne hanno discusso nell'ambito delle conferenze regionali, sono stati di parere diverso e intendono mantenere - stante lo speciale legame con il vescovo di Roma che è anche primate d'Italia - la nomina papale per il presidente della Cei, seppure dopo una larga consultazione che porti a individuare una rosa ristretta di candidati.
Visto che sono gli stessi vescovi a richiedere il mantenimento di questo ruolo del Pontefice, il prossimo maggio sembra sia probabile che a tenere il discorso di apertura dei lavori dell'assemblea generale della Cei sia proprio Bergoglio.
La nomina di oggi rafforza Galantino nel suo ruolo in Cei, garantendogli pieni poteri dato che l'«interim» restringeva il suo campo di azione alla gestione ordinaria e non a quella straordinaria. Ora viene considerata imminente anche la nomina del nuovo direttore di Tv2000, la televisione dei vescovi, in sostituzione di Dino Boffo.
Udienza generale. Il Papa: il sacerdote serva la sua comunità con amore, altrimenti non serve
26 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
All’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, il Papa ha svolto la catechesi sul Sacramento dell’Ordine. “Abbiamo avuto modo di rimarcare che i tre Sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia – ha detto - costituiscono insieme il mistero della «iniziazione cristiana», un unico grande evento di grazia che ci rigenera in Cristo. È questa la vocazione fondamentale che accomuna tutti nella Chiesa, come discepoli del Signore Gesù. Ci sono poi due Sacramenti che corrispondono a due vocazioni specifiche: si tratta dell’Ordine e del Matrimonio. Essi costituiscono due grandi vie attraverso le quali il cristiano può fare della propria vita un dono d’amore, sull’esempio e nel nome di Cristo, e così cooperare all’edificazione della Chiesa". "L’Ordine, scandito nei tre gradi di episcopato, presbiterato e diaconato - ha spiegato - è il Sacramento che abilita all’esercizio del ministero, affidato dal Signore Gesù agli Apostoli, di pascere il suo gregge, nella potenza del suo Spirito e secondo il suo cuore. Pascere il gregge di Gesù con la potenza, non della forza umana, la propria potenza, ma quella dello Spirito e secondo il suo cuore - il cuore di Gesù - che è un cuore di amore. Il sacerdote, il vescovo, il diacono devono pascere il gregge del Signore con amore. Se non lo fa con amore, non serve. E in tal senso, i ministri che vengono scelti e consacrati per questo servizio prolungano nel tempo la presenza di Gesù. Lo fanno con il potere dello Spirito Santo in nome di Dio e con amore”. Il Papa ha affrontato un primo aspetto: “Coloro che vengono ordinati sono posti a capo della comunità. Sono “A capo”, sì, però, per Gesù significa porre la propria autorità al servizio, come Lui stesso ha mostrato e ha insegnato ai discepoli con queste parole: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,25-28 // Mc 10,42-45). Un vescovo che non è al servizio della comunità non fa bene. Un sacerdote, un prete, che non è al servizio della sua comunità non fa bene. È sbagliato”. “Un’altra caratteristica che deriva sempre da questa unione sacramentale con Cristo – ha detto Papa Francesco - è l’amore appassionato per la Chiesa. Pensiamo a quel passo della Lettera agli Efesini in cui San Paolo dice che Cristo «ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile. In forza dell’Ordine il ministro dedica tutto se stesso alla propria comunità e la ama con tutto il cuore: è la sua famiglia. Il vescovo, il sacerdote, amano la Chiesa nella loro comunità e la amano fortemente. Come? Come Cristo ama la Chiesa. Lo stesso dirà San Paolo del matrimonio: lo sposo ama sua moglie come Cristo ama la Chiesa. E’ un mistero grande di amore, questo del ministero e quello del matrimonio, i due sacramenti che sono la strada per la quale le persone abitualmente vanno, come sacramento, al Signore”. C’è poi un ultimo aspetto affrontato dal Papa. “L’apostolo Paolo – ha osservato - raccomanda al suo discepolo Timoteo di non trascurare, anzi, di ravvivare sempre il dono che è in lui; il dono che gli è stato dato con l’imposizione delle mani (cfr 1 Tm 4,14; 2 Tm 1,6). Quando non si alimenta il ministero, il ministero del vescovo, il ministero del sacerdote con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio, e con la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e anche con una frequentazione del Sacramento della Penitenza, si finisce inevitabilmente per perdere di vista il senso autentico del proprio servizio e la gioia che deriva da una profonda comunione con Gesù. Il vescovo che non prega, il vescovo che non sente e ascolta la Parola di Dio, che non celebra tutti i giorni, che non va a confessarsi regolarmente, e lo stesso sacerdote che non fa queste cose, alla lunga perdono l’unione con Gesù e loro diventano di una mediocrità che non fa bene alla Chiesa. Per questo, dobbiamo aiutare i vescovi, i sacerdoti a pregare, ad ascoltare la Parola di Dio che è il pasto quotidiano, a celebrare ogni giorno l’Eucaristia e ad andare a confessarsi abitualmente. E questo è tanto importante perché va alla santificazione proprio dei vescovi e dei sacerdoti”. Il Papa ha poi concluso a braccio: “Come si deve fare per diventare sacerdote?". Non si vendono i biglietti d'entrata - ha detto - è un'iniziativa che prende il Signore: "Il Signore chiama: chiama ognuno che vuole che diventi sacerdote, e forse ci sono alcuni giovani, qui, che hanno sentito nel loro cuore questa chiamata. La voglia di diventare sacerdoti, la voglia di servire gli altri nelle cose che vengono da Dio. La voglia di essere tutta la vita al servizio per catechizzare, battezzare, perdonare, celebrare l’Eucaristia, curare gli ammalati … ma, tutta la vita così! Se qualcuno di voi ha sentito questo nel cuore, è Gesù che lo ha messo lì! Curate questo invito e pregate perché questo cresca e dia il frutto in tutta la Chiesa. Grazie”.Il Papa ha poi rivolto il suo saluto ai fedeli delle varie lingue. Ai fedeli italiani ha detto che sono coraggiosi perché non si sono fatti intimidere dalla pioggia che vuole cacciare i pellegrini. Quindi ha aggiunto: “Sono lieto di accogliere i gruppi parrocchiali e le associazioni, in particolare quelle di volontariato e la Federazione Internazionale Piemontesi nel mondo, accompagnata dal Vescovo di Pinerolo, Mons. Pier Giorgio Debernardi. Saluto gli ufficiali e militari dell’Esercito e della Guardia Costiera di Salerno, specialmente quanti si preparano a partire per la missione di pace in Libano nel prossimo ottobre. Saluto le numerose scolaresche, in particolare l’Istituto Superiore “Mattei” di Vasto che ricorda i cinquant’anni di fondazione; gli Alpini di Lecco e i Bersaglieri della Toscana. A tutti auguro che questo incontro susciti un rinnovato impegno in favore della pace e della solidarietà verso i più bisognosi. Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Ieri abbiamo celebrato la Solennità dell’Annunciazione del Signore alla Vergine Maria. Cari giovani, particolarmente gli scouts presenti, sappiate mettervi in ascolto della volontà di Dio come Maria; cari malati, non scoraggiatevi nei momenti più difficili sapendo che il Signore non dà una croce superiore alle proprie forze; e voi, cari sposi novelli, edificate la vostra vita matrimoniale sulla salda roccia della Parola di Dio. Grazie”.
Radio Vaticana
Via Crucis, le meditazioni di mons. Bregantini: "Nel volto dell'uomo che soffre c'è il profilo di Gesù"
25 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
Sarà mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, a scrivere quest’anno le meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo, che si svolgerà il 18 aprile prossimo come da tradizione al Colosseo di Roma, presieduta da Papa Francesco e trasmessa dalla Rai in mondovisione. Roberta Gisotti ha intervistato il presule, noto per il suo impegno sociale sul territorio in difesa degli ultimi e per l'affermazione della cultura della legalità:
Sessantatré anni, nativo del Trentino, un passato in gioventù da operaio, per 13 anni vescovo di Locri in Calabria terra ad alta densità di criminalità organizzata, fece scalpore il suo libro di orazioni “La preghiera sfida la mafia”. Nominato da Benedetto XVI nel 2007 alla guida della diocesi di Campobasso-Boiano, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Mons. Bregantini, come ha accolto la notizia e quale è stato il suo primo pensiero di fronte a questa occasione: responsabilità, chiamata del Signore?
R. – Sì, proprio una chiamata del Signore, che mi ha permesso di vivere prima di tutto la gratitudine particolarissima alla figura di Papa Francesco, che è già nel cuore di tutti. Secondo, ne è stata onorata, in maniera indiretta ma vitale, anche la mia diocesi di Campobasso-Boiano. E terza cosa, ho sentito vivissima nello scrivere la forza della Via Crucis. Mai come in questa occasione ho sentito vera la passione di Gesù, collegata con la passione dell’uomo, nella preghiera e nella riflessione.
D. – Quale sarà il tema portante delle meditazioni?
R. – Il tema che mi è stato affidato, in maniera molto saggia, dal Vaticano è proprio questo: “Volto di Cristo, volto dell’uomo”. Questo è il titolo che svilupperò con l’aiuto del Signore. Davanti al volto dell’uomo che soffre, di profilo c’è sempre il volto di Gesù. E, più guardi quello dell’uomo, più scopri che dietro c’è bisogno del suo volto. E più leggi il volto di Gesù, più senti che s’incarna oggi nelle mille sofferenze del nostro tempo, ma che Lui è già presente in ogni lacrima. Non la lascia però senza risposta. Ci guarda, ci osserva e l’asciuga, come ha fatto con il tradimento, il rinnegamento di Pietro.
D. – Ci saranno dei temi particolari per ogni Stazione della Via Crucis? Pensando alla sua personalità, anche umana, viene da pensare che ci saranno anche dei temi sociali...
R. – Certo, quasi tutti, stazione per stazione. Saranno intessuti però sempre di spiritualità, con lo sguardo alla crisi di oggi, alla realtà della disoccupazione, del precariato giovanile, al mondo del carcere, al mondo della droga, al dramma degli ammalati, specialmente degli ammalati terminali, alla situazione difficile di tante realtà senza speranza. E poi, molto importante, è anche sentire che tutte le situazioni sono sempre segnate da tanta forza che nasce proprio dalla Parola di Dio. I versetti di ogni stazione sono scelti proprio in relazione al tema e alla riflessione. Ogni stazione, poi, si conclude con una preghiera. Io mi sono ispirato a due figure, che mi hanno aiutato nella mia vita di Stimmatino - io appartengo a questa piccola Congregazione degli Stimmatini: la figura di San Gaspare Bertoni, quale fondatore degli Stimmatini – due secoli fa, a Verona, nel 1816 – e poi la figura di un uomo di grande fede, vissuto a Campobasso, morto 25 anni fa, fra’ Immacolato, che è stato 50 anni a letto e che ha scritto anche lui una Via Crucis essenziale, alla quale io mi sono ispirato in certi momenti particolari.
D. – Troveremo eco del richiamo di Papa Francesco a portare, a vivere il Vangelo nelle periferie del mondo?
R. – Ah, certo! La Via Crucis è tutto un omaggio alla Evangelii Gaudium. In alcuni tratti, l’ho citata espressamente, in altri appare in tutta la sua bellezza di contenuti. E’ diventata per me – la Evangelii Gaudium – una parola lucidissima, che ci aiuta proprio a leggere fino in fondo i drammi di oggi, dentro il volto però luminoso e misericordioso soprattutto di Gesù. Perché come dice Francesco all’inizio: “Senza Gesù noi non avremmo né luce, ma con Lui vinceremo le paure, le tenebre, il vuoto e l’isolamento”. Tutta una serie, cioè, di messaggi che lui ci lascia in questa splendida Esortazione.
Radio Vaticana
Il Papa: la salvezza è un dono da ricevere con cuore umile, come ha fatto Maria
25 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
Il Signore è in cammino con noi per ammorbidire il nostro cuore. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Nell’odierna Solennità dell’Annunciazione, il Papa ha dunque sottolineato che solo con un cuore umile come quello di Maria possiamo avvicinarci a Dio. La salvezza, ha poi osservato, non si compra e non si vende: si regala. Il servizio di Alessandro Gisotti: Dove porta la superbia del cuore? Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi su Adamo ed Eva che, cedendo alla seduzione di Satana, hanno creduto di essere come Dio. Quella “superbia sufficiente” fa sì che siano allontanati dal Paradiso. Ma il Signore non li lascia camminare da soli, fa loro una promessa di redenzione e cammina con loro. “Il Signore – ha detto ancora il Papa – accompagnò l’umanità in questo lungo cammino. Ha fatto un popolo. Era con loro”. E quel “cammino che è incominciato con una disobbedienza”, “finisce con una obbedienza”, con il sì di Maria all’Annuncio dell’angelo. “Il nodo che ha fatto Eva con la sua disobbedienza – ha detto richiamando Sant’Ireneo di Lione – lo ha sciolto Maria con la sua obbedienza”. E’ un cammino, ha soggiunto, “nel quale le meraviglie di Dio si moltiplicano”: “Il Signore è in cammino con il suo popolo. E perché camminava con il suo popolo, con tanta tenerezza? Per ammorbidire il nostro cuore. Esplicitamente lo dice, Lui: ‘Io farò del tuo cuore di pietra un cuore di carne’. Ammorbidire il nostro cuore per ricevere quella promessa che aveva fatto nel Paradiso. Per un uomo è entrato il peccato, per un altro uomo viene la salvezza. E questo cammino tanto lungo aiutò tutti noi ad avere un cuore più umano, più vicino a Dio, non tanto superbo, non tanto sufficiente”. E oggi, ha proseguito, la liturgia ci parla “di questa tappa nel cammino di restaurazione”, “ci parla di obbedienza, di docilità alla Parola di Dio”: “La salvezza non si compra, non si vende: si regala. E’ gratuita. Noi non possiamo salvarci da noi stessi: la salvezza è un regalo, totalmente gratuito. Non si compra con il sangue né di tori né di capre: non si può comprare. Soltanto, per entrare in noi questa salvezza chiede un cuore umile, un cuore docile, un cuore obbediente. Come quello di Maria. E, il modello di questo cammino di salvezza è lo stesso Dio, suo figlio, che non stimò un bene irrinunciabile, essere uguale a Dio. Paolo lo dice”. Il Papa ha messo l’accento sul “cammino dell’umiltà, dell’umiliazione”. Questo, ha detto, “significa semplicemente dire: io sono uomo, io sono donna e Tu sei Dio, e andare davanti, alla presenza di Dio”, “nella obbedienza, nella docilità del cuore”. E per questo, ha esortato nella Solennità dell’Annunciazione, “facciamo festa: la festa di questo cammino, da una madre a un’altra madre, da un padre a un altro padre”: “Oggi possiamo abbracciare il Padre che, grazie al sangue del suo Figlio, si è fatto come uno di noi, ci salva. Questo Padre che ci aspetta tutti i giorni … Guardiamo l’icona di Eva e di Adamo, guardiamo l’icona di Maria e Gesù, guardiamo il cammino della Storia con Dio che camminava con il suo popolo. E diciamo: ‘Grazie. Grazie, Signore, perché oggi Tu dici a noi che ci hai regalato la salvezza’. Oggi è un giorno per rendere grazie al Signore”.
Radio Vaticana
Papa Francesco riceve il Presidente di Malta: Mediterraneo e profughi tra i temi trattati
21 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco: necessarie umiltà e preghiera per non "impadronirsi" della Parola di Dio
21 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
Per non “uccidere” nel cuore la Parola di Dio, bisogna essere umili e capaci di pregare. Due atteggiamenti che Papa Francesco ha indicato questa mattina nel commentare il Vangelo durante la Messa presieduta in Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis: Ci si può impadronire della Parola di Dio e disporne a proprio piacimento, se un cristiano non è umile e non prega. Lo spunto per mettere in risalto e in guardia da questa insidia Papa Francesco lo prende dal Vangelo del giorno, in cui Gesù racconta la parabola dei vignaioli omicidi, che dapprima uccidono i servi e da ultimo il figlio del padrone della vigna con l’intenzione di impadronirsi dell’eredità. Ad ascoltare questa parabola ci sono farisei, anziani, sacerdoti ai quali – spiega il Papa – Gesù si rivolge per far capire loro “dove sono caduti” per non avere “il cuore aperto alla Parola di Dio”: “Questo è il dramma di questa gente, e anche il dramma nostro! Si sono impadroniti della Parola di Dio. E la Parola di Dio diventa parola loro, una parola secondo il loro interesse, le loro ideologie, le loro teologie… ma al loro servizio. E ognuno la interpreta secondo la propria volontà, secondo il proprio interesse. Questo è il dramma di questo popolo. E per conservare questo, uccidono. Questo è successo a Gesù”.
“I capi dei sacerdoti e dei farisei – prosegue Papa Francesco – capirono che parlava di loro, quando avevano sentito questa parabola di Gesù. Cercavano di catturarlo e farlo morire”. In questo modo, afferma il Papa, “la Parola di Dio diventa morta, diventa imprigionata, lo Spirito Santo è ingabbiato nei desideri di ognuno di loro”. Ed è esattamente quello accade a noi, osserva Papa Francesco, “quando non siamo aperti alla novità della Parola di Dio, quando non siamo obbedienti alla Parola di Dio”: “Ma, c’è una frase che ci dà speranza. La Parola di Dio è morta nel cuore di questa gente; anche, può morire nel nostro cuore! Ma non finisce, perché è viva nel cuore dei semplici, degli umili, del popolo di Dio. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla del popolo di Dio, perché lo considerava un profeta. Quella folla semplice – che andava dietro a Gesù, perché quello che Gesù diceva faceva loro bene al cuore, riscaldava loro il cuore – questa gente non aveva sbagliato: non usava la Parola di Dio per il proprio interesse, sentiva e cercava di essere un po’ più buona”. E noi, si chiede in conclusione Papa Francesco, “cosa possiamo fare per non uccidere la parola di Dio”, per “essere docili, “per non ingabbiare lo Spirito Santo”? “Due cose semplici”, è la sua risposta: “Questo è l’atteggiamento di quello che vuole ascoltare la Parola di Dio: primo, umiltà; secondo, preghiera. Questa gente non pregava. Non aveva bisogno di pregare. Si sentivano sicuri, si sentivano forti, si sentivano 'dei'. Umiltà e preghiera: con l’umiltà e la preghiera andiamo avanti per ascoltare la Parola di Dio e obbedirle. Nella Chiesa. Umiltà e preghiera nella Chiesa. E così, non succederà a noi quello che è accaduto a questa gente: non uccideremo per difendere la Parola di Dio, quella Parola che noi crediamo che è la Parola di Dio, ma è una parola totalmente alterata da noi”.
Radio Vaticana
Papa Francesco ai Vescovi spagnoli: l'annuncio e la famiglia, centro dell'azione pastorale
04 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
Il Papa: oggi ci sono cristiani condannati perché hanno una Bibbia
04 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
“La Croce è sempre nella strada cristiana”. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Papa ha incentrato la sua omelia sulle persecuzioni dei cristiani e ha avvertito che oggi ci sono più martiri che nei primi tempi della Chiesa. Quindi, ha affermato che la vita cristiana non è “un vantaggio commerciale”, ma “è semplicemente seguire Gesù”. Il servizio di Alessandro Gisotti: Gesù aveva appena finito di parlare sul pericolo delle ricchezze e Pietro gli domanda cosa riceveranno i discepoli che hanno lasciato tutto per seguirlo. Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo da questo confronto, narrato dal Vangelo odierno, e subito ha sottolineato che Gesù “è generoso”. In verità, risponde il Signore, “non c’è nessuno che abbia lasciato” la famiglia, la casa, i campi che “non riceva già ora in questo tempo, cento volte tanto”. Forse, ha commentato il Papa, Pietro pensa che “andare dietro Gesù” sia una “bella attività commerciale”, perché ci fa guadagnare cento volte tanto. Ma Gesù aggiunge che accanto a questo guadagno ci saranno persecuzioni: “Come se dicesse: ‘Sì, voi avete lasciato tutto e riceverete qui, in terra, tante cose: ma con la persecuzione!’. Come un’insalata con l’olio della persecuzione: sempre! Questo è il guadagno del cristiano e questa è la strada di quello che vuole andare dietro a Gesù, perché è la strada che ha fatto Lui: Lui è stato perseguitato! E’ la strada dell’abbassamento. Quello che Paolo dice ai Filippesi: ‘Si abbassò. Si è fatto uomo e si abbassò fino alla morte, morte di croce’. Questo è propria la tonalità della vita cristiana”. Così anche nelle Beatitudini, ha proseguito il Papa, quando Gesù dice: “Beati voi quando vi insulteranno, quando sarete perseguitati a causa del mio nome”, “è una delle Beatitudini la persecuzione”. I discepoli, ha rammentato, “subito dopo la venuta dello Spirito Santo, hanno cominciato a predicare e sono cominciate le persecuzioni: Pietro è andato in carcere”, Stefano è stato ucciso e poi “tanti discepoli fino al giorno d’oggi”. “La Croce – ha ammonito – è sempre nella strada cristiana!” “Noi – ha ribadito – avremo tanti fratelli, tante sorelle, tante madri, tanti padri nella Chiesa, nella comunità cristiana”, ma “anche avremo la persecuzione”: “Perché il mondo non tollera la divinità di Cristo. Non tollera l’annuncio del Vangelo. Non tollera le Beatitudini. E così la persecuzione: con la parola, le calunnie, le cose che dicevano dei cristiani nei primi secoli, le diffamazioni, il carcere… Ma noi dimentichiamo facilmente. Ma pensiamo ai tanti cristiani, 60 anni fa, nei campi, nelle prigioni dei nazisti, dei comunisti: tanti! Per essere cristiani! Anche oggi… ‘Ma oggi abbiamo più cultura e non ci sono queste cose’. Ci sono! E io vi dico che oggi ci sono più martiri che nei primi tempi della Chiesa.” Tanti fratelli e sorelle, ha proseguito, “che danno testimonianza di Gesù, offrono la testimonianza di Gesù e sono perseguitati”. Cristiani, ha constato con amarezza, che non possono neppure avere la Bibbia con sé: “Sono condannati perché hanno una Bibbia. Non possono fare il segno della croce. E questa è la strada di Gesù. Ma è una strada gioiosa, perché mai il Signore ci prova più di quello che noi possiamo portare. La vita cristiana non è un vantaggio commerciale, non è un fare carriera: è semplicemente seguire Gesù! Ma quando seguiamo Gesù succede questo. Pensiamo se noi abbiamo dentro di noi la voglia di essere coraggiosi nella testimonianza di Gesù. Anche pensiamo - ci farà bene - ai tanti fratelli e sorelle che oggi - oggi! - non possono pregare insieme, perché sono perseguitati; non possono avere il libro del Vangelo o una Bibbia, perché sono perseguitati”.
Pensiamo, ha detto ancora, a quei fratelli che “non possono andare a Messa, perché è vietato”. Quante volte, ha affermato, “viene un prete di nascosto, fra di loro, fanno finta di essere a tavola, a prendere un tè e lì celebrano la Messa”, “perché non li vedano”. “Questo – ha avvertito – il Papa succede oggi”. Pensiamo, ha concluso, se siamo disposti “a portare la Croce come Gesù? A portare persecuzioni per dare testimonianza di Gesù”, come “fanno questi fratelli e sorelle che oggi sono umiliati e perseguitati”; “questo pensiero ci farà bene a tutti”.
Radio Vaticana
Il Papa ai vescovi spagnoli: la famiglia cristiana è agente prezioso di evangelizzazione
04 Marzo, 2014Redazione le Vie del Signore
Una Chiesa in “missione permanente” perché il Vangelo ha bisogno di essere annunciato con coraggio e in modo “costante”. È quanto chiede Papa Francesco alla Chiesa spagnola, i cui vescovi sono stati ricevuti ieri mattina in visita ad Limina. Il Papa ha consegnato il suo discorso ai presuli, facendo loro gli auguri per la Plenaria della prossima settimana. Il servizio di Alessandro De Carolis: Il vescovo non si senta solo, e nemmeno pensi di esserlo, e soprattutto non dimentichi mai che “il gregge che gli è stato affidato ha sensibilità per le cose di Dio”. È a questa consapevolezza che Papa Francesco spinge i vescovi spagnoli, figli di una terra – osserva all’inizio del suo discorso – che ha dato grandi Santi mentre ora soffre “l'indifferenza di molti battezzati”, a loro volta figli di “una cultura mondana che relega Dio alla vita privata e Lo esclude dall'ambito pubblico”. Ma su questo, ribadisce il Papa, c’è la forza dello Spirito Santo, che continua a seminare la grazia. A voi vescovi, dice, “viene affidato il compito di far germogliare questi semi con l'annuncio coraggioso e veritiero del Vangelo, di seguirne attentamente la crescita con l'esempio, l'educazione e la vicinanza e di armonizzarli nell'insieme della 'vigna del Signore', da cui nessuno può restare escluso”. Come sempre in questo tipo di incontri, lo sguardo di un Papa abbraccia l’intera realtà della nazione e della Chiesa che in essa vive. Come Gesù, siate capaci – esorta – di “ascoltare tutti da cuore a cuore con tenerezza e misericordia e a cercare ciò che veramente unisce e serve alla reciproca edificazione”. Soprattutto in un momento in cui, nota, “non mancano difficoltà per la trasmissione" della fede, Papa Francesco spinge i presuli spagnoli a porre le loro comunità ecclesiali “in un vero stato di missione permanente”, con uno sguardo ai lontani come pure ai più piccoli. E per ciò, indica, prestate “particolare attenzione al processo di iniziazione alla vita cristiana”, poiché la fede, sostiene, “non è una mera eredità culturale”, ma “un dono che nasce dall'incontro personale con Gesù e dall'accettazione libera e gioiosa della nuova vita che ci offre. Ciò richiede annuncio incessante e animazione costante, affinché il credente sia coerente con la condizione di figlio di Dio che ha ricevuto nel Battesimo”. Vicinanza pastorale è quella che Papa Francesco chiede per i sacerdoti, i seminaristi – che questi ultimi abbiano, auspica, “buoni formatori" e "professori competenti” – e in modo particolare per le famiglie. “Una famiglia evangelizzata – afferma il Papa – è un prezioso agente di evangelizzazione, soprattutto perché irradia le meraviglie che Dio ha operato in essa. Inoltre, essendo per sua natura ambito di generosità, promuoverà – conclude – la nascita di vocazioni alla sequela del Signore nel sacerdozio o nella vita consacrata”.
Radio Vaticana
Il Papa: accompagnare, non condannare, quanti sperimentano il fallimento del proprio amore
28 Febbraio, 2014Redazione le Vie del Signore
Dietro la casistica c’è sempre una trappola contro di noi e contro Dio. E’ quanto affermato stamani da Papa Francesco nella Messa a Casa Santa Marta. Il Papa, commentando il Vangelo odierno, si è soffermato sulla bellezza del matrimonio ed ha avvertito che bisogna accompagnare, non condannare, quanti sperimentano il fallimento del proprio amore. Quindi, ha ribadito che Cristo è lo Sposo della Chiesa e dunque non si può comprendere l’una senza l’Altro. Il servizio diAlessandro Gisotti: I dottori della legge cercano di porre delle trappole a Gesù per “togliergli l’autorità morale”. Papa Francesco ha preso spunto dal Vangelo di oggi per offrire una catechesi sulla bellezza del matrimonio. I farisei, ha osservato, si presentano da Gesù con il problema del divorzio. Il loro stile, ha rilevato, è sempre lo stesso: “la casistica”, “E’ lecito questo o no? “Sempre il piccolo caso. E questa è la trappola: dietro la casistica, dietro il pensiero casistico, sempre c’è una trappola. Sempre! Contro la gente, contro di noi e contro Dio, sempre! ‘Ma è lecito fare questo? Ripudiare la propria moglie?’. E Gesù rispose, domandando loro cosa dicesse la legge e spiegando perché Mosé ha fatto quella legge così. Ma non si ferma lì: dalla casistica va al centro del problema e qui va proprio ai giorni della Creazione. E’ tanto bello quel riferimento del Signore: ‘Dall’inizio della Creazione, Dio li fece maschio e femmina, per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne’”. Il Signore, ha proseguito il Papa, “si riferisce al capolavoro della Creazione” che sono appunto l’uomo e la donna. E Dio, ha detto, “non voleva l’uomo solo, lo voleva” con la “sua compagna di cammino”. E’ un momento poetico, ha osservato, quando Adamo incontra Eva: “E’ l’inizio dell’amore: andate insieme come una sola carne”. Il Signore, ha quindi ribadito, “sempre prende il pensiero casistico e lo porta all’inizio della rivelazione”. D’altro canto, ha poi spiegato, “questo capolavoro del Signore non è finito lì, nei giorni della Creazione, perché il Signore ha scelto questa icona per spiegare l’amore che Lui ha verso il suo popolo”. Al punto, ha rammentato, che “quando il popolo non è fedele" Lui "gli parla, con parole di amore”: “Il Signore prende questo amore del capolavoro della Creazione per spiegare l’amore che ha con il suo popolo. E un passo in più: quando Paolo ha bisogno di spiegare il mistero di Cristo, lo fa anche in rapporto, in riferimento alla sua Sposa: perché Cristo è sposato, Cristo era sposato, aveva sposato la Chiesa, il suo popolo. Come il Padre aveva sposato il Popolo di Israele, Cristo sposò il suo popolo. Questa è la storia dell’amore, questa è la storia del capolavoro della Creazione! E davanti a questo percorso di amore, a questa icona, la casistica cade e diventa dolore. Ma quando questo lasciare il padre e la madre e unirsi a una donna, farsi una sola carne e andare avanti e questo amore fallisce, perché tante volte fallisce, dobbiamo sentire il dolore del fallimento, accompagnare quelle persone che hanno avuto questo fallimento nel proprio amore. Non condannare! Camminare con loro! E non fare casistica con la loro situazione”. Quando uno legge questo, è stata la sua riflessione, “pensa a questo disegno d’amore, questo cammino d’amore del matrimonio cristiano, che Dio ha benedetto nel capolavoro della sua Creazione”. Una “benedizione – ha avvertito – che mai è stata tolta. Neppure il peccato originale l’ha distrutta!”. Quando uno pensa a questo, dunque, “vede quanto bello è l’amore, quanto bello è il matrimonio, quanto bella è la famiglia, quanto bello è questo cammino e quanto amore anche noi, quanta vicinanza dobbiamo avere per i fratelli e le sorelle che nella vita hanno avuto la disgrazia di un fallimento nell’amore”. Richiamandosi infine a San Paolo, Papa Francesco ha sottolineato la bellezza “dell’amore che Cristo ha per la sua sposa, la Chiesa!”: “Anche qui dobbiamo stare attenti che non fallisca l’amore! Parlare di un Cristo troppo scapolo: Cristo sposò la Chiesa! E non si può capire Cristo senza la Chiesa e non si può capire la Chiesa senza Cristo. Questo è il grande mistero del capolavoro della Creazione. Che il Signore ci dia a tutti i noi la grazia di capirlo e anche la grazia di mai cadere in questi atteggiamenti casistici dei farisei, dei dottori della legge”.
Radio Vaticana
Il card. Sandri ricorda tre testimoni della fede: il card. Posadas Ocampo, mons. Romero e mons. Angelelli
28 Febbraio, 2014Redazione le Vie del Signore
Stamani il cardinale argentino Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha celebrato una Messa in occasione della plenaria della Pontificia Commissione per l'America Latina. Nell’omelia, il porporato ha detto che “una costante della storia cristiana è la persecuzione e la croce, che in questo mondo e in questo tempo della Chiesa toccano molti suoi figli”.
“Un gran numero di vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose” – ha detto - hanno perso la vita come discepoli di Cristo nel nostro continente”: solo “nel 2013 sono stati uccisi in America Latina 15 sacerdoti”. Il cardinale Sandri ha ricordato in particolare tre figure, “senza anticipare il giudizio della Chiesa – ha specificato - e senza dare alle parole ‘martirio’ e ‘martire’ un significato canonico e teologico ed evitando qualsiasi interpretazione politica”: si tratta del cardinale Juan Jesus Posadas Ocampo, arcivescovo di Guadalajara, in Messico, assassinato il 24 maggio 1993; mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, assassinato il 24 marzo 1980, la cui causa di canonizzazione è in corso, “e speriamo – ha detto - di vederlo presto come un modello per tutta la Chiesa”; e infine mons. Enrique Angelelli, vescovo coraggioso di La Rioja, in Argentina, morto il 4 agosto 1976, “in un incidente d'auto sospetto” in un contesto di persecuzione contro questa Chiesa locale. In un’omelia del 2006, l’allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, parlò di attacchi alla Chiesa di La Rioja attraverso i consueti metodi di disinformazione, diffamazione e calunnia e definì mons. Angelelli un testimone che ha versato il sangue per la fede. Anche la causa di canonizzazione di questo vescovo è in corso.
Tutte queste vicende – ha sottolineato il cardinale Sandri – mostrano come in America Latina il sangue di Cristo è “versato nella persona dei nostri fratelli, vittime della persecuzione, del terrorismo in generale e del terrorismo di Stato in particolare, della violenza irrazionale e del traffico di droga, o vittime per la loro fedeltà all'opzione preferenziale per i poveri, implicita nella fede cristologica”.
Radio Vaticana
Papa Francesco: resistere alle tentazioni, seguiamo l' Apostolo Giacomo
19 Febbraio, 2014Redazione le Vie del Signore
Il Papa: le tentazioni, un contagio che uccide. La Parola di Gesù la cura che salva
19 Febbraio, 2014Redazione le Vie del Signore
Resistere alla seduzione delle tentazioni è possibile solo “quando si ascolta la Parola di Gesù”. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa presieduta questa mattina in Casa S. Marta. Nonostante le nostre debolezze, ha ripetuto il Papa, Cristo ci dà sempre “fiducia” e ci schiude un orizzonte più ampio dei nostri limiti. Il servizio diAlessandro De Carolis: La tentazione si manifesta come un'innocua attrattiva e finisce per trasformarsi in una gabbia, della quale spesso più che cercare scampo si tenta di minimizzarne la schiavitù, sordi alla Parola di Dio. All’omelia, Papa Francesco riafferma una verità e una sequenza descritte da San Giacomo in un passo della sua Lettera, proposta dalla liturgia. La verità è che non è mai Dio a tentare l’uomo, bensì le sue passioni. La sequenza è quella prodotta dalle passioni stesse le quali, dice l'Apostolo, “concepiscono e generano il peccato. E il peccato, una volta commesso, produce la morte”: “La tentazione, da dove viene? Come agisce dentro di noi? L’apostolo ci dice che non viene da Dio, ma dalle nostre passioni, dalle nostre debolezze interiori, dalle ferite che ha lasciato in noi il peccato originale: da lì vengono, le tentazioni, da queste passioni. E’ curioso, la tentazione ha tre caratteristiche: cresce, contagia e si giustifica. Cresce: incomincia con un’aria tranquilla, e cresce… Lo stesso Gesù diceva questo, quando ha parlato della parabola del grano e della zizzania: il grano cresceva, ma anche la zizzania seminata dal nemico. E la tentazione cresce: cresce, cresce… E se uno non la ferma, occupa tutto”.
Inoltre, prosegue Papa Francesco, la tentazione “cerca un altro per farsi compagnia, contagia” e “in questo crescere e contagiare, la tentazione ci chiude in un ambiente da dove non si può uscire con facilità”. È l’esperienza degli Apostoli narrata nel Vangelo del giorno, che vede i Dodici incolparsi a vicenda sotto gli occhi del Maestro per non aver portato del pane a bordo della barca. Gesù, ricorda il Papa, forse sorridendo a quel bisticcio, li invita a guardarsi “dal lievito dei farisei, di Erode”. Ma gli Apostoli per un po’ insistono, senza ascoltarLo, “tanto chiusi nel problema di chi avesse la colpa di non aver portato il pane, che – commenta Papa Francesco – non avevano spazio, non avevano tempo, non avevano luce per la Parola di Dio”: “E così, quando noi siamo in tentazione, non sentiamo la Parola di Dio: non sentiamo. Non capiamo. E Gesù ha dovuto ricordare la moltiplicazione dei pani per farli uscire da quell’ambiente, perché la tentazione ci chiude, ci toglie ogni capacità di lungimiranza, ci chiude ogni orizzonte, e così ci porta al peccato. Quando noi siamo in tentazione, soltanto la Parola di Dio, la Parola di Gesù ci salva. Sentire quella Parola che ci apre l’orizzonte… Lui sempre è disposto a insegnarci come uscire dalla tentazione. E Gesù è grande perché non solo ci fa uscire dalla tentazione, ma ci da più fiducia”.
Questa fiducia, afferma il Papa, è “una forza grande, quando siamo in tentazione: il Signore ci aspetta”, “si fida di noi così tentati, peccatori”, “apre sempre orizzonti”. Viceversa, ripete Papa Francesco, il diavolo con “la tentazione, chiude, chiude, chiude” e fa “crescere” un ambiente simile alla barca degli Apostoli. E non lasciarsi “imprigionare” da questo tipo di ambiente, conclude, è possibile soltanto “quando si ascolta la Parola di Gesù”: “Chiediamo al Signore che sempre, come ha fatto con i discepoli, con la sua pazienza, quando siamo in tentazione ci dica: ‘Fermati, stai tranquillo. Ricordati cosa ho fatto con te in quel momento, in quel tempo: ricordati. Alza gli occhi, guarda l’orizzonte, non chiudere, non chiuderti, vai avanti’. E questa Parola ci salverà dal cadere in peccato nel momento della tentazione”.
Radio Vaticana
Tweet del Papa: preghiamo per la pace in Africa, specialmente in Centrafrica e in Sud Sudan
15 Febbraio, 2014Redazione le Vie del Signore
Il Papa ha lanciato oggi questo nuovo tweet con l'hastag #prayforpeace: "Preghiamo per la pace in Africa, specialmente nella Repubblica Centroafricana e nel Sud Sudan".
2014-02-15 Radio Vaticana
Visita del Papa nella parrocchia romana di San Tommaso: intervista con don Antonio D'Errico
15 Febbraio, 2014Redazione le Vie del Signore
Ultimi ritocchi prima della visita di Papa Francesco, questa domenica pomeriggio. La parrocchia di San Tommaso Apostolo nel quartiere romano dell’Infernetto si prepara a vivere il culmine del cinquantesimo anniversario dalla fondazione. Il Santo Padre arriverà alle 16, incontrerà i bambini, i disabili, i malati, confesserà cinque persone e infine celebrerà la Santa Messa nella nuova chiesa, recentemente costruita per rispondere alle esigenze di una “periferia” in continua crescita, tra le più “giovani” della capitale con oltre 130 battesimi l’anno. Paolo Ondarza ha incontrato il parroco, don Antonio D’Errico: R. - La prima preparazione, che io ho chiesto a me stesso e ai parrocchiani, è stata quella spirituale della preghiera. Questo è un grande dono di Dio, ho detto subito, lo dobbiamo cogliere appunto come un regalo della Provvidenza, non tanto come un evento mediatico. E quindi la preghiera è al centro del nostro incontro con il Papa. Il centro di tutta la visita, dunque, sarà proprio la celebrazione eucaristica. D. – E’ un anno particolare questo per la parrocchia di San Tommaso... R. – Certamente. E’ il motivo, in fondo, per cui abbiamo invitato il Santo Padre: il 19 febbraio prossimo ricorreranno, infatti, i 50 anni dall’istituzione di questa parrocchia. D. – Il Papa, che ama indicare le periferie come luogo esistenziale di attenzione pastorale, visita una parrocchia alla periferia di Roma, una periferia particolare... R. – Certamente. Siamo veramente ai confini della diocesi di Roma. Non possiamo però chiamarla periferia per le problematiche di degrado e di quant’altro si possa immaginare. In fondo, però, anche in questo nostro quartiere, anche se può dirsi un quartiere di ceto medio-alto, la periferia che può incontrare il Papa è proprio quella di una tendenziale tentazione delle famiglie che vi abitano ad isolarsi nelle loro case, disseminate in un territorio parrocchiale di più di tre chilometri; la tentazione di chiudersi nel loro guscio di casa e non interessarsi neanche del vicino. Ci sono certamente dei poveri in questo quartiere, poveri che vi abitano da molto tempo e tanti pensionati “provati” dalle tasse. E poi c’è l’immigrazione. C’è una grande comunità, che è quella proveniente dallo Sri Lanka, ma c’è anche tanta presenza di abitanti, cittadini provenienti dalla Romania. Prestano i loro servizi presso i cantieri, presso i giardini delle case o anche come badanti presso tanti anziani. Un’altra realtà sono le dieci case di riposo di anziani, gestite quasi tutte da personale laico, cui noi come parrocchia però siamo vicini con l’assistenza spirituale. D. – Ma è anche uno dei quartieri più giovani della diocesi... R. – Assolutamente. E’ uno dei quartieri più giovani. La nostra parrocchia, in particolare, ha più di 130 battesimi l’anno. I bambini delle comunioni aumentano sempre di più e le famiglie sono veramente tante e giovanissime. D. – Questo quartiere ha un nome, che è tutt’altro che rappresentativo della realtà cristiana viva della parrocchia... R. – Mi aspetto questa domanda anche dal Santo Padre, innanzitutto, che mi chiederà perché questa zona di Roma si chiama Infernetto. Si chiama Infernetto, perché qui c’erano le carbonaie e quindi all’inizio del secolo scorso le persone che vi lavoravano uscivano dal lavoro nere, nere di fuliggine per avere toccato il carbone. Chiunque vedeva gli operai diceva: “Questi vengono da un inferno” e “un piccolo inferno ci sarà lì”. Quindi, non ha nulla a che fare con questioni legate al diavolo, al demoniaco, a tutto questo. D. – Collegandoci ai fatti più recenti di cronaca, questo quartiere è stato anche toccato dall’alluvione, e il Papa recentemente ha speso parole anche per chi nelle ultime settimane è stato colpito da questa pioggia così abbondante a Roma che ha provocato tanti disagi... R. – Penso proprio che il Santo Padre abbia parlato anche di noi. L’avvento dell’edilizia in questo quartiere ha veduto sì la costruzione di tante case e nuclei abitativi, ma anche la carenza della creazione da parte delle istituzioni di quelle infrastrutture che potessero dare un riscontro a tutte queste abitazioni. Tre anni fa, purtroppo, quando c’è stata quell’alluvione veramente forte, abbiamo avuto anche un tragico decesso, e un povero abitante e cittadino cingalese ha perso la vita. D. – Le chiedo di descriverci un elemento positivo del luogo in cui lei si trova quotidianamente ad operare.. R. – Di positivo ci sono tante cose. La comunità cristiana evidenzia veramente, vedo in questi anni, una grande attenzione per i poveri. La parrocchia assiste nel suo piccolo centro Caritas parrocchiale circa 50, 60 poveri alla settimana con un pacco viveri. E’ inoltre costantemente aperto un luogo dove raccogliamo vestiario usato per quanti necessitano una casa. I poveri possono venire a prenderlo e a loro volta, se possono, lasciare una piccolissima offerta irrisoria, con la quale la parrocchia vive l’aiuto missionario lontano da noi. L’aiuto va innanzitutto alla nostra parrocchiana, la dott.ssa Chiara Castellani, in Congo, che ha aperto una scuola per infermieri, assiste un ospedale e fa tante opere di bene, grazie anche al nostro aiuto. Ma penso anche ad un asilo che abbiamo costruito in Albania, penso all’aiuto per la costruzione di una Chiesa in Costa d’Avorio o al sostegno che mandiamo ogni anno ai bambini di Betlemme assistiti dalle Suore della Carità. D. – Che cosa vuol dire per lei questa visita del Papa? R. – Personalmente direi che è una grande gioia. Si avvicina nella mia vita anche il 25.mo di ordinazione ed è un grande stimolo, ecco, ad essere confermato nella vocazione e nel servizio che la Chiesa mi chiede come parroco.
Radio Vaticana
L'abbraccio di Papa Francesco ai fidanzati: "Signore, dacci il nostro amore quotidiano"
15 Febbraio, 2014Redazione le Vie del Signore
In un clima di festa e commozione si è svolta in Piazza San Pietro l’udienza speciale di Papa Francesco ai fidanzati di tutto il mondo, nel contesto dell’incontro “La gioia del Sì per sempre”, promosso nel giorno di San Valentino dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. Oltre 25 mila i partecipanti, provenienti da una trentina di Paesi. Dopo una mattinata di canti, testimonianze, poesie e riflessioni, con l’intervento dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del dicastero per la Famiglia – e dopo questo tweet lanciato dal Pontefice poco prima dell'incontro: “Giovani, non abbiate paura di sposarvi: uniti in un matrimonio fedele e fecondo, sarete felici” – Papa Francesco ha salutato le coppie presenti e ha risposto alle domande sul valore del matrimonio poste da tre di loro. Il servizio di Giada Aquilino: “Signore, dacci oggi il nostro amore quotidiano”. È un suggerimento per la preghiera quello che Papa Francesco ha voluto dare ai fidanzati di tutto il mondo, ispirandosi al Padre Nostro. Ha chiesto di ripeterlo più volte in Piazza. Rispondendo alle domande di tre coppie, il Pontefice ha fatto un quadro della società contemporanea: “Tante persone – ha detto – hanno paura di fare scelte definitive, per tutta la vita, sembra impossibile”. “Oggi – ha aggiunto – tutto cambia rapidamente, niente dura a lungo”. Eppure, ha spiegato il Papa nel suo primo incontro ufficiale coi fidanzati, l’amore è una relazione, “è una realtà che cresce”, “che si costruisce come una casa. E la casa si costruisce assieme, non da soli”: “Costruire – ha proseguito – qui significa favorire e aiutare la crescita”: “Cari fidanzati, voi vi state preparando a crescere insieme, a costruire questa casa, per vivere insieme per sempre. Non volete fondarla sulla sabbia dei sentimenti che vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero, l’amore che viene da Dio. La famiglia nasce da questo progetto d’amore che vuole crescere come si costruisce una casa che sia luogo di affetto, di aiuto, di speranza, di sostegno. Ma tutti insieme: affetto, aiuto, speranza, sostegno! Come l’amore di Dio è stabile e per sempre, così anche l’amore che fonda la famiglia vogliamo che sia stabile e per sempre. Per favore non dobbiamo lasciarci vincere dalla “cultura del provvisorio”! Questa cultura che oggi ci invade tutti, questa cultura del provvisorio. Questo non va!".
Di fronte alla “paura del ‘per sempre’”, la “cura” giorno per giorno è quella di affidarsi “al Signore Gesù in una vita che diventa un cammino spirituale quotidiano, fatto di passi, di crescita comune, di impegno a diventare donne e uomini maturi nella fede”. Perché, ha spiegato il Papa, il “per sempre” non è solo una questione di durata: “Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la sua qualità. Stare insieme e sapersi amare per sempre è la sfida degli sposi cristiani”. Rifacendosi al miracolo delle nozze di Cana, il Santo Padre ha ricordato ai fidanzati che “il Signore può moltiplicare” il loro amore e donarlo “fresco e buono ogni giorno” perché “ne ha una riserva infinita”, “lo rinnova”, “lo rafforza” e “lo rende ancora più grande quando la famiglia cresce con i figli”. In questo cammino, vanno osservate “delle regole”, già ricordate dal Papa incontrando le famiglie: permesso, grazie, scusa. “Permesso” è una “richiesta gentile”: “Chiedere permesso significa saper entrare con cortesia nella vita degli altri. Ma sentite bene questo: saper entrare con cortesia nella vita degli altri non è facile! Non è facile! A volte invece si usano maniere un po’ pesanti, come certi scarponi da montagna! L’amore vero non si impone con durezza e aggressività”.
D’altra parte, ha riflettuto il Santo Padre, “nelle nostre famiglie, nel nostro mondo, spesso violento e arrogante, c’è bisogno di molta più cortesia”. Poi, ha parlato della gratitudine, altro “sentimento importante”: “Nella vostra relazione, e domani nella vita matrimoniale, è importante tenere viva la coscienza che l’altra persona è un dono di Dio e ai doni di Dio si dice: 'Grazie!'. Ai doni di Dio si dice: Grazie! E in questo atteggiamento interiore dirsi grazie a vicenda, per ogni cosa”.
Quindi, un esame di coscienza, perché “nella vita facciamo tanti errori, tanti sbagli”: l’uomo è portato “ad accusare l’altro e a giustificare se stesso”, è “un istinto che sta all’origine di tanti disastri. Impariamo a riconoscere i nostri errori e – ha aggiunto Papa Francesco – a chiedere scusa”; mai finire la giornata “senza fare la pace”: “Sappiamo tutti che non esiste la famiglia perfetta, e neppure il marito perfetto, o la moglie perfetta. Non parliamo della suocera perfetta! Esistiamo noi, peccatori. Gesù, che ci conosce bene, ci insegna un segreto: non finire mai una giornata senza chiedersi perdono, senza che la pace torni nella nostra casa, nella nostra famiglia”.
Quindi, una riflessione sulla festa per le nozze: l’invito del Papa è stato quello a fare in modo “che sia una vera festa, una festa cristiana, non una festa mondana”, perché ciò che rende “pieno e profondamente vero” il matrimonio è “la presenza del Signore che si rivela e dona la sua grazia”. È “Lui il segreto della gioia piena, quella che scalda il cuore veramente”: “E’ bene che il vostro matrimonio sia sobrio e faccia risaltare ciò che è veramente importante. Alcuni sono più preoccupati dei segni esteriori, del banchetto, delle fotografie, dei vestiti e dei fiori... Sono cose importanti in una festa, ma solo se sono capaci di indicare il vero motivo della vostra gioia: la benedizione del Signore sul vostro amore”.
Infine, un pensiero per questi giovani che hanno frequentato o stanno ancora vivendo i percorsi di preparazione al matrimonio, in vista delle nozze nei prossimi mesi: una riflessione sul matrimonio, come “lavoro di tutti i giorni”, “lavoro artigianale”, per “crescere anche in umanità, come uomo e come donna”: “Arrivare a questo, arrivare a questo: farci crescere insieme, l’uno all’altro. E i figli avranno questa eredità di aver avuto un papà e una mamma che sono cresciuti insieme, facendosi - l’uno all’altro - più uomo e più donna!".
Dopo le risposte del Papa alle coppie, la piazza ha recitato una "Preghiera dei fidanzati", appositamente composta per l’occasione. Nel corso della mattinata era stato mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, a introdurre al Papa i fidanzati, definendoli “giovani controcorrente” perché “non hanno paura di sposarsi” e di creare una famiglia “in un mondo in cui si crede che è bene che ciascuno pensi a se stesso”: “Tutti vediamo che voi rifiutate di edificare una casa sulle sabbie mobili dei sentimenti egocentrici che vanno e vengono, e spesso falsamente scambiati per amore, ma che piegano tutto e tutti a se stessi, anche con la violenza. Penso e preghiamo per quella fidanzata romana picchiata dal fidanzato e per tutte quelle ragazze che vengono umiliate da chi scambia per amore i propri sentimenti egocentrici. Basta con la violenza sulle donne sui bambini!". Proiettato un video sull’emergenza in Siria, per cui sono direttamente impegnati con programmi di solidarietà il Pontificio Consiglio per la Famiglia e Caritas Italiana, mons. Paglia e i presenti hanno ringraziato il Pontefice per aver donato a ciascuna coppia un cuscinetto portafedi, “la carezza del Papa” per i fidanzati, ha concluso il presule.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO 04/02/2014
04 Febbraio, 2014Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Martedì 04 Febbraio 2014
Martedì della IV settimana delle ferie del Tempo Ordinario
Santo(i) del giorno : S. Giuseppe da Leonessa, Sacerdote O.F.M. (1556-1612), S. Rabano Mauro, Vescovo di Magonza (780-856)
Meditazione del giorno
Beato Giovanni Paolo II : “Alzati!”
Secondo libro di Samuele 18,9-10.14b.24-25a.30-32.19,1-3.
Ora Assalonne s'imbattè nei servi di Davide. Assalonne cavalcava il mulo; il mulo entrò sotto i rami di un grande terebinto e la testa di Assalonne rimase impigliata nel terebinto e così egli restò sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che era sotto di lui passava oltre.
Un uomo lo vide e venne a riferire a Ioab: "Ho visto Assalonne appeso a un terebinto".
Allora Ioab disse: "Io non voglio perdere così il tempo con te". Prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Assalonne, che era ancora vivo nel folto del terebinto.
Davide stava seduto fra le due porte; la sentinella salì sul tetto della porta dal lato del muro; alzò gli occhi, guardò ed ecco un uomo correre tutto solo.
La sentinella gridò e avvertì il re. Il re disse: "Se è solo, porta una buona notizia". Quegli andava avvicinandosi sempre più.
Il re gli disse: "Mettiti là, da parte". Quegli si mise da parte e aspettò.
Ed ecco arrivare l'Etiope che disse: "Buone notizie per il re mio signore! Il Signore ti ha reso oggi giustizia, liberandoti dalle mani di quanti erano insorti contro di te".
Il re disse all'Etiope: "Il giovane Assalonne sta bene?". L'Etiope rispose: "Diventino come quel giovane i nemici del re mio signore e quanti insorgono contro di te per farti il male!".
Allora il re fu scosso da un tremito, salì al piano di sopra della porta e pianse; diceva in lacrime: "Figlio mio! Assalonne figlio mio, figlio mio Assalonne! Fossi morto io invece di te, Assalonne, figlio mio, figlio mio!".
Fu riferito a Ioab: "Ecco il re piange e fa lutto per Assalonne".
La vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo, perché il popolo sentì dire in quel giorno: "Il re è molto afflitto a causa del figlio".
Salmi 86(85),1-2.3-4.5-6.
Supplica. Di Davide.
Signore, tendi l'orecchio, rispondimi,
perché io sono povero e infelice.
Custodiscimi perché sono fedele;
tu, Dio mio, salva il tuo servo, che in te spera.
Pietà di me, Signore,
a te grido tutto il giorno.
Rallegra la vita del tuo servo,
perché a te, Signore, innalzo l'anima mia.
Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi ti invoca.
Porgi l'orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce della mia supplica.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 5,21-43.
Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare.
Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi
e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva».
Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia
e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando,
udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti:
«Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita».
E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?».
I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?».
Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo.
E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.
Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii guarita dal tuo male».
Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?».
Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!».
E non permise a nessuno di seguirlo fuorchè a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava.
Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme».
Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.
Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!».
Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.
Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.
Il Papa: in Quaresima i cristiani curino con la carità ogni miseria materiale, morale e spirituale
04 Febbraio, 2014Redazione le Vie del Signore
Nel tempo di Quaresima, la Chiesa sia “disposta e sollecita” nel curare ogni miseria materiale, morale e spirituale con l’annuncio del Vangelo e il servizio concreto della carità. Lo afferma Papa Francesco nel Messaggio scritto per il periodo di preparazione alla Pasqua, che inizierà il prossimo 5 marzo, Mercoledì delle Ceneri. La sintesi del Messaggio nel servizio di Alessandro De Carolis: Tre miserie che nel mondo non sono mai mancate: il non avere niente – o averne troppo poco – per vivere con dignità in mezzo agli altri, l’avere un cuore e una mente bruciati da una qualche schiavitù, oppure avere le mani anche piene di beni ma vuota l’anima, che non sa credere in niente perché niente vale la pena. E dall’altra parte, l’“antidoto”: il Vangelo. Per Papa Francesco, la Quaresima consiste essenzialmente nel curare le prime mettendo in pratica il secondo. Il suo Messaggio ruota attorno alla povertà cristiana così come la spiega S. Paolo: Gesù, “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”. Questo, scrive subito il Papa, “non è un gioco di parole” né “un’espressione ad effetto”, ma la dimostrazione dello “stile di Dio” e della sua “logica”. Dio si rivela al mondo con la povertà di suo Figlio, “spogliato” di potenza e gloria perché il suo modo di amare l’uomo è fatto di “grazia, generosità, desiderio di prossimità”. “Dio – scrive Papa Francesco – non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come l’elemosina di chi dà parte del proprio superfluo con pietismo filantropico”. Dio è invece un Padre che in Gesù “non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate”. La carità, l’amore – insiste – “è condividere in tutto la sorte dell’amato”. E questo tipo di amore “rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze”. Dunque, spiega il Papa “questa povertà con cui Gesù ci libera e ci rende ricchi” è “proprio il suo modo di amarci, il suo farsi prossimo a noi come il Buon Samaritano”. E per dei cristiani, sempre, e soprattutto in Quaresima, non c’è altra strada che “l’imitazione del Maestro”. Dal tipo di amore, Papa Francesco passa agli obiettivi. “Siamo chiamati – dice – a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle”. La miseria, chiarisce anzitutto, “non coincide con la povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza”. Dopodiché distingue: la miseria “materiale” è quella più evidente per cui una persona non ha cibo sufficiente, o acqua, condizioni igieniche, lavoro, possibilità di sviluppo e di crescita culturale. E di fronte questo, ribadisce Papa Francesco, “la Chiesa offre il suo servizio” in senso ampio, cioè impegnandosi anche perché “cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria”. “È necessario – chiosa – che le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla condivisione”. C’è poi la miseria “morale, che è “non meno preoccupante”. Quante famiglie – osserva il Papa – sono “nell’angoscia”, e spesso si rovinano, “perché qualcuno dei membri – spesso giovane – è soggiogato dall’alcol, dalla droga, dal gioco, dalla pornografia!”. E quante, prosegue, “sono costrette a questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro che le priva della dignità che dà il portare il pane a casa, per la mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute”. In questi casi, scrive, “la miseria morale può ben chiamarsi suicidio incipiente”. Alla miseria morale si lega spesso quella “spirituale” e qui, asserisce Papa Francesco, “il Vangelo è il vero antidoto”, che impegna quindi il cristiano “a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna”. “Cari fratelli e sorelle – è l’auspicio di Papa Francesco – questo tempo di Quaresima trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico”, ma “potremo farlo – sottolinea – nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e ci ha arricchiti con la sua povertà”. E soggiunge: “La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole”.
Radio Vaticana
Papa Francesco: la santità dei vescovi, dei preti, dei laici guida la Chiesa
28 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco: grazie ai tanti sacerdoti santi che danno la loro vita nel silenzio
28 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
La Chiesa non si può capire come semplice organizzazione umana, la differenza la fa l'unzione che dona a vescovi e sacerdoti la forza dello Spirito per servire il popolo di Dio: è quanto ha affermato Papa Francesco nella Messa presieduta stamani a Santa Marta. Il Pontefice ha ringraziato i tanti sacerdoti santi che danno la vita nell'anonimato del loro servizio quotidiano. Ce ne parla Sergio Centofanti: Commentando la prima lettura del giorno, che parla delle tribù d’Israele che ungono Davide come loro re, il Papa spiega il significato spirituale dell’unzione. “Senza questa unzione – ha affermato - Davide sarebbe stato soltanto il capo” di “un’azienda”, di una “società politica, che era il Regno d’Israele”, sarebbe stato un semplice “organizzatore politico”. Invece, “dopo l’unzione, lo Spirito del Signore” scende su Davide e rimane con lui. E la Scrittura dice: “Davide andava sempre più crescendo in potenza e il Signore Dio degli eserciti era con lui”. “Questa – osserva Papa Francesco - è proprio la differenza dell’unzione”. L’unto è una persona scelta dal Signore. Così è nella Chiesa per i vescovi e i preti: “I vescovi non sono eletti soltanto per portare avanti un’organizzazione, che si chiama Chiesa particolare, sono unti, hanno l’unzione e lo Spirito del Signore è con loro. Ma tutti i vescovi, tutti siamo peccatori, tutti! Ma siamo unti. Ma tutti vogliamo essere più santi ogni giorno, più fedeli a questa unzione. E quello che fa la Chiesa proprio, quello che dà l’unità alla Chiesa, è la persona del vescovo, in nome di Gesù Cristo, perché è unto, non perché è stato votato dalla maggioranza. Perché è unto. E in questa unzione una Chiesa particolare ha la sua forza. E per partecipazione anche i preti sono unti”. L’unzione – prosegue il Papa – avvicina i vescovi e i preti al Signore e dà loro la gioia e la forza “di portare avanti un popolo, di aiutare un popolo, di vivere al servizio di un popolo”. Dona la gioia di sentirsi “eletti dal Signore, guardati dal Signore, con quell’amore con cui il Signore ci guarda, tutti noi”. Così, “quando pensiamo ai vescovi e ai preti, dobbiamo pensarli così: unti”: “Al contrario non si capisce la Chiesa, ma non solo non si capisce, non si può spiegare come la Chiesa vada avanti soltanto con le forze umane. Questa diocesi va avanti perché ha un popolo santo, tante cose, e anche un unto che la porta, che l’aiuta a crescere. Questa parrocchia va avanti perché ha tante organizzazioni, tante cose, ma anche ha un prete, un unto che la porta avanti. E noi nella storia conosciamo una minima parte, ma quanti vescovi santi, quanti sacerdoti, quanti preti santi che hanno lasciato la loro vita al servizio della diocesi, della parrocchia; quanta gente ha ricevuto la forza della fede, la forza dell’amore, la speranza da questi parroci anonimi, che noi non conosciamo. Ce ne sono tanti!”. Sono tanti – dice Papa Francesco – “i parroci di campagna o parroci di città, che con la loro unzione hanno dato forza al popolo, hanno trasmesso la dottrina, hanno dato i sacramenti, cioè la santità”: “’Ma, padre, io ho letto su un giornale che un vescovo ha fatto tal cosa o che un prete ha fatto tal cosa!’. ‘Eh sì, anche io l’ho letto, ma, dimmi, sui giornali vengono le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e di campagna, tanta carità che fanno, tanto lavoro che fanno per portare avanti il loro popolo?’. Ah, no! Questa non è notizia. Eh, quello di sempre: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce. Oggi pensando a questa unzione di Davide, ci farà bene pensare ai nostri vescovi e ai nostri preti coraggiosi, santi, buoni, fedeli e pregare per loro. Grazie a loro oggi noi siamo qui!”.
Radio Vaticana
Il Papa: il comunicatore sia come il Buon Samaritano, il suo potere è la prossimità
23 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Il vero potere della comunicazione è la “prossimità”. E’ quanto sottolinea Papa Francesco nel suo Messaggio per la 48.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali - che si celebra il prossimo primo giugno - e pubblicato oggi. Nel Messaggio incentrato sul tema “comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”, il Papa paragona il comunicatore al Buon Samaritano che si fa prossimo agli altri. Ampio spazio viene dato nel documento all’ambiente digitale: anche qui, esorta il Papa, il cristiano è chiamato ad offrire la sua testimonianza e a raggiungere le “periferie esistenziali”. Il servizio di Alessandro Gisotti In un mondo che diventa “sempre più piccolo”, ma dove permangono divisioni ed esclusioni, i media “possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni gli altri”. Papa Francesco muove da qui per sviluppare la riflessione del suo primo Messaggio per le comunicazioni sociali. La cultura dell’incontro, osserva, “richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri”. In questo, prosegue, i media ed Internet in particolare possono aiutarci, offrendoci “maggiori possibilità di incontro e di solidarietà fra tutti”. Tuttavia, avverte il Papa, ci sono degli “aspetti problematici”, innanzitutto la “velocità dell’informazione” che “supera la nostra capacità di riflessione e giudizio”. “L’ambiente comunicativo – prosegue – può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci”. Del resto, “il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo”, senza dimenticare poi chi, “per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali” e “rischia di essere escluso”. Questi limiti reali, precisa il Papa, non giustificano però “un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica”. E invita, anche nell’ambiente digitale, a “recuperare un certo senso di lentezza e di calma”. Abbiamo bisogno di “essere pazienti”, ribadisce il Papa, “se vogliamo capire chi è diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta”. Ecco perché bisogna “apprezzare l’esperienza umana come si manifesta nelle varie culture e tradizioni”. E così “sapremo anche meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo”, come la visione dell’uomo, il matrimonio e la famiglia, la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica. “Come allora – si interroga Papa Francesco – la comunicazione può essere a servizio di un’autentica cultura dell’incontro?”. E per i cristiani, rimarca, “che cosa significa incontrare una persona secondo il Vangelo?” A queste domande, Papa Francesco risponde prendendo spunto dalla Parabola del Buon Samaritano e sottolineando la dimensione della “prossimità”. “Chi comunica, infatti, si fa prossimo. E il buon samaritano – soggiunge – non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada”. Gesù, sottolinea il messaggio, “inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l’altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all’altro”. “Mi piace – annota il Papa – definire questo potere della comunicazione come “prossimità”. Continuando ad intrecciare la riflessione con la Parabola del Buon Samaritano, il Papa avverte dunque che quando “la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un’aggressione violenta come quella subita dall’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada”. Oggi, è il suo monito, “noi corriamo il rischio che alcuni media ci condizionino al punto da farci ignorare il nostro prossimo reale”. Non basta “semplicemente essere connessi – aggiunge – occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero”, perché “non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi”. E rileva che “non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione” e, ancora, “la rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane”. Il Papa ribadisce che “la neutralità dei media è solo apparente: solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento”. “Il coinvolgimento personale – soggiunge – è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore”. E “proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali”. Il Papa si sofferma sulle strade digitali, “affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza”. “Aprire le porte delle chiese – afferma – significa anche aprirle nell’ambiente digitale, sia perché la gente entri”, sia “perché il Vangelo possa varcare le soglie del tempio e uscire incontro a tutti”. Il Papa si chiede se oggi siamo capaci di “testimoniare una Chiesa che sia “casa di tutti”. La comunicazione, evidenzia, “concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa” e ribadisce che “anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore, ad accendere il cuore”. “La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi – è l’avvertimento del Papa – ma con la volontà di donare se stessi agli altri”. Cita dunque l’episodio dei discepoli di Emmaus e spiega che “occorre sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire loro il Vangelo”. Il Messaggio mette quindi l’accento sulla dimensione del dialogo. “Dialogare – scrive il Papa – significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte”. Dialogare, prosegue, “non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute”. L’icona del Buon Samaritano, è l’augurio del Papa, “ci sia di guida”, “la nostra comunicazione sia olio profumato per il dolore e vino buono per l’allegria”. “La nostra luminosità – afferma ancora – non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo” lungo il cammino. “Non abbiate timore di farvi cittadini dell’ambiente digitale – esorta ancora – è importante l’attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione, per dialogare con l’uomo d’oggi e portarlo all’incontro con Cristo”. In questo contesto, conclude il Papa, “la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell’informazione è una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un’immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio”.
Radio Vaticana
Papa Francesco riceverà Obama il 27 marzo
22 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
La Casa Bianca ha reso noto, ieri, che il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sarà ricevuto da Papa Francesco, in Vaticano, il prossimo 27 marzo. La notizia è stata confermata da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Si tratterà del primo incontro di Obama con l’attuale Pontefice: alla Messa di inizio Pontificato del 19 marzo 2013, infatti, gli Stati Uniti erano rappresentanti dal vicepresidente, Joe Biden. La notizia dell’udienza arriva a pochi giorni dall’incontro, in Vaticano, tra il capo della diplomazia statunitense, John Kerry, con il Segretario di Stato vaticano, mons. Pietro Parolin, avvenuto il 14 gennaio. In Italia, Barack Obama incontrerà anche il capo di Stato, Giorgio Napolitano, ed il premier Enrico Letta. Il presidente statunitense giungerà a Roma nell’ambito di un viaggio in Europa che lo vedrà a L’Aja, in Olanda, il 24 e 25 marzo, per il vertice sulla sicurezza nucleare promosso dal governo olandese e per incontri bilaterali. Il 26 dello stesso mese, Obama sarà anche a Bruxelles per il vertice Usa-Ue e per incontri con il governo belga e il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen.
Radio Vaticana
Udienza generale. Il Papa: le divisioni fra i cristiani sono uno scandalo, Gesù crea comunione
22 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
All'udienza generale di stamane il Papa ha svolto la sua catechesi sulla Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani iniziata sabato scorso e che si concluderà sabato prossimo, festa della Conversione di san Paolo apostolo. “Questa iniziativa spirituale, quanto mai preziosa – ha detto Papa Francesco - coinvolge le comunità cristiane da più di cento anni. Si tratta di un tempo dedicato alla preghiera per l’unità di tutti i battezzati, secondo la volontà di Cristo: «che tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Ogni anno, un gruppo ecumenico di una regione del mondo, sotto la guida del Consiglio Ecumenico delle Chiese e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, suggerisce il tema e prepara sussidi per la Settimana di preghiera. Quest’anno tali sussidi provengono dalle Chiese e Comunità ecclesiali del Canada, e fanno riferimento alla domanda rivolta da san Paolo ai cristiani di Corinto: «È forse diviso il Cristo?» (1 Cor 1,13)”. “Certamente – ha sottolineato - Cristo non è stato diviso. Ma dobbiamo riconoscere sinceramente e con dolore, che le nostre comunità continuano a vivere divisioni che sono di scandalo. Le divisioni fra noi cristiani sono uno scandalo, non c’è un’altra parola, sono uno scandalo! «Ciascuno di voi – scriveva l’Apostolo – dice: “Io sono di Paolo”, “Io invece sono di Apollo”, “E io di Cefa”, “E io di Cristo”» (1,12). Anche quelli che professavano Cristo come loro capo non sono applauditi da Paolo, perché usavano il nome di Cristo per separarsi dagli altri all’interno della comunità cristiana. Ma il nome di Cristo crea comunione ed unità, non divisione! Lui è venuto per fare comunione fra noi, non per dividerci. Il Battesimo e la Croce sono elementi centrali del discepolato cristiano che abbiamo in comune. Le divisioni invece indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della sua potenza (cfr 1,17)”. Il Papa ha quindi affermato che “Paolo rimprovera i corinzi per le loro dispute, ma anche rende grazie al Signore «a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza» (1,4-5). Queste parole di Paolo non sono una semplice formalità, ma sono il segno che egli vede prima di tutto – e di questo si rallegra sinceramente – i doni fatti da Dio alla comunità. Questo atteggiamento dell’Apostolo è un incoraggiamento per noi e per ogni comunità cristiana a riconoscere con gioia i doni di Dio presenti in altre comunità. Malgrado la sofferenza delle divisioni, che purtroppo ancora permangono, accogliamo, le parole di Paolo come un invito a rallegrarci sinceramente delle grazie concesse da Dio ad altri cristiani. Abbiamo lo stesso Battesimo, lo stesso Spirito Santo che ci ha dato le grazie, riconosciamo e rallegriamoci”. “E’ bello – ha proseguito - riconoscere la grazia con cui Dio ci benedice e, ancora di più, trovare in altri cristiani qualcosa di cui abbiamo bisogno, qualcosa che potremmo ricevere come un dono dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle. Il gruppo canadese che ha preparato i sussidi di questa Settimana di preghiera non ha invitato le comunità a pensare a quello che potrebbero dare ai loro vicini cristiani, ma le ha esortate ad incontrarsi per capire ciò che tutte possono ricevere di volta in volta dalle altre. Questo richiede qualcosa di più. Richiede molta preghiera, richiede umiltà, richiede riflessione e continua conversione”. Quindi ha concluso la catechesi in italiano con questa esortazione a braccio: “ Andiamo avanti su questa strada, pregando per l’unità dei cristiani, perché questo scandalo venga meno e non sia più fra noi. Grazie!”.
Radio Vaticana
Papa Francesco ringrazia il personale della Floreria
17 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO - 17/01/2014
17 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Venerdì 17 Gennaio 2014
Venerdì della I settimana delle ferie del Tempo Ordinario
Santo(i) del giorno : S. Antonio, Abate (memoria)
Meditazione del giorno
Papa Francesco: “Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati"”
Primo libro di Samuele 8,4-7.10-22a.
Si radunarono allora tutti gli anziani d'Israele e andarono da Samuele a Rama.
Gli dissero: "Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non ricalcano le tue orme. Ora stabilisci per noi un re che ci governi, come avviene per tutti i popoli".
Agli occhi di Samuele era cattiva la proposta perché avevano detto: "Dacci un re che ci governi". Perciò Samuele pregò il Signore.
Il Signore rispose a Samuele: "Ascolta la voce del popolo per quanto ti ha detto, perché costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi.
Samuele riferì tutte le parole del Signore al popolo che gli aveva chiesto un re.
Disse loro: "Queste saranno le pretese del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli, li farà correre davanti al suo cocchio,
li farà capi di migliaia e capi di cinquantine; li costringerà ad arare i suoi campi, a mietere le sue messi, ad apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i suoi carri.
Prenderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere e cuoche e fornaie.
Si farà consegnare ancora i vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti più belli e li regalerà ai suoi ministri.
Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne prenderà le decime e le darà ai suoi consiglieri e ai suoi ministri.
Vi sequestrerà gli schiavi e le schiave, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori.
Metterà la decima sui vostri greggi e voi stessi diventerete suoi schiavi.
Allora griderete a causa del re che avrete voluto eleggere, ma il Signore non vi ascolterà".
Il popolo non diede retta a Samuele e rifiutò di ascoltare la sua voce, ma gridò: "No, ci sia un re su di noi.
Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie".
Samuele ascoltò tutti i discorsi del popolo e li riferì all'orecchio del Signore.
Rispose il Signore a Samuele: "Ascoltali; regni pure un re su di loro". Samuele disse agli Israeliti: "Ciascuno torni alla sua città!".
Salmi 89(88),16-17.18-19.
Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 2,1-12.
Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa
e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.
Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone.
Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico.
Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».
Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro:
«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».
Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori?
Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina?
Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati,
ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua».
Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
“Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati"”
La sofferenza ci ricorda che il servizio della fede al bene comune è sempre servizio di speranza, che guarda in avanti, sapendo che solo da Dio, dal futuro che viene da Gesù risorto, può trovare fondamenta solide e durature la nostra società. In questo senso, la fede è congiunta alla speranza perché, anche se la nostra dimora quaggiù si va distruggendo, c’è una dimora eterna che Dio ha ormai inaugurato in Cristo, nel suo corpo (cfr 2 Cor 4,16–5,5). Il dinamismo di fede, speranza e carità (cfr 1 Ts 1,3; 1 Cor 13,13) ci fa così abbracciare le preoccupazioni di tutti gli uomini, nel nostro cammino verso quella città, « il cui architetto e costruttore è Dio stesso » (Eb 11,10), perché « la speranza non delude » (Rm 5,5).
Nell’unità con la fede e la carità, la speranza ci proietta verso un futuro certo, che si colloca in una prospettiva diversa rispetto alle proposte illusorie degli idoli del mondo, ma che dona nuovo slancio e nuova forza al vivere quotidiano. Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino, che "frammentano" il tempo, trasformandolo in spazio. Il tempo è sempre superiore allo spazio. Lo spazio cristallizza i processi, il tempo proietta invece verso il futuro e spinge a camminare con speranza.
Il Papa: un cristiano non tralascia la Parola di Dio per seguire quella più alla moda
17 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Il dono di essere figli di Dio non si può “vendere” per un malinteso senso di “normalità”, che induce a dimenticare la sua Parola e a vivere come se Dio non esistesse. È la riflessione di fondo che Papa Francesco ha proposto questa mattina, durante l’omelia della Messa presieduta in Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis: La tentazione di voler essere “normali”, quando invece si è figli di Dio. Che in sostanza vuol dire ignorare la Parola del Padre e inseguirne una solo umana, la “parola della propria voglia”, scegliendo in certo modo di “vendere” il dono di una predilezione per immergersi in una “uniformità mondana”. Questa tentazione il popolo ebreo dell’Antico Testamento l’ha avuta più di una volta, ricorda Papa Francesco, che si sofferma sull’episodio proposto dal brano della liturgia tratto dal primo Libro di Samuele. In esso, i capi del popolo chiedono allo stesso Samuele, ormai invecchiato, di stabilire per loro un nuovo re, di fatto pretendendo di autogovernarsi. In quel momento, osserva il Papa, “il popolo rigetta Dio: non solo non sente la Parola di Dio, ma la rigetta”. E la frase rivelatrice di questo distacco, sottolinea il Papa, è quella proferita dagli anziani d’Israele: vogliamo un “re giudice”, perché così “saremo anche noi come tutti i popoli”. Cioè, osserva il Papa, “rigettano il Signore dell’amore, rigettano l’elezione e cercano la strada della mondanità”, in modo analogo a tanti cristiani di oggi: “La normalità della vita esige dal cristiano fedeltà alla sua elezione e non venderla per andare verso una uniformità mondana. Questa è la tentazione del popolo, e anche la nostra. Tante volte, dimentichiamo la Parola di Dio, quello che ci dice il Signore, e prendiamo la parola di moda, no?, anche quella della telenovela è di moda, prendiamo quella, è più divertente! L’apostasia è proprio il peccato della rottura con il Signore, ma è chiara: l’apostasia si vede chiaramente. Questo è più pericoloso, la mondanità, perché è più sottile”.
“E’ vero che il cristiano deve essere normale, come sono normali le persone”, riconosce Papa Francesco, “ma – insiste – ci sono valori che il cristiano non può prendere per sé. Il cristiano deve ritenere su di sé la Parola di Dio che gli dice: ‘Tu sei mio figlio, tu sei eletto, io sono con te, io cammino con te’”. Resistendo quindi alla tentazione – come nell’episodio della Bibbia – di considerarsi vittime di “un certo complesso di inferiorità”, di non sentirsi un “popolo normale”: “La tentazione viene e indurisce il cuore e quando il cuore è duro, quando il cuore non è aperto, la Parola di Dio non può entrare. Gesù diceva a quelli di Emmaus: ‘Stolti e tardi di cuore!’. Avevano il cuore duro, non potevano capire la Parola di Dio. E la mondanità ammorbidisce il cuore, ma male: mai è una cosa buona il cuore morbido! Il buono è il cuore aperto alla Parola di Dio, che la riceve. Come la Madonna, che meditava tutte queste cose in cuor suo, dice il Vangelo. Ricevere la Parola di Dio per non allontanarsi dall’elezione”.
Chiediamo, allora – conclude Papa Francesco – “la grazia di superare i nostri egoismi: l’egoismo di voler fare la mia, come io voglio”: “Chiediamo la grazia di superarli e chiediamo la grazia della docilità spirituale, cioè di aprire il cuore alla Parola di Dio e non fare come hanno fatto questi nostri fratelli, che hanno chiuso il cuore perché si erano allontanati da Dio e da tempo non sentivano e non capivano la Parola di Dio. Il Signore ci dia la grazia di un cuore aperto per ricevere la Parola di Dio e per meditarla sempre. E da lì prendere la vera strada”.
Radio Vaticana
Lettera di Papa Francesco ai Cardinali che saranno creati nel Concistoro del 22 febbraio
15 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Città del Vaticano, 13 gennaio 2014 (VIS). Di seguito pubblichiamo la Lettera che il Santo Padre ha indirizzato ai Cardinali designati pubblicamente nel corso dell'Angelus di domenica scorsa e che saranno creati nel Concistoro del prossimo 22 febbraio.
Caro Fratello,
nel giorno in cui si rende pubblica la tua designazione a far parte del Collegio Cardinalizio, desidero farti giungere un cordiale saluto insieme all’assicurazione della mia vicinanza e della mia preghiera. Desidero che, in quanto aggregato alla Chiesa di Roma, “rivestito delle virtù e dei sentimenti del Signore Gesù” (cfrRm 13,14), tu possa aiutarmi con fraterna efficacia nel mio servizio alla Chiesa universale.
Il Cardinalato non significa una promozione, né un onore, né una decorazione; semplicemente è un servizio che esige di ampliare lo sguardo e allargare il cuore. E, benché sembri un paradosso, questo poter guardare più lontano e amare più universalmente con maggiore intensità si può acquistare solamente seguendo la stessa via del Signore: la via dell’abbassamento e dell’umiltà, prendendo forma di servitore (cfrFil 2,5-8). Perciò ti chiedo, per favore, di ricevere questa designazione con un cuore semplice e umile. E, sebbene tu debba farlo con gaudio e con gioia, fa’ in modo che questo sentimento sia lontano da qualsiasi espressione di mondanità, da qualsiasi festeggiamento estraneo allo spirito evangelico di austerità, sobrietà e povertà.
Arrivederci, quindi, al prossimo 20 febbraio, in cui cominceremo i due giorni di riflessione sulla famiglia. Resto a tua disposizione e, per favore, ti chiedo di pregare e far pregare per me.
Gesù ti benedica e la Vergine Santa ti protegga
Il Papa: i cristiani non siano legalisti, la fede non è peso sulle spalle della gente
15 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Quattro modelli di credenti, per riflettere sulla vera testimonianza del cristiano. Nella Messa mattutina alla Casa Santa Marta, Papa Francesco si è ispirato alle figure presenti nelle Letture del giorno per sottolineare che la novità portata da Gesù è l’amore di Dio per ognuno di noi. Quindi, ha messo in guardia da atteggiamenti ipocriti o legalisti che allontano la gente dalla fede. Il servizio diAlessandro Gisotti: Papa Francesco si è soffermato, nella sua omelia, su quattro modelli di credenti, prendendo spunto dalle Letture del giorno: Gesù, gli scribi, il sacerdote Eli e i suoi due figli, anch’essi sacerdoti. Il Vangelo, ha osservato, ci dice qual era “l’atteggiamento di Gesù nella sua catechesi”, “insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi”. Questi ultimi, ha affermato, “insegnavano, predicavano ma legavano la gente con tante cose pesanti sulle spalle, e la povera gente non poteva andare avanti”: “E Gesù stesso dice che loro non muovevano queste cose nemmeno con un dito, no? E poi, dirà alla gente: ‘Fate quello che dicono ma non quello che fanno!’. Gente incoerente… Ma sempre questi scribi, questi farisei, è come se bastonassero la gente, no? ‘Dovete fare questo, questo e questo’, alla povera gente… E Gesù disse: ‘Ma, così voi chiudete – lo dice a loro! – la porta del Regno dei Cieli. Non lasciate entrare, e neppure voi entrate!’. E’ una maniera, un modo di predicare, di insegnare, di dare testimonianza della propria fede… E così, quanti ci sono che pensano che la fede sia cosa così…”.
Nella Prima Lettura, tratta dal Libro di Samuele, ha quindi affermato, troviamo la figura di Eli, “un povero prete, debole, tiepido” che “lasciava fare tante cose brutte ai suoi figli”. Eli era seduto davanti a uno stipite del Tempio del Signore e guarda Anna, una signora, “che pregava a suo modo, chiedendo un figlio”. Questa donna, ha affermato il Papa, “pregava come prega la gente umile: semplicemente, ma dal suo cuore, con angoscia”. Anna “muoveva le labbra”, come fanno “tante donne buone” “nelle nostre chiese, nei nostri santuari”. Pregava così “e chiedeva un miracolo”. E l’anziano Eli la guardava e diceva: “Ma, questa è una ubriaca!” e “la disprezzò”. Lui, ha ammonito il Papa, “era il rappresentante della fede, il dirigente della fede, ma il suo cuore non sentiva bene e disprezzò questa signora”: “Quante volte il popolo di Dio si sente non benvoluto da quelli che devono dare testimonianza: dai cristiani, dai laici cristiani, dai preti, dai vescovi… ‘Ma, povera gente, non capisce niente... Deve fare un corso di teologia per capire bene’. Ma, perché ho certa simpatia per quest’uomo? Perché nel cuore ancora aveva l’unzione, perché quando la donna gli spiega la sua situazione, Eli le dice: ‘Vai in pace, e il Dio di Israele ti conceda quello che gli hai chiesto’. Viene fuori l’unzione sacerdotale: pover’uomo, l’aveva nascosta dentro e la sua pigrizia… è un tiepido. E poi finisce male, poveretto”.
I suoi figli, ha proseguito, non si vedono nel passo della Prima Lettura, ma erano quelli che gestivano il Tempio, “erano briganti”. “Erano sacerdoti, ma briganti”. “Andavano dietro al potere, dietro ai soldi – ha detto il Papa – sfruttavano la gente, approfittavano delle elemosine, dei doni” e “il Signore li punisce forte”. Questa, ha poi osservato, “è la figura del cristiano corrotto”, “del laico corrotto, del prete corrotto, del vescovo corrotto, che profitta della sua situazione, del suo privilegio della fede, di essere cristiano” e “il suo cuore finisce corrotto”, come succede a Giuda. Da un cuore corrotto, ha proseguito, esce “il tradimento”. Giuda “tradisce Gesù”. I figli di Eli sono dunque il terzo modello di credente. E poi c’è il quarto, Gesù. E di Lui la gente dice: “Questo insegna come uno che ha autorità: questo è un insegnamento nuovo!” Ma dov’è la novità, si chiede Papa Francesco? E’ “il potere della santità”, “la novità di Gesù è che con sé porta la Parola di Dio, il messaggio di Dio, cioè l’amore di Dio a ognuno di noi”. Gesù, ha ribadito, “avvicina Dio alla gente e per farlo si avvicina Lui: è vicino ai peccatori”. Gesù, ha ricordato il Papa, perdona l’adultera, “parla di teologia con la Samaritana, che non era un angiolino”. Gesù, ha spiegato ancora, “cerca il cuore delle persone, Gesù si avvicina al cuore ferito delle persone. A Gesù soltanto interessa la persona, e Dio”. Gesù, ha evidenziato, “vuole che la gente si avvicini, che lo cerchi e si sente commosso quando la vede come pecora senza pastore”. E tutto questo atteggiamento, ha rilevato, “è quello per cui la gente dice: ‘Ma, questo è un insegnamento nuovo!’”. No, ha osservato il Papa, “non è nuovo l’insegnamento: è il modo di farlo, nuovo. E’ la trasparenza evangelica”: “Chiediamo al Signore che queste due Letture ci aiutino nella nostra vita di cristiani: tutti. Ognuno nel suo posto. A non essere legalisti puri, ipocriti come gli scribi e i farisei. A non essere corrotti come i figli di Eli. A non essere tiepidi come Eli, ma a essere come Gesù, con quello zelo di cercare la gente, di guarire la gente, di amare la gente e con questo dirle: ‘Ma, se io faccio questo così piccolo, pensa come ti ama Dio, come è tuo Padre!’. Questo è l’insegnamento nuovo che Dio chiede da noi. Chiediamo questa grazia”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 08/01/2014
08 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Mercoledì 08 Gennaio 2014
8 gennaio dopo l'Epifania
Santo(i) del giorno : S. Lorenzo Giustiniani, Vescovo, B. Eurosia Fabris In Barban, «Mamma Rosa», Terziaria francescana
Meditazione del giorno
Catechismo della Chiesa cattolica: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame” (Gv 6,35)
Prima lettera di san Giovanni apostolo 4,7-10.
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio.
Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.
In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui.
In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Salmi 72(71),2.3-4ab.7-8.
Regga con giustizia il tuo popolo
e i tuoi poveri con rettitudine.
Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia.
Ai miseri del suo popolo renderà giustizia,
salverà i figli dei poveri
e abbatterà l'oppressore.
Nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e abbonderà la pace,
finché non si spenga la luna.
E dominerà da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 6,34-44.
Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: «Questo luogo è solitario ed è ormai tardi;
congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare».
Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?».
Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull'erba verde.
E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta.
Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti.
Tutti mangiarono e si sfamarono,
e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci.
Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Catechismo della Chiesa cattolica
§1373-1380
“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame” (Gv 6,35)
« Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi » (Rm 8,34), è presente in molti modi alla sua Chiesa: 198 nella sua parola, nella preghiera della Chiesa, « dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18,20), nei poveri, nei malati, nei prigionieri, 199 nei sacramenti di cui egli è l'autore, nel sacrificio della Messa e nella persona del ministro. Ma « soprattutto [è presente] sotto le specie eucaristiche » (Vaticano II SC 7).
Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. … Nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo…” (Concilio di Trento). « Tale presenza si dice "reale" non per esclusione, quasi che le altre non siano "reali", ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Dio e uomo, tutto intero si fa presente » (Papa Paolo VI). …
Il culto dell'Eucaristia: Nella liturgia della Messa esprimiamo la nostra fede nella presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino, tra l'altro, con la genuflessione, o con un profondo inchino in segno di adorazione verso il Signore. « La Chiesa cattolica professa questo culto latreutico al sacramento eucaristico non solo durante la Messa, ma anche fuori della sua celebrazione, conservando con la massima diligenza le ostie consacrate, presentandole alla solenne venerazione dei fedeli cristiani, portandole in processione » (Paolo VI). … È oltremodo conveniente che Cristo abbia voluto rimanere presente alla sua Chiesa in questa forma davvero unica. Poiché stava per lasciare i suoi nel suo aspetto visibile, … ha voluto che noi avessimo il memoriale dell'amore con il quale ci ha amati « sino alla fine » (Gv 13,1), fino al dono della propria vita. Nella sua presenza eucaristica, infatti, egli rimane misteriosamente in mezzo a noi come colui che ci ha amati e che ha dato se stesso per noi (Gal 2,20)…, sotto i segni che esprimono e comunicano questo amore.
Il Papa in una parrocchia romana per la visita al presepe vivente
08 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Ieri pomeriggio, visita di papa Francesco, nella parrocchia romana di Sant'Alfonso de' Liguori dove lo hanno atteso centinaia di persone. Il Santo Padre ha visitato il presepe vivente, organizzato dai fedeli della parrocchia, con circa 200 figuranti. Dopo un momento di raccoglimento e di preghiera privata all'interno della chiesa, Francesco ha salutato la lunga fila dei fedeli, in testa bambini e malati. Marina Tomarro:
Iniziamo l'anno con Gesù, egli rimane con noi e vince il male e preghiamo, preghiamo per tutti, soprattutto per i bambini che nasceranno e per i nonni che sono la saggezza. Così papa Francesco ha salutato e benedetto i parrocchiani della chiesa di Sant'Alfonso Maria de Liguori, accorsi numerosi all' annuncio della sua visita alla parrocchia alla periferia nord di Roma. Ad attenderlo tantissime persone festanti e oltre 100 bambini che lo hanno accolto con il canto "Tu scendi dalle stelle" e un grande mazzo di rose rosse. E il Santo Padre ha voluto subito visitare sia la chiesa che il presepe vivente collocato accanto ad essa, dove è stata ricostruita una piccola Betlemme, con botteghe che ricordano i mestieri tipici dell' epoca come falegnami calzolai,e fabbri. Il Pontefice si è fermato qualche minuto davanti ad ognuna di esse, per salutare gli oltre 200 figuranti che hanno partecipato alla sacra rappresentazione, ma soprattutto si è recato alla capanna della natività dove lo attendeva il piccolo Francesco, che ha avuto il ruolo di Gesù Bambino e che ha ricevuto il sacramento del battesimo proprio questa mattina. Dalla parrocchia di Sant' Alfonso Maria de Liguori, Marina Tomarro per la Radio Vaticana.
Radio Vaticana
Il Papa: mettere alla prova il nostro cuore per ascoltare Gesù, non i falsi profeti
08 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Il cristiano sa vigilare sul suo cuore per distinguere ciò che viene da Dio e ciò che viene dai falsi profeti. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, la prima dopo le festività natalizie. Il Papa ha ribadito che la via di Gesù è quella del servizio e dell’umiltà. Una via che tutti i cristiani sono chiamati a seguire. Il servizio di Alessandro Gisotti: “Rimanete nel Signore”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo da questa esortazione dell’Apostolo Giovanni, contenuta nella Prima lettura. Un “consiglio di vita”, ha osservato, che Giovanni ripete in modo “quasi ossessivo”. L’Apostolo indica “uno degli atteggiamenti del cristiano che vuole rimanere nel Signore: conoscere cosa succede nel proprio cuore”. Per questo avverte di non prestare fede a ogni spirito, ma di mettere “alla prova gli spiriti”. E’ necessario, ha evidenziato il Papa, saper “discernere gli spiriti”, discernere se una cosa ci fa “rimanere nel Signore o ci allontana da Lui”. “Il nostro cuore – ha soggiunto – sempre ha desideri, ha voglie, ha pensieri”. Ma, si è chiesto, “questi sono del Signore o alcuni di questi ci allontanano dal Signore?” Ecco allora che l’Apostolo Giovanni ci esorta a “mettere alla prova” ciò che pensiamo e desideriamo: “Se questo va nella linea del Signore, così andrai bene, ma se non va… Mettete alla prova gli spiriti per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. Profeti o profezie o proposte: ‘Io ho voglia di far questo!’. Ma questo non ti porta al Signore, ti allontana da Lui. Per questo è necessaria la vigilanza. Il cristiano è un uomo o una donna che sa vigilare il suo cuore. E tante volte il nostro cuore, con tante cose che vanno e vengono, sembra un mercato rionale: di tutto, tu trovi di tutto lì... E no! Dobbiamo saggiare – questo è del Signore e questo non è – per rimanere nel Signore”. Qual è, dunque, il criterio per capire se una cosa viene da Cristo oppure dall’anticristo? San Giovanni, ha affermato il Papa, ha un’idea chiara, “semplice”: “Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo, venuto nella carne, è di Dio. Ogni spirito che non riconosce Gesù non è di Dio: è lo spirito dell’anticristo”. Ma cosa significa, dunque, “riconoscere che il Verbo è venuto in carne?” Vuol dire, ha osservato il Pontefice, “riconoscere la strada di Gesù Cristo”, riconoscere che Lui, “essendo Dio, si è abbassato, si è umiliato” fino alla “morte di croce”: “Quella è la strada di Gesù Cristo: l’abbassamento, l’umiltà, l’umiliazione pure. Se un pensiero, se un desiderio ti porta su quella strada di umiltà, di abbassamento, di servizio agli altri, è di Gesù. Ma se ti porta sulla strada della sufficienza, della vanità, dell’orgoglio, sulla strada di un pensiero astratto, non è di Gesù. Pensiamo alle tentazioni di Gesù nel deserto: tutte e tre le proposte che fa il demonio a Gesù sono proposte che volevano allontanarlo da questa strada, la strada del servizio, dell’umiltà, dell’umiliazione, della carità. Ma la carità fatta con la sua vita, no? Alle tre tentazioni Gesù dice di no: ‘No, questa non è la mia strada!’”. Il Papa ha, quindi, invitato tutti a pensare proprio a cosa succede nel nostro cuore. A cosa pensiamo e sentiamo, a cosa vogliamo, a vagliare gli spiriti. “Io metto alla prova quello che penso, quello che voglio, quello che desidero – ha domandato – o prendo tutto?”: “Tante volte, il nostro cuore è una strada, passano tutti lì… Mettere alla prova. E scelgo sempre le cose che vengono da Dio? So quale sono quelle che vengono da Dio? Conosco il vero criterio per discernere i miei pensieri, i miei desideri? Pensiamo questo e non dimentichiamo che il criterio è l’Incarnazione del Verbo. Il Verbo è venuto in carne: questo è Gesù Cristo! Gesù Cristo che si è fatto uomo, Dio fatto uomo, si è abbassato, si è umiliato per amore, per servire tutti noi. E l’Apostolo Giovanni ci conceda questa grazia di conoscere cosa succede nel nostro cuore e avere la saggezza di discernere quello che viene da Dio e quello che non viene da Dio”.
Radio Vaticana
Il Papa: mettere alla prova il nostro cuore per ascoltare Gesù, non i falsi profeti
07 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Il cristiano sa vigilare sul suo cuore per distinguere ciò che viene da Dio e ciò che viene dai falsi profeti. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, la prima dopo le festività natalizie. Il Papa ha ribadito che la via di Gesù è quella del servizio e dell’umiltà. Una via che tutti i cristiani sono chiamati a seguire. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Rimanete nel Signore”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo da questa esortazione dell’Apostolo Giovanni, contenuta nella Prima lettura. Un “consiglio di vita”, ha osservato, che Giovanni ripete in modo “quasi ossessivo”. L’Apostolo indica “uno degli atteggiamenti del cristiano che vuole rimanere nel Signore: conoscere cosa succede nel proprio cuore”. Per questo avverte di non prestare fede a ogni spirito, ma di mettere “alla prova gli spiriti”. E’ necessario, ha evidenziato il Papa, saper “discernere gli spiriti”, discernere se una cosa ci fa “rimanere nel Signore o ci allontana da Lui”. “Il nostro cuore – ha soggiunto – sempre ha desideri, ha voglie, ha pensieri”. Ma, si è chiesto, “questi sono del Signore o alcuni di questi ci allontanano dal Signore?” Ecco allora che l’Apostolo Giovanni ci esorta a “mettere alla prova” ciò che pensiamo e desideriamo: “Se questo va nella linea del Signore, così andrai bene, ma se non va… Mettete alla prova gli spiriti per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. Profeti o profezie o proposte: ‘Io ho voglia di far questo!’. Ma questo non ti porta al Signore, ti allontana da Lui. Per questo è necessaria la vigilanza. Il cristiano è un uomo o una donna che sa vigilare il suo cuore. E tante volte il nostro cuore, con tante cose che vanno e vengono, sembra un mercato rionale: di tutto, tu trovi di tutto lì... E no! Dobbiamo saggiare – questo è del Signore e questo non è – per rimanere nel Signore”.
Qual è, dunque, il criterio per capire se una cosa viene da Cristo oppure dall’anticristo? San Giovanni, ha affermato il Papa, ha un’idea chiara, “semplice”: “Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo, venuto nella Carne, è di Dio. Ogni spirito che non riconosce Gesù non è di Dio: è lo spirito dell’anticristo”. Ma cosa significa, dunque, “riconoscere che il Verbo è venuto in Carne?” Vuol dire, ha osservato il Pontefice, “riconoscere la strada di Gesù Cristo”, riconoscere che Lui, “essendo Dio, si è abbassato, si è umiliato” fino alla “morte di croce”: “Quella è la strada di Gesù Cristo: l’abbassamento, l’umiltà, l’umiliazione pure. Se un pensiero, se un desiderio ti porta su quella strada di umiltà, di abbassamento, di servizio agli altri, è di Gesù. Ma se ti porta sulla strada della sufficienza, della vanità, dell’orgoglio, sulla strada di un pensiero astratto, non è di Gesù. Pensiamo alle tentazioni di Gesù nel deserto: tutte e tre le proposte che fa il demonio a Gesù sono proposte che volevano allontanarlo da questa strada, la strada del servizio, dell’umiltà, dell’umiliazione, della carità. Ma la carità fatta con la sua vita, no? Alle tre tentazioni Gesù dice di no: ‘No, questa non è la mia strada!’”.
Il Papa ha, quindi, invitato tutti a pensare proprio a cosa succede nel nostro cuore. A cosa pensiamo e sentiamo, a cosa vogliamo, a vagliare gli spiriti. “Io metto alla prova quello che penso, quello che voglio, quello che desidero – ha domandato – o prendo tutto?”: “Tante volte, il nostro cuore è una strada, passano tutti lì… Mettere alla prova. E scelgo sempre le cose che vengono da Dio? So quale sono quelle che vengono da Dio? Conosco il vero criterio per discernere i miei pensieri, i miei desideri? Pensiamo questo e non dimentichiamo che il criterio è l’Incarnazione del Verbo. Il Verbo è venuto in carne: questo è Gesù Cristo! Gesù Cristo che si è fatto uomo, Dio fatto uomo, si è abbassato, si è umiliato per amore, per servire tutti noi. E l’Apostolo Giovanni ci conceda questa grazia di conoscere cosa succede nel nostro cuore e avere la saggezza di discernere quello che viene da Dio e quello che non viene da Dio”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 07/01/2014
07 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Martedì 07 Gennaio 2014
7 gennaio dopo l'Epifania
Santo(i) del giorno : S. Raimondo de Peñafort, Sac. O.P., B. Lindalva Justo de Oliveira, Suora FdC e martire in Brasile
Meditazione del giorno
Papa Francesco: “Il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce”
Prima lettera di san Giovanni apostolo 3,22-24.4,1-6.
E qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.
Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo.
Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio;
ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell'anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo.
Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto questi falsi profeti, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo.
Costoro sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta.
Noi siamo da Dio. Chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da ciò noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell'errore.
Salmi 2,7-8.10-11.
Annunzierò il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: "Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato.
Chiedi a me, ti darò in possesso le genti
e in dominio i confini della terra.
E ora, sovrani, siate saggi,
istruitevi, giudici della terra;
servite Dio con timore
e con tremore esultate;
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 4,12-17.23-25.
Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea
e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,
perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti;
il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata.
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva.
E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.
“Il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce”
La luce della fede in Gesù illumina anche il cammino di tutti coloro che cercano Dio, e offre il contributo proprio del cristianesimo nel dialogo con i seguaci delle diverse religioni. … Immagine di questa ricerca sono i Magi, guidati dalla stella fino a Betlemme (cfr Mt 2,1-12). Per loro la luce di Dio si è mostrata come cammino, come stella che guida lungo una strada di scoperte. La stella parla così della pazienza di Dio con i nostri occhi, che devono abituarsi al suo splendore.
L’uomo religioso è in cammino e deve essere pronto a lasciarsi guidare, a uscire da sé per trovare il Dio che sorprende sempre. Questo rispetto di Dio per gli occhi dell’uomo ci mostra che, quando l’uomo si avvicina a Lui, la luce umana non si dissolve nell’immensità luminosa di Dio, come se fosse una stella inghiottita dall’alba, ma diventa più brillante quanto è più prossima al fuoco originario, come lo specchio che riflette lo splendore.
La confessione cristiana di Gesù, unico salvatore, afferma che tutta la luce di Dio si è concentrata in Lui, nella sua "vita luminosa", in cui si svela l’origine e la consumazione della storia [Dominus Jesus]. Non c’è nessuna esperienza umana, nessun itinerario dell’uomo verso Dio, che non possa essere accolto, illuminato e purificato da questa luce. Quanto più il cristiano s’immerge nel cerchio aperto dalla luce di Cristo, tanto più è capace di capire e di accompagnare la strada di ogni uomo verso Dio.
Oltre 6 milioni e 600mila i fedeli presenti agli incontri con Papa Francesco in Vaticano
02 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Oltre 6 milioni e 600mila fedeli hanno partecipato ai vari incontri in Vaticano con Papa Francesco nel corso del 2013. Lo riferisce la Prefettura della Casa Pontificia sottolineando, tuttavia, che si parla di “dati approssimativi” che vengono calcolati sulla base delle domande di partecipazione agli eventi pervenute alla Prefettura e dei biglietti distribuiti, come pure su una stima sommaria delle presenze a momenti come l’Angelus o il Regina Coeli e le grandi celebrazioni in Piazza San Pietro, a partire dal marzo scorso. I dati non comprendono, dunque, gli incontri fuori dal Vaticano, vissuti dal Papa con una grande partecipazione di fedeli, come il viaggio apostolico in Brasile nel mese di luglio per la Gmg di Rio de Janeiro, le tre visite in Italia, a Lampedusa, Cagliari e Assisi, e le visite nella diocesi di Roma.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 02/01/2014
02 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Giovedì 02 Gennaio 2014
2 gennaio prima dell'Epifania
Santo(i) del giorno : SS. Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno (memoria)
Meditazione del giorno
Beato Guerrico d'Igny : “Io sono la Voce che grida nel deserto: ‘raddrizzate i sentieri del Signore!’”
Prima lettera di san Giovanni apostolo 2,22-28.
Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L'anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio.
Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre.
Quanto a voi, tutto ciò che avete udito da principio rimanga in voi. Se rimane in voi quel che avete udito da principio, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre.
E questa è la promessa che egli ci ha fatto: la vita eterna.
Questo vi ho scritto riguardo a coloro che cercano di traviarvi.
E quanto a voi, l'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna.
E ora, figlioli, rimanete in lui, perché possiamo aver fiducia quando apparirà e non veniamo svergognati da lui alla sua venuta.
Salmi 98(97),1.2-3ab.3cd-4.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha manifestato la sua salvezza,
agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa di Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto
la salvezza del nostro Dio.
Acclami al Signore tutta la terra,
gridate, esultate con canti di gioia.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 1,19-28.
E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?».
Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo».
Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No».
Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?».
Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia».
Essi erano stati mandati da parte dei farisei.
Lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?».
Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete,
uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
“Io sono la Voce che grida nel deserto: ‘raddrizzate i sentieri del Signore!’”
“Preparate la via del Signore”. Fratelli, anche se siete avanti su questa via…, non c’è un limite al progredire della bontà. Ecco perché il saggio viandante… dirà ogni giorno: “Ora, ricomincio”… Sono tanti “quelli che vagano nel deserto”…; nessuno di loro riesce a dire: “Ora comincio”.
“Principio della saggezza è il timore del Signore”: se è il principio della saggezza, è necessariamente anche il punto di partenza della buona strada… E’ quello che provoca la confessione…; quello che spinge l’orgoglioso al pentimento e gli permette di ascoltare la voce di colui che grida nel deserto, che comanda di preparare la via, che mostra da dove cominciare: “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino”…
Se sei già sulla via, non perdere la strada, poiché offenderesti il Signore che ti ha guidato ed egli ti lascerebbe “andare per le strade del tuo cuore”… Se la via ti appare stretta, guarda al fine dove ti conduce. E se allora vedrai il culmine di ogni perfezione, subito dirai “La tua legge non ha confini!” Se il tuo sguardo non arriva fin là, credi almeno a quanto dice Isaia… “Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto”. Chi pensa a questo fine, non solo trova larga la via, ma prende il volo, tanto da non camminare più: vola verso la meta… Vi conduca e vi accompagni fino là colui che è la via per coloro che corrono e la ricompensa di coloro che arrivano alla meta: Gesù Cristo.
(Riferimenti biblici: Sal 76,11 Vulg; 107,4; Pr 1,72; Ps 111,10; Mt 3,2; 4,17; Is 57,17; Mt 7,14; Ps 119,96; Is 35,10; Mt 7,14; Gv 14,6)
Il Papa alla Chiesa del Gesù. P. Bellucci: per i gesuiti occasione per tornare alle fonti della propria spiritualità
02 Gennaio, 2014Redazione le Vie del Signore
Domani mattina alle 9.00, Papa Francesco si recherà alla Chiesa del Gesù per celebrare la Messa nel giorno della ricorrenza liturgica del Santissimo Nome di Gesù. La celebrazione avrà un carattere di ringraziamento per l’iscrizione al catalogo dei Santi, il 17 dicembre scorso, di Pietro Favre, primo sacerdote gesuita. Saranno presenti il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale vicario Agostino Vallini, il vescovo di Annecy, mons. Yves Boivineau, nella cui diocesi è nato Favre, e circa 350 gesuiti. Su questa giornataSergio Centofanti ha sentito padre Giuseppe Bellucci, direttore dell’Ufficio stampa della Compagnia di Gesù a Roma: R. – La caratteristica più interessante, forse, è che sono stati scelti sei rappresentanti per le sei Conferenze dei provinciali in cui è divisa la Compagnia di Gesù. Rappresenteranno simbolicamente un po’ tutta la Compagnia. Alla fine della celebrazione, il Papa ha espresso il desiderio di salutare singolarmente tutti i gesuiti presenti. D. – Cosa significa per voi gesuiti la ricorrenza liturgica del Santissimo Nome di Gesù? R. – Il Nome di Gesù è il “Titolo” della Compagnia. Sant’Ignazio ha voluto che la Compagnia da lui fondata fosse insignita del Nome di Gesù. Per noi, quindi, è la festa principale. Che il Papa abbia scelto la festa di Gesù per ringraziare per questo nuovo santo e per celebrare con i gesuiti, a noi sembra estremamente significativo. D. – Quali sono le principali caratteristiche di questo nuovo santo, Pietro Favre? R. – Beh, intanto una profonda spiritualità, che potremmo chiamare la spiritualità di tutte le cose. Potremmo dire che è una spiritualità in cammino, perché lui ha viaggiato molto per l’Europa. E’ anche un precursore, in un certo senso, del dialogo ecumenico: ha lavorato molto nel tempo della Riforma e della Controriforma cattolica, ma sempre in uno spirito di dialogo, in un atteggiamento di comprensione. Credo, quindi, che in questo senso sia un santo estremamente moderno. D. – Con quale spirito accogliete il Papa gesuita? R. – Per noi, certamente, è un momento di gioia incontrare il Papa, un nostro confratello. C’è certamente attesa per il messaggio che lui vorrà darci. Direi poi che sia un momento opportuno anche per noi gesuiti di tornare alle fonti, all’origine della nostra spiritualità per approfondire quelle che, per Favre e per i primi compagni di Sant’Ignazio, sono stati i fondamenti della nostra vita come gesuiti.
Radio Vaticana
Il Papa ricorda le vittime di una tragedia del 2004 in Argentina: la tenerezza cura le ferite
31 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco ricorda in una lettera le 194 persone perite nove anni fa nell’incendio di una discoteca a Buenos Aires. Era il 30 dicembre 2004, quando le fiamme divamparono nel locale “Cromañón” della capitale argentina, causando la tragedia. In uno scritto, indirizzato a mons. Jorge Lozano, vescovo di Gualeguaychú e presidente della Commissione episcopale della Pastorale sociale, il Pontefice esprime il suo ricordo per le giovani vittime e la paterna vicinanza ai genitori e ai familiari. “Le ferite fanno ancora più male quando non vengono trattate con tenerezza – scrive il Santo Padre – Guardando il Bambino Gesù, che è tutta tenerezza, chiedo per loro questo atteggiamento: sapere trattare con cura e tenerezza le ferite. Solo una tenera carezza, dal nostro cuore, in silenzio, con rispetto, può dare sollievo”. Infine, il Papa invoca il Signore, affinché avvicini ciascuno con la sua calda consolazione di Padre e insegni a tutti a non restare soli e a continuare cercando la compagnia dei fratelli. La lettera di Papa Francesco è stata letta ieri nella cattedrale di Buenos Aires da mons. Lozano, durante la Messa celebrata dall’arcivescovo, mons. Poli.
Radio Vaticana
Papa Francesco: la Chiesa ha bisogno di famiglie capaci di vivere la fede in loro e testimoniarla
31 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Profughi e anziani, 'esiliati' dei nostri giorni: il Papa all'Angelus prega per le famiglie del mondo
31 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Un pensiero per i migranti e i rifugiati vittime del rifiuto, dello sfruttamento, della tratta e la fiducia nella “vicinanza amorosa di Dio”: all'ultimo Angelus del 2013, nella prima domenica dopo Natale e nella Festa della Santa Famiglia, il Papa ha pregato ieri per tutti coloro che ha definito “esiliati”, dai profughi agli anziani. Quindi, in preparazione al prossimo Sinodo dei Vescovi dedicato alla famiglia, una preghiera speciale, composta personalmente, e un saluto ai fedeli collegati, tra gli altri, da Nazareth, Barcellona, Loreto e Madrid. Il servizio di Giada Aquilino: Gesù ha voluto nascere “in una famiglia umana, ha voluto avere una madre e un padre”, sperimentando la condizione drammatica dei profughi “segnata da paura, incertezza, disagi”, affinché “nessuno si senta escluso dalla vicinanza amorosa di Dio”. A quelle famiglie, “milioni”, che vivono questa “triste realtà” è andato il pensiero di Papa Francesco all’Angelus: “In terre lontane anche quando trovano lavoro - e non sempre - non sempre i profughi e gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficoltà che sembrano a volte insuperabili”.
Ricordando il percorso di Giuseppe, Maria e Gesù “sulla via dolorosa dell’esilio, in cerca di rifugio in Egitto” a causa delle minacce di Erode, una famiglia "costretta a farsi profuga", il Pontefice ha sottolineato come “quasi ogni giorno la televisione e i giornali” diano notizie di profughi “che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca - ha detto - di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie”: “Pensiamo al dramma di quei migranti e rifugiati che sono vittime del rifiuto, dello sfruttamento, che sono vittime della tratta delle persone e del lavoro schiavo. Ma pensiamo anche agli altri ‘esiliati’, io li chiamerei ‘esiliati nascosti’, quegli ‘esiliati’ che possono esserci all’interno delle famiglie stesse: gli anziani, per esempio, che a volte vengono trattati come presenze ingombranti. Molte volte penso che un segno per sapere come va una famiglia è vedere come si trattano in essa i bambini e gli anziani”.
Dio, ha assicurato il Santo Padre, “è là dove l’uomo è in pericolo, là dove l’uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l’abbandono; ma - ha aggiunto - Dio è anche là dove l’uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà, progetta e sceglie per la vita e la dignità sua e dei suoi familiari”. L’invito è stato quindi a fissare lo sguardo sulla Santa Famiglia e sulla “semplicità della vita che essa conduce a Nazareth”: “E’ un esempio che fa tanto bene alle nostre famiglie, le aiuta a diventare sempre più comunità di amore e di riconciliazione, in cui si sperimenta la tenerezza, l’aiuto vicendevole, il perdono reciproco”. Papa Francesco ha quindi ricordato - e invitato i fedeli a ripeterle - “le tre parole chiave per vivere in pace e gioia in famiglia: permesso, grazie, scusi”: “Quando in una famiglia non si è invadente, si chiede ‘permesso’. Quando in una famiglia non si è egoista, si impara a dire ‘grazie! grazie!’. E quando in una famiglia, uno se ne accorge che ha fatto una cosa brutta e sa chiedere “scusi”, in quella famiglia c’è pace e c’è gioia”. Ha quindi incoraggiato “le famiglie a prendere coscienza dell’importanza che hanno nella Chiesa e nella società”. “L’annuncio del Vangelo, infatti, passa anzitutto attraverso le famiglie, per poi raggiungere i diversi ambiti della vita quotidiana”.
A Maria e San Giuseppe, il Papa ha chiesto “di illuminare, di confortare, di guidare ogni famiglia del mondo, perché possa compiere con dignità e serenità la missione che Dio le ha affidato”. Quindi, dopo l’Angelus, il Pontefice ha fatto riferimento al prossimo Sinodo dei Vescovi dedicato appunto al “tema della famiglia”. Alla Santa Famiglia il Santo Padre ha voluto affidare “questo lavoro sinodale”, recitando una preghiera “per le famiglie di tutto il mondo” composta personalmente. In Gesù, Maria e Giuseppe, “contempliamo lo splendore dell’amore vero”: a loro ha chiesto di rendere “anche le nostre famiglie luoghi di comunione e cenacoli di preghiera, autentiche scuole del Vangelo e piccole Chiese domestiche”: “Santa Famiglia di Nazareth, mai più nelle famiglie si faccia esperienza di violenza, chiusura e divisione: chiunque è stato ferito o scandalizzato conosca presto consolazione e guarigione”.
L’auspicio del Santo Padre è stato dunque che il prossimo Sinodo dei Vescovi “possa ridestare in tutti la consapevolezza del carattere sacro e inviolabile della famiglia, la sua bellezza nel progetto di Dio”. Papa Francesco ha infine salutato, tra gli altri, i fedeli video-collegati con Piazza San Pietro dalla Basilica dell’Annunciazione di Nazareth, dalla Basilica della Sagrada Familia a Barcellona, dalla Basilica Santuario della Santa Casa di Loreto e tutti quelli “radunati in varie parti del mondo per altre celebrazioni che vedono protagoniste le famiglie, come quella di Madrid”.
Radio Vaticana
Christmas Message and Urbi et Orbi Blessing
27 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Messaggio Urbi et Orbi del Santo Padre Francesco - Natale 2013
27 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14).
Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buongiorno e buon Natale!
Faccio mio il canto degli angeli, che apparvero ai pastori di Betlemme nella notte in cui nacque Gesù. Un canto che unisce cielo e terra, rivolgendo al cielo la lode e la gloria, e alla terra degli uomini l'augurio di pace.
Invito tutti ad unirsi a questo canto: questo canto è per ogni uomo e donna che veglia nella notte, che spera in un mondo migliore, che si prende cura degli altri cercando di fare umilmente il proprio dovere.
Gloria a Dio!
A questo prima di tutto ci chiama il Natale: a dare gloria a Dio, perché è buono, è fedele, è misericordioso. In questo giorno auguro a tutti di riconoscere il vero volto di Dio, il Padre che ci ha donato Gesù. Auguro a tutti di sentire che Dio è vicino, di stare alla sua presenza, di amarlo, di adorarlo.
E ognuno di noi possa dare gloria a Dio soprattutto con la vita, con una vita spesa per amore suo e dei fratelli.
Pace agli uomini.
La vera pace – noi lo sappiamo – non è un equilibrio tra forze contrarie. Non è una bella "facciata", dietro alla quale ci sono contrasti e divisioni. La pace è un impegno di tutti i giorni, ma, la pace è artigianale, che si porta avanti a partire dal dono di Dio, dalla sua grazia che ci ha dato in Gesù Cristo.
Guardando il Bambino nel presepe, bambino di pace, pensiamo ai bambini che sono le vittime più fragili delle guerre, ma pensiamo anche agli anziani, alle donne maltrattate, ai malati… Le guerre spezzano e feriscono tante vite!
Troppe ne ha spezzate negli ultimi tempi il conflitto in Siria, fomentando odio e vendetta. Continuiamo a pregare il Signore perché risparmi all'amato popolo siriano nuove sofferenze e le parti in conflitto mettano fine ad ogni violenza e garantiscano l'accesso agli aiuti umanitari. Abbiamo visto quanto è potente la preghiera! E sono contento che oggi si uniscano a questa nostra implorazione per la pace in Siria anche credenti di diverse confessioni religiose. Non perdiamo mai il coraggio della preghiera! Il coraggio di dire: Signore, dona la tua pace alla Siria e al mondo intero. E invito anche i non credenti a desiderare la pace, con il loro desiderio, quel desiderio che allarga il cuore: tutti uniti, o con la preghiera o con il desiderio. Ma tutti, per la pace.
Dona pace, bambino, alla Repubblica Centroafricana, spesso dimenticata dagli uomini. Ma tu, Signore, non dimentichi nessuno! E vuoi portare pace anche in quella terra, dilaniata da una spirale di violenza e di miseria, dove tante persone sono senza casa, acqua e cibo, senza il minimo per vivere. Favorisci la concordia nel Sud-Sudan, dove le tensioni attuali hanno già provocato troppe vittime e minacciano la pacifica convivenza di quel giovane Stato.
Tu, Principe della pace, converti ovunque il cuore dei violenti perché depongano le armi e si intraprenda la via del dialogo. Guarda alla Nigeria, lacerata da continui attacchi che non risparmiano gli innocenti e gli indifesi. Benedici la Terra che hai scelto per venire nel mondo e fa' giungere a felice esito i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi. Sana le piaghe dell'amato Iraq, colpito ancora da frequenti attentati.
Tu, Signore della vita, proteggi quanti sono perseguitati a causa del tuo nome. Dona speranza e conforto ai profughi e ai rifugiati, specialmente nel Corno d'Africa e nell'est della Repubblica Democratica del Congo. Fa' che i migranti in cerca di una vita dignitosa trovino accoglienza e aiuto. Tragedie come quelle a cui abbiamo assistito quest'anno, con i numerosi morti a Lampedusa, non accadano mai più!
O Bambino di Betlemme, tocca il cuore di quanti sono coinvolti nella tratta di esseri umani, affinché si rendano conto della gravità di tale delitto contro l'umanità. Volgi il tuo sguardo ai tanti bambini che vengono rapiti, feriti e uccisi nei conflitti armati, e a quanti vengono trasformati in soldati, derubati della loro infanzia.
Signore del cielo e della terra, guarda a questo nostro pianeta, che spesso la cupidigia e l'avidità degli uomini sfrutta in modo indiscriminato. Assisti e proteggi quanti sono vittime di calamità naturali, soprattutto il caro popolo filippino, gravemente colpito dal recente tifone.
Cari fratelli e sorelle, in questo mondo, in questa umanità oggi è nato il Salvatore, che è Cristo Signore. Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Lasciamo che il nostro cuore si commuova: non abbiamo paura di questo. Non abbiamo paura che il nostro cuore si commuova! Abbiamo bisogno che il nostro cuore si commuova. Lasciamolo riscaldare dalla tenerezza di Dio; abbiamo bisogno delle sue carezze. Le carezze di Dio non fanno ferite: le carezze di Dio ci danno pace e forza. Abbiamo bisogno delle sue carezze. Dio è grande nell'amore, a Lui la lode e la gloria nei secoli! Dio è pace: chiediamogli che ci aiuti a costruirla ogni giorno, nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nelle nostre città e nazioni, nel mondo intero. Lasciamoci commuovere dalla bontà di Dio.
Augurio Natalizio dopo il Messaggio Urbi et Orbi
A voi, cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questa Piazza, e a quanti da diversi Paesi siete collegati attraverso i mezzi di comunicazione, rivolgo il mio augurio: buon Natale!
In questo giorno illuminato dalla speranza evangelica che proviene dall'umile grotta di Betlemme, invoco il dono natalizio della gioia e della pace per tutti: per i bambini e gli anziani, per i giovani e le famiglie, per i poveri e gli emarginati. Gesù, nato per noi, conforti quanti sono provati dalla malattia e dalla sofferenza; sostenga coloro che si dedicano al servizio dei fratelli più bisognosi. Buon Natale a tutti!
Tweet del Papa: "La gioia del Vangelo sia sempre nei vostri cuori". Superati gli 11 milioni di follower
27 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa, nel giorno in cui ha superato gli 11 milioni di follower su Twitter, ha lanciato un nuovo tweet: "La gioia del Vangelo - scrive - sia sempre nei vostri cuori, specialmente in questo tempo di Natale". Sull'account @Pontifex in nove lingue, i follower, alle 9.15, in lingua spagnola sono 4.415.526, in inglese 3.441.090, in italiano 1.388.536, in portoghese 909.450, in francese 224.069, in latino 195.523, in tedesco 163.179, in polacco 158.764, in arabo 103.920.
Radio Vaticana
Benedetto XVI pranza con Papa Francesco a Santa Marta
27 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Benedetto XVI si è recato oggi a Santa Marta per pranzare insieme a Papa Francesco. In occasione della sua recente visita per gli auguri natalizi presso la residenza del Papa emerito, il Pontefice aveva invitato il suo predecessore per un pranzo a Casa Santa Marta in questi giorni festivi. Oltre ai rispettivi segretari, sono stati invitati anche il segretario per i rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Dominique Mamberti, e mons. Bryan Wells, assessore per gli Affari generali della Segreteria di Stato, presenti in questi giorni in Vaticano.
Radio Vaticana
Buone Feste dalla Redazione
24 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO - 24/12/2013
24 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Martedì 24 Dicembre 2013
Natale del Signore: Messa della notte, solennità
Santo(i) del giorno : S. Giacobbe, Patriarca, S. Paola Elisabetta (Costanza) Cerioli, Vedova, fondatrice, S. Delfino, Vescovo di Bordeaux (F)
Meditazione del giorno
San Rafael Arnaiz Baron : “Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”
Libro di Isaia 9,1-6.
Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si gioisce quando si spartisce la preda.
Poiché il giogo che gli pesava e la sbarra sulle sue spalle, il bastone del suo aguzzino tu hai spezzato come al tempo di Madian.
Poiché ogni calzatura di soldato nella mischia e ogni mantello macchiato di sangue sarà bruciato, sarà esca del fuoco.
Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace;
grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.
Salmi 96(95),1-2a.2b-3.11-12.13.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore da tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunziate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo ai popoli raccontate la sua gloria,
a tutte le nazioni dite i suoi prodigi.
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
frema il mare e quanto racchiude;
esultino i campi e quanto contengono,
si rallegrino gli alberi della foresta
davanti al Signore che viene,
perché viene a giudicare la terra.
Giudicherà il mondo con giustizia
e con verità tutte le genti.
Lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14.
È apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini,
che ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo,
nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo;
il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 2,1-14.
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.
Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio.
Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.
Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme,
per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.
Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.
Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento,
ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.
Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».
E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
San Rafael Arnaiz Baron (1911-1938), monaco trappista spagnolo
Scritti spirituali, 27/12/1936
“Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”
E’ molto freddo sulla terra. I cieli sono pieni di stelle che s’indovinano solo sul fondo blu scuro della volta celeste ricolma di tenebre. Sulla terra, una delle più piccole stelle dell’immenso sistema planetario, stanno accadendo stanotte prodigi che stupiscono gli angeli…: un Dio che, per amore dell’uomo, scende umile nella carne mortale e nasce da una donna in una delle stelle più piccole, più fredde, sulla terra…
Anche gli uomini hanno ghiaccio nel cuore. Nessuno accorre ad assistere al miracolo della nascita di Dio. L’intero mondo si riduce a una sola donna chiamata Maria, a un uomo dagli occhi azzurri, che si chiama Giuseppe, e ad un bambino appena nato che, avvolto in poveri panni, apre gli occhi per la prima volta all’alito caldo di un bue e di un asino, e giace su un pugno di paglia che la povertà di Giuseppe, la sollecitudine e l’amore di Maria gli hanno procurato. Il mondo intero dorme, ignaro, nel sonno pesante della carne. E’ molto freddo quella notte nella terra di Giuda. Le stelle che occhieggiano in cielo sono gli occhi degli angeli che cantano « Gloria a Dio nell’alto dei cieli !», canto intonato per Dio e inteso da alcuni pastori che sorvegliano i loro greggi e accorrono ad adorare, con anima di bambini, Gesù appena nato. E’ la prima lezione dell’amore di Dio…
Anche se la mia anima non ha la castità di Giuseppe, né l’amore di Maria, ho offerto al Signore la mia assoluta povertà, la mia anima vuota. Se non gli ho intonato inni come gli angeli, ho provato a cantargli qualche ritornello dei pastori, la canzone del povero, di chi non ha niente; la canzone di chi può offrire a Dio solo miserie e debolezze. Ma che importa, se miserie e debolezze offerte a Gesù con cuore veramente innamorato sono accolte da lui come fossero virtù. Grande, immensa è la misericordia di Dio! La mia carne mortale non sente le lodi del cielo, ma la mia anima indovina che, anche oggi come allora, gli angeli guardano stupiti la terra e intonano “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace sulla terra agli uomini di buona volontà!”
VANGELO DEL GIORNO - 23/12/2013
23 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Lunedì 23 Dicembre 2013
Ferie di Avvento dal 17 al 24: 23 dicembre
Santo(i) del giorno : S. Giovanni da Kety, Patrono di Polonia e Lituania, S. Antônio de Sant'Ana Galvão, Sacerdote O.F.M., fondatore
Meditazione del giorno
Beato Giovanni Paolo II : « Giovanni è il suo nome »
Libro di Malachia 3,1-4.23-24.
Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate; l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, ecco viene, dice il Signore degli eserciti.
Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai.
Siederà per fondere e purificare; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un'oblazione secondo giustizia.
Allora l'offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani.
Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore,
perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio.
Salmi 25(24),4bc-5ab.8-9.10.14.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua verità e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza,
in te ho sempre sperato.
Buono e retto è il Signore,
la via giusta addita ai peccatori;
guida gli umili secondo giustizia,
insegna ai poveri le sue vie.
Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia
per chi osserva il suo patto e i suoi precetti.
Il Signore si rivela a chi lo teme,
gli fa conoscere la sua alleanza.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 1,57-66.
Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.
I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria.
Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni».
Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.
Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati.
In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.
Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.
"Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome" (Is 49,1). Celebriamo quest'oggi la nascita di san Giovanni Battista. Le parole del profeta Isaia ben si addicono a questa grande figura biblica che sta tra l'Antico e il Nuovo Testamento. Nella lunga schiera dei profeti e dei giusti d'Israele Giovanni "il Battezzatore" è stato posto dalla Provvidenza immediatamente prima del Messia, per preparare dinanzi a Lui la via con la predicazione e con la testimonianza della vita.…
Possiamo fare nostra, oggi, quest'esclamazione. Dio ci ha conosciuti ed amati prima ancora che i nostri occhi potessero contemplare le meraviglie del creato. Ogni uomo nascendo riceve un nome umano. Ma prima ancora, egli possiede un nome divino: il nome con il quale Dio Padre lo conosce e lo ama da sempre e per sempre. Così è per tutti, nessuno escluso. Nessun uomo è anonimo per Dio! Tutti hanno uguale valore ai suoi occhi: tutti diversi, ma tutti uguali, tutti chiamati ad essere figli nel Figlio.
"Giovanni è il suo nome" (Lc 1,63). Zaccaria conferma ai parenti stupiti il nome del figlio, scrivendolo su una tavoletta. Dio stesso, mediante il suo angelo, aveva indicato quel nome, che in ebraico significa "Dio è favorevole". Dio è favorevole all'uomo: vuole la sua vita, la sua salvezza. Dio è favorevole al suo popolo: ne vuol fare una benedizione per tutte le nazioni della terra. Dio è favorevole all'umanità: ne guida il cammino verso la terra dove regnano pace e giustizia. Tutto questo è inscritto in quel nome: Giovanni!
Il Papa: a Natale, facciamo posto a Gesù invece che alle spese e al rumore
23 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
A Natale, come Maria, facciamo posto a Gesù che viene. E’ l’esortazione di Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che il Signore visita ogni giorno la sua Chiesa ed ha messo in guardia da un atteggiamento di chiusura della nostra anima. Il cristiano, ha ribadito, deve sempre vivere in vigilante attesa del Signore. Il servizio diAlessandro Gisotti: Natale è vicino. In questi giorni che precedono la nascita del Signore, Papa Francesco ha sottolineato che la Chiesa, come Maria, è in attesa di un parto. Anche Lei, ha osservato, “sentiva quello che sentono tutte le donne in quel tempo”. Sente queste “percezioni interiori nel suo corpo, nella sua anima” che il figlio sta arrivando. Maria, ha detto il Papa, sente nel cuore che vuole guardare il volto del suo Bambino. Noi come Chiesa, ha soggiunto, “accompagniamo la Madonna in questo cammino di attesa” e quasi “vogliamo affrettare questa nascita" di Gesù. Il Signore viene due volte, ha detto Papa Francesco, “quella che commemoriamo adesso, la nascita fisica” e quella in cui “verrà alla fine a chiudere la storia”. Ma, come afferma San Bernardo, c’è anche una terza nascita: “C’è una terza venuta del Signore: quella di ogni giorno. Il Signore ogni giorno visita la sua Chiesa! Visita ognuno di noi e anche la nostra anima entra in questa somiglianza: la nostra anima assomiglia alla Chiesa, la nostra anima assomiglia a Maria. I padri del deserto dicono che Maria, la Chiesa e l’anima nostra sono femminili e quello che si dice di una, analogamente si può dire dell’altra. La nostra anima anche è in attesa, in questa attesa per la venuta del Signore; un’anima aperta che chiama: 'Vieni, Signore!'”. E anche ad ognuno di noi, in questi giorni, ha proseguito, “lo Spirito Santo ci muove a fare questa preghiera: Vieni! Vieni!”. Tutti i giorni dell’Avvento, ha rammentato, “abbiamo detto nel prefazio che noi, la Chiesa, come Maria, siamo vigilanti nell’attesa”. E la vigilanza, ha evidenziato, “è la virtù” del pellegrino. Noi tutti “siamo pellegrini!”: “E mi domando: siamo in attesa o siamo chiusi? Siamo vigilanti o siamo sicuri in un albergo, lungo il cammino e non vogliamo più andare avanti? Siamo pellegrini o siamo erranti? Per questo la Chiesa ci invita a pregare questo 'Vieni!', ad aprire la nostra anima e che la nostra anima sia, in questi giorni, vigilante nell’attesa. Vigilare! cosa succede in noi se viene il Signore o se non viene? Se c’è posto per il Signore o c’è posto per feste, per fare spese, fare rumore… La nostra anima è aperta, com’è aperta la Santa Madre Chiesa e com’era aperta la Madonna? O la nostra anima è chiusa e abbiamo attaccato sulla porta un cartellino, molto educato, che dice: 'Si prega di non disturbare!'”. “Il mondo – ha avvertito il Papa – non finisce con noi, noi non siamo più importanti del mondo: è il Signore, con la Madonna e con la Madre Chiesa!”. Ecco allora, ha detto, “ci farà bene ripetere” l’invocazione: “O saggezza, o chiave di Davide, o Re delle genti, vieni!”: “E oggi ripetere tante volte 'Vieni!', e cercare che la nostra anima non sia un’anima che dica: 'Do not disturb'. No! Che sia un’anima aperta, che sia un’anima grande, per ricevere il Signore in questi giorni e che incominci a sentire quello che domani nell’antifona ci dirà la Chiesa: ‘Sappiate che oggi viene il Signore! E domani vedrete la sua gloria!’”.
Radio Vaticana
Angelus. Il Papa: sia un Natale di giustizia, che ogni famiglia possa avere una casa
23 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Auguro a tutti “un Natale di speranza, di giustizia e di fraternità”. Con queste parole Papa Francesco ha terminato l’Angelus di questa mattina in Piazza San Pietro, durante il quale – tra molti applausi – ha levato un appello alle autorità di qualsiasi livello perché sia difeso il diritto alla casa per ogni famiglia e perché chi lotta per la giustizia sociale respinga “le tentazioni della violenza”. Il pensiero spirituale prima dell’Angelus era stato dedicato alla figura di Giuseppe, uomo buono che – ha detto il Papa – accolse la volontà di Dio senza lasciarsi avvelenare dai dubbi e dall’orgoglio. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Che ogni famiglia abbia una casa. Che questo e altri diritti fondamentali per la vita siano difesi, ma senza usare la violenza. Che il prossimo Natale sia giusto, sia fraterno, porti speranza. Come spesso accade con Papa Francesco, ciò che delle sue parole colpisce al cuore comincia quando il testo ufficiale viene messo da parte. Ed è quanto avvenuto in Piazza San Pietro, davanti alle decine di migliaia di persone radunate sotto la finestra del Papa per l’ultimo Angelus prima di Natale. Il pensiero prima della preghiera mariana è tutto su San Giuseppe, sulla sua grandezza d’animo, perché dapprima pensa di ripudiare Maria “in segreto”, avendone appreso della sua gravidanza, e poi è capace di allargare il cuore alla “missione più grande” che Dio gli chiede, perché è un uomo che cerca prima di tutto la volontà di Dio: "Non si è ostinato a perseguire quel suo progetto di vita, non ha permesso che il rancore gli avvelenasse l’animo, ma è stato pronto a mettersi a disposizione della novità che, in modo sconcertante, gli veniva presentata. E questo fa male. Non permettere mai: lui è un esempio di quello. E così, Giuseppe è diventato ancora più libero e grande".
La considerazione su Giuseppe – sulla sua capacità di essere giusto secondo Dio - sembra quasi il prologo a quanto Papa Francesco sceglie di dire dopo aver recitato l’Angelus. Il primo spunto viene da un grande cartellone, leggibile anche dalla sua finestra: “Leggo lì, scritto grande: I poveri non possono aspettare. E’ bello! E questo mi fa pensare che Gesù è nato in una stalla, non è nato in una casa (...) E io penso oggi, anche leggendo quello, a tante famiglie senza casa, sia perché mai l’hanno avuta, sia perché l’hanno persa per tanti motivi. Famiglia e casa vanno insieme. E’ molto difficile portare avanti una famiglia senza abitare in una casa. In questi giorni di Natale, invito tutti – persone, entità sociali, autorità – a fare tutto il possibile perché ogni famiglia possa avere una casa”.
Quindi, l’orizzonte si allarga ulteriormente. Le cronache italiane di questi giorni hanno raccontato di proteste e scontri di piazza, di gente che invoca quel lavoro e quelle sicurezze quotidiane che, al pari di una casa, servono per una vita dignitosa ma che una crisi infinita ha tolto e disintegrato per troppi. Un gruppo di queste persone aveva annunciato di voler essere all’Angelus e Papa Francesco non delude le loro attese: “A quanti dall’Italia si sono radunati oggi per manifestare il loro impegno sociale, auguro di dare un contributo costruttivo, respingendo le tentazioni dello scontro e della violenza, e seguendo sempre la vita del dialogo, difendendo i diritti”.
Anche l’augurio finale di Papa Francesco è intonato ai pensieri fluiti in questo post Angelus così orientato alla solidarietà, sentimento che più di altri affonda la sua ragion d'essere nello spirito delle prossime feste: “Auguro a tutti una buona domenica e un Natale di speranza, di giustizia e di fraternità”.
I saluti post-Angelus del Papa ai gruppi in Piazza erano stati dedicati, fra gli altri, alla comunità del Pontificio Istituto Missioni Estere e ai partecipanti alla staffetta partita da Alessandria e giunta a Roma per testimoniare l’impegno in favore della pace in Somalia”.
Radio Vaticana
Il messaggio di Papa FRANCESCO al Movimento di Lavoratori Esclusi
20 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
“Un lavoro dignitoso, contro la cultura dello scarto”: il messaggio del Papa al Movimento di Lavoratori Esclusi
20 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Buenos Aires – Papa Francesco ha inviato un video messaggio ai raccoglitori di cartone e riciclatori, incoraggiandoli a continuare a sviluppare forme di lavoro dignitoso nell’ambito ecologico e chiedendo di aumentare la consapevolezza di cosa significhi gettare gli alimenti, come risultato della "cultura dello scarto".
Secondo la nota inviata da Aica all’Agenzia Fides, il Papa ha registrato questo video messaggio durante un'udienza privata, il 5 dicembre, con un leader del Movimento dei Lavoratori Esclusi ; video che è stato poi presentato in una riunione della Federazione dei "Cartoneros y Recicladores".Il Pontefice ha invitato a riflettere su questo tipo di lavoro: "Pensate come si va avanti in questo mestiere di riciclare - scusate la parola - quello che avanza. Ma è ciò che avanza dai ricchi. Oggi non possiamo permetterci il lusso di disprezzare ciò che avanza". "Viviamo in una cultura dello scarto, dove facilmente facciamo in modo che ‘avanzino’ non solo le cose ma anche le persone" ha detto il Papa, e ha aggiunto: "Con il cibo che viene gettato, siamo in grado di sfamare tutti gli affamati del mondo".
"Quando voi riciclate, fate due cose: un lavoro ecologico necessario e una produzione che fraternizza e dà dignità a questo lavoro. Siete creativi nella produzione, e siete anche creativi nella cura del pianeta in questa visione ecologica" ha concluso.Il Papa segue da vicino la situazione di questo grupo di lavoratori: il 15 dicembre Juan Grabois, membro del Movimiento de Trabajadores Excluidos , è stato convocato dal Papa per partecipare al colloquio su “La emergencia de la exclusión” in Vaticano. Link correlati :Il video su Youtube:
Papa Francesco: l'Italia ha una carta in più da giocare, quella del patrimonio culturale
20 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Siate sempre al servizio della “cultura dell’incontro”. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha levato stamani ricevendo i funzionari del Cerimoniale diplomatico della Repubblica italiana e i funzionari dell’Ambasciata italiana presso la Santa Sede. Il Papa ha sottolineato che l’Italia ha una carta in più da giocare: quella del patrimonio culturale. Quindi, ha evidenziato che anche chi non è cristiano si sente interpellato dal messaggio del Natale di Gesù. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Papa Francesco ha iniziato il suo intervento con un sentito ringraziamento per il lavoro quotidiano dei diplomatici italiani e per lo spirito di collaborazione con la Segreteria di Stato e la Prefettura della Casa Pontificia. Quindi, ha messo l’accento sulla dimensione dell’incontro insita nella missione della diplomazia: “Per il vostro servizio, voi siete nella condizione di favorire la cultura dell’incontro. Siete funzionari diplomatici e tutto il vostro lavoro tende a far sì che i rappresentanti dei Paesi, delle Organizzazioni internazionali, delle Istituzioni possano incontrarsi nel modo più proficuo. Quanto è importante questo servizio!”. Ha così messo l’accento sull’importanza della “crescita di relazioni positive, basate sulla conoscenza reciproca, sul rispetto, sulla comune ricerca di vie di sviluppo e di pace”: “In particolare, voi avete, in tutto ciò, una carta in più da giocare: quella del patrimonio culturale italiano. L’Italia è sempre stata nel mondo sinonimo di cultura, di arte, di civiltà. E voi contribuite a far sì che questo sia valorizzato per la cultura dell’incontro, che tale patrimonio vada a vantaggio del bene comune, di quella che Paolo VI chiamava la civiltà dell’amore”.
Il Natale, ha proseguito, “è la festa dell’incontro tra Dio e l’uomo. Ci viene donato un Bambino che nella sua persona realizza pienamente questo incontro”: “Anche chi non è cristiano si sente interpellato dal messaggio del Natale di Gesù. Auspico che ciascuno di voi possa vivere intensamente questo mistero d’amore, e che esso animi in profondità anche il vostro servizio”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 18/12/2013
18 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Mercoledì 18 Dicembre 2013
Ferie di Avvento dal 17 al 24: 18 dicembre
Santo(i) del giorno : B. Nemesia (Giulia) Valle, Vergine, S. Gaziano di Tours (F), Vescovo
Meditazione del giorno
Sant'Alfonso Maria de' Liguori: “Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù”
Libro di Geremia 23,5-8.
"Ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.
Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele starà sicuro nella sua dimora; questo sarà il nome con cui lo chiameranno: Signore-nostra-giustizia.
Pertanto, ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali non si dirà più: Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dal paese d'Egitto,
ma piuttosto: Per la vita del Signore che ha fatto uscire e che ha ricondotto la discendenza della casa di Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi; costoro dimoreranno nella propria terra".
Salmi 72(71),2.12-13.18-19.
Regga con giustizia il tuo popolo
e i tuoi poveri con rettitudine.
Egli libererà il povero che grida
e il misero che non trova aiuto,
avrà pietà del debole e del povero
e salverà la vita dei suoi miseri.
Benedetto il Signore, Dio di Israele, egli solo compie prodigi.
E benedetto il suo nome glorioso per sempre, della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 1,18-24.
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa,
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Sant'Alfonso Maria de' Liguori, (1696-1787), vescovo e dottore della Chiesa
Meditazioni per l’ottava di Natale, n° 8
“Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù”
Il nome Gesù è il nome divino che il Signore ha rivelato a Maria attraverso l’arcangelo Gabriele : “Lo chiamerai Gesù” (Lc 1,31). Per questo motivo lo si definisce “al di sopra di ogni altro nome”, “il solo nome nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (Fil 2,9 ; At 4,12). E’ un nome paragonato per lo Spirito Santo all’olio “profumo olezzante è il tuo nome” (Ct 1,3). Perché ? Lo spiega San Bernardo : come l’olio è sia luce, che cibo e rimedio, così il nome di Gesù è luce allo spirito, cibo per il cuore, rimedio per l’anima.
Luce allo spirito : è la comparsa di questo nome che ha fatto passare il mondo dalle tenebre dell’idolatria alla chiarezza della fede. Siamo nati in un paese i cui abitanti erano pagani prima della venuta del Salvatore; saremmo come loro se non fosse venuto a illuminarci. Per questo, quanto dobbiamo ringraziare Gesù Cristo per il dono della fede! …
Cibo per il cuore : tale è anche il nome di Gesù. Ci ricorda infatti quale sofferenza ha dovuto affrontare per salvarci; così ci consola nelle tribolazioni, ci dà forza per avanzare nella strada della salvezza, rianima la nostra speranza e ci infiamma d’amore per Dio.
Rimedio, infine, per la nostra anima : il nome di Gesù la rende forte contro le tentazioni e gli attacchi dei nemici. Sentono l’invocazione del suo santo nome? Tremano e scappano le potenze degli inferi; è la parola dell’apostolo Paolo: “perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,10). Chi è tentato non cadrà se invoca Gesù: fintanto che l’invocherà, persevererà e sarà salvato (cfr Sal 17,4).
Il Papa: non si serve il Vangelo per guadagno personale. Ciò che abbiamo è per i poveri
18 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Nella Chiesa tutti devono imparare che il servizio al Vangelo deve essere “spogliato” di ogni gloria o tornaconto personali. Uno dei pilastri del magistero di Papa Francesco spicca anche tra le righe del suo lungo Messaggio inviato all’Ordine della SS. Trinità, che festeggia gli 800 anni della morte del fondatore, S. Juan de Mata, e i 400 del riformatore, S. Giovanni Batista della Concezione. Entrambi protagonisti di una vita religiosa “rispettabile, anche se forse un po’ tranquilla e sicura” ricevettero da Dio - scrive il Papa - una chiamata che “ribaltò” la loro esistenza, spingendoli a “spendersi in favore dei più bisognosi”. Per Papa Francesco, questo è l’esempio da imitare: i due Santi, osserva, “seppero accettare la sfida” e dunque “se oggi noi celebriamo la nascita del vostro fondatore e del riformatore, lo facciamo proprio perché furono in grado di rinnegare se stessi, di portare con semplicità e docilità la croce di Cristo e di essere totalmente, senza condizioni, nelle mani di Dio, perché Egli costruisse la sua opera”. E come loro, prosegue Papa Francesco, “tutti sono chiamati a sperimentare la gioia che scaturisce dall'incontro con Gesù, per superare il nostro egoismo, uscire dalla nostra comodità e andare con coraggio verso tutte le regioni che hanno bisogno della luce del Vangelo”. Il Papa ricorda come, attraverso i secoli, quella della Santissima Trinità sia stata “casa del povero, un luogo dove le ferite del corpo e guarire l'anima”, con la preghiera prima di tutto e “con l’impegno incondizionato e il servizio disinteressato e amorevole”. In effetti, afferma Papa Francesco, “i Trinitari hanno chiaro – e tutti dobbiamo impararlo – che nella Chiesa ogni responsabilità o autorità devono essere vissute come servizio. Da qui, la nostra azione deve essere spogliata di qualsiasi desiderio di guadagno personale o di promozione e deve sempre cercare di condividere tutti i talenti ricevuti da Dio, per orientarli, come buoni amministratori, allo scopo per cui ci sono stati concessi, l’aiuto per i poveri”. Poveri, insiste, che ci sono anche oggi e “sono molti. Li vediamo ogni giorno e non possiamo girare al largo, accontentandoci di una buona parola. Cristo non l’ha fatto”. Il Messaggio si chiude con una richiesta, quella di “pregare per il Papa. “Mi piace pensare che voi, nella preghiera, mettiate il Vescovo di Roma assieme ai poveri, perché – conclude Papa Francesco – questo mi ricorda che non posso dimenticarmi di loro, come non li dimenticò Gesù, che li teneva nel profondo del suo Cuore, inviato a portare loro una buona notizia e che, per mezzo della sua povertà, ha arricchito tutti noi”. (A cura di Alessandro De Carolis)
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 16/12/2013
16 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Lunedì 16 Dicembre 2013
Lunedì della III settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : B. Clemente Marchisio, Sacerdote e fondatore, B. Maria Degli Angeli (Marianna Fontanella), Carmelitana scalza
Meditazione del giorno
Sant'Agostino : “Non lo sappiamo”
Libro dei Numeri 24,2-7.15-17a.
Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato, tribù per tribù. Allora lo spirito di Dio fu sopra di lui.
Egli pronunziò il suo poema e disse: "Oracolo di Balaam, figlio di Beor, e oracolo dell'uomo dall'occhio penetrante;
oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell'Altissimo, di chi vede la visione dell'Onnipotente, e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi.
Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele!
Sono come torrenti che si diramano, come giardini lungo un fiume, come àloe, che il Signore ha piantati, come cedri lungo le acque.
Fluirà l'acqua dalle sue secchie e il suo seme come acqua copiosa. Il suo re sarà più grande di Agag e il suo regno sarà celebrato.
Egli pronunciò il suo poema e disse: "Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo dell'uomo dall'occhio penetrante,
oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell'Altissimo, di chi vede la visione dell'Onnipotente, e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi.
Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set,
Salmi 25(24),4bc-5ab.6-7bc.8-9.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua verità e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza,
in te ho sempre sperato.
Ricordati, Signore, del tuo amore,
della tua fedeltà che è da sempre;
ricordati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.
Buono e retto è il Signore,
la via giusta addita ai peccatori;
guida gli umili secondo giustizia,
insegna ai poveri le sue vie.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 21,23-27.
Entrato nel tempio, mentre insegnava gli si avvicinarono i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo e gli dissero: «Con quale autorità fai questo? Chi ti ha dato questa autorità?».
Gesù rispose: «Vi farò anch'io una domanda e se voi mi rispondete, vi dirò anche con quale autorità faccio questo.
Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Ed essi riflettevano tra sé dicendo: «Se diciamo: "dal Cielò', ci risponderà: "perché dunque non gli avete creduto?'';
se diciamo "dagli uominì', abbiamo timore della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».
Rispondendo perciò a Gesù, dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch'egli disse loro: «Neanch'io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Nord Africa) e dottore della Chiesa
Discorsi sui Salmi, Sal 109 (trad. Nuova Biblioteca Agostiniana – riv.)
“Non lo sappiamo”
Veramente fratelli, sembrava incredibile agli uomini ciò che Dio prometteva, annunciando che proprio da questo stato di mortalità, di corruzione, di abiezione e di debolezza, da questa cenere e polvere, gli uomini sarebbero divenuti uguali agli Angeli di Dio! Perciò, non solo compilò la Scrittura con gli uomini perché essi credessero, ma stabilì anche un Mediatore a garanzia della sua fedeltà, scegliendo non un qualsiasi principe, o un Angelo, o magari un Arcangelo, ma il suo unico Figlio. E così la via, per la quale ci avrebbe condotto verso quel fine che aveva promesso, ci fu da lui mostrata ed insieme offerta nella persona dello stesso suo Figlio. Sembrava, infatti, poco a Dio l'aver fatto del suo Figlio l'indicatore della via: volle farlo addirittura la via (Gv 14,6), perché noi potessimo andare per mezzo di lui che ci guida, seguire la sua strada…
Ma quanto eravamo lontani da lui! Quanto era in alto lui e quanto in basso noi! Noi eravamo degli ammalati, senza alcuna prospettiva di salvezza: fu inviato il medico, ma i malati non lo vollero conoscere. “Se l'avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria” (1Cor 2,8). Ma la morte del medico è stata la medicina del malato; il medico era venuto per visitarlo e si lasciò uccidere per guarirlo. Si è fatto conoscere ai credenti come Dio e come uomo: Dio per mezzo del quale noi siamo stati creati; uomo per mezzo del quale noi siamo stati ricreati. Una cosa era ciò che in lui appariva, altra cosa ciò che in lui era nascosto: ciò che vi era nascosto era molto più eccellente di ciò che appariva… L'uomo infermo veniva curato mediante ciò che era visibile, perché poi divenisse capace di quella visione che era nascosta, ma solo differita, non già negata o esclusa per sempre.
Francesco all'Angelus: la Chiesa non è rifugio per gente triste, è la casa della gioia
15 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
“La Chiesa non è un rifugio per gente triste”: così Papa all’Angelus nella terza domenica di Avvento, permeata dalla gioia dell’avvicinarsi del Natale. Francesco saluta e chiede preghiere ai tanti bambini, oggi in piazza San Pietro per far benedire i bambinelli dei loro presepi. Il servizio di Roberta Gisotti
Nella “domenica della gioia” ci si rallegra “perché il Signore è vicino”. “Il messaggio cristiano” è infatti la ‘buona notizia’ “per tutto il popolo”. “La Chiesa non è un rifugio per gente triste, la Chiesa è la casa della gioia!”.
“Ma quella del Vangelo – ha chiarito il Papa - non è una gioia qualsiasi. Trova la sua ragione nel sapersi accolti e amati da Dio”, che “viene a salvarci, e presta soccorso specialmente agli smarriti di cuore”. “La sua venuta in mezzo a noi irrobustisce, rende saldi, dona coraggio, fa esultare e fiorire il deserto e la steppa, cioè la nostra vita quando diventa arida: e quando diventa arida la nostra vita? Quando è senza l’acqua della Parola di Dio e del suo Spirito d’amore”. Per quanto siano grandi i nostri limiti e i nostri smarrimenti, ha rassicurato Francesco: “non ci è consentito essere fiacchi e vacillanti di fronte alle difficoltà e alle nostre stesse debolezze",
“Al contrario, siamo invitati ad irrobustire le mani, a rendere salde le ginocchia, ad avere coraggio e non temere” - ha detto Francesco - perché “Dio mostra sempre la grandezza della sua misericordia”. “Grazie al suo aiuto noi possiamo sempre ricominciare da capo: come ricominciare da capo? Qualcuno può dirmi: “No, Padre, io ne ho fatte tante… Sono un gran peccatore, una grande peccatrice… Io non posso rincominciare da capo!”. Sbagli! Tu può ricominciare da capo! Perché? Perché Lui ti aspetta, Lui è vicino a te, Lui ti ama, Lui è misericordioso, Lui ti perdona, Lui ti dà la forza di ricominciare da capo! A tutti! Siamo capaci di riaprire gli occhi, superare tristezza e pianto e intonare un canto nuovo".
“E questa gioia vera rimane anche nella prova, anche nella sofferenza”: “perché non è superficiale, ma scende nel profondo della persona che si affida a Dio e confida in Lui”.
“Quanti hanno incontrato Gesù lungo il cammino, sperimentano nel cuore una serenità e una gioia di cui niente e nessuno potrà privarli”. “Perciò, quando un cristiano diventa triste, vuol dire che si è allontanato da Gesù. Ma allora non bisogna lasciarlo solo! Dobbiamo pregare per lui, e fargli sentire il calore della comunità”.
Poi l’invocazione alla Madonna perché “ci ottenga di vivere la gioia del Vangelo in famiglia, al lavoro, in parrocchia e in ogni ambiente. “Una gioia intima, fatta di meraviglia e tenerezza”. “Quella che prova una mamma quando guarda il suo bambino appena nato, e sente che è un dono di Dio, un miracolo di cui solo ringraziare!”.
E tanta meraviglia si è vista negli occhi dei bimbi rivolti verso la finestra del Papa, venuti in piazza San Pietro per far benedire i ‘bambinelli’ dei loro presepi, e grande tenerezza si è sentita nelle parole di Francesco, che li ha salutati dopo la preghiera mariana: “Cari bambini, quando pregherete davanti al vostro presepe, ricordatevi anche di me, come io mi ricordo di voi. Vi ringrazio, e buon Natale!”.
Radio Vaticana
Migliaia di famiglie a piazza San Pietro per la tradizionale benedizione dei 'bambinelli'
15 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Nonostante la pioggia, piazza San Pietro era gremita stamane da una folla di famiglie festanti arrivate per far benedire i loro 'bambinelli'. Ad accoglierli nella Basilica vaticana è stato ilcardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, che ha celebrato la Messa per tutti i partecipanti a questo tradizionale momento natalizio, promosso dal Centro Oratori Romani. Ascoltiamo un passaggio della sua omelia, nel servizio di Marina Tomarro: “Cari ragazzi, cari giovani, cari genitori, la cultura dell’egoismo non ci permette di incontrare Dio, non ci permette di trovare la gioia, non ci permette di gustare la vita. Non solo: noi oggi non comprendiamo più tutta la bellezza e l’importanza della famiglia. Questa è un’epoca contro la famiglia! Mentre a Betlemme, il Figlio di Dio si presenta tra le braccia di una famiglia. La vera culla è la famiglia di Nazareth: Giuseppe, uomo giusto; Maria, donna immacolata. Dobbiamo riscoprire l’importanza, la bellezza della famiglia”.
Con questo invito a riscoprire la santità e la bellezza della famiglia, il cardinale Angelo Comastri ha salutato i partecipanti alla celebrazione eucaristica che ha preceduto la tradizionale benedizione dei Bambinelli, che nella notte di Natale verranno messi nei Presepi delle case romane. Il porporato ha ricordato che la tradizione dell’Angelus fu iniziata il 9 novembre del 1958 da Papa Giovanni XXIII che – come raccontava – aveva imparato questa semplice preghiera nella sua casa natale da piccolo. “E Papa Giovanni continuava: ‘Nella mia casa non c’era nessun lusso. Quasi tutti i giorni avevamo la polenta; le scarpe solo per le grandi feste, altrimenti o scalzi o con gli zoccoli; i vestiti da fratello a fratello, da sorella a sorella. Però nella mia casa io ci stavo tanto bene e anche ora che sono vecchio ho nostalgia di quella casa, perché era piena di Dio!’. Cari bambini, cari genitori, cari educatori ridate ai figli la bellezza di famiglie così. Il Bambinello che portate nelle vostre casa vi ricorda che Gesù deve nascere nella famiglia, deve nascere del cuore e quando nasce Gesù la casa si riempie di gioia”.
D. - Ma perché questa benedizione è tanta cara ai romani? R. – Abbiamo portato i bambini qui perché è una cosa bellissima e perché i bambini certamente credono che questo bambino che arriva è il Figlio di Dio. D. – Il cardinale Comastri, nella Messa, vi ha invitato anche a riscoprire la bellezza e la santità della famiglia. Allora, in che modo si può riscoprire questa bellezza in questo periodo di Avvento? R. – In particolare vivendo questa attesa: l’attesa di una vita nell’amore. La famiglia effettivamente è chiamata ad essere luogo dove ci si ama, nel piccolo, nel quotidiano. Allora credere è attendere che Gesù è questo amore che viene a renderci capace di amare. Questa è la riscoperta che vogliamo fare ogni giorno. D. – Tu perché sei qui, oggi? R. – Per benedire il Bambinello. D. – Quanto vuoi bene tu a Gesù Bambino? R. – Tanto! Per questo sono qui, proprio perché gli voglio bene e voglio che Lui sia benedetto dal Papa! D. – In che modo vivete l’Avvento? R. – Con piccoli gesti, quelli della tradizione: quindi la benedizione dei Bambinelli, il presepe, le candele dell’Avvento… Passano attraverso le piccole cose le grandi verità di fede.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 14/12/2013
14 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Sabato 14 Dicembre 2013
Sabato della II settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : S. Giovanni della Croce, Sac., fond. e Dottore della Chiesa, S. Nimatullah (Youssef) Kassab Al-Hardini, Sac. maronita
Meditazione del giorno
Sant'Agostino : “La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni” (Mt 11,13)
Libro dell’Ecclesiastico 48,1-4.9-11.
Allora sorse Elia profeta, simile al fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola.
Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi.
Per comando del Signore chiuse il cielo, fece scendere così tre volte il fuoco.
Come ti rendesti famoso, Elia, con i prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale?
Fosti assunto in un turbine di fuoco su un carro di cavalli di fuoco,
designato a rimproverare i tempi futuri per placare l'ira prima che divampi, per ricondurre il cuore dei padri verso i figli e ristabilire le tribù di Giacobbe.
Beati coloro che ti videro e che si sono addormentati nell'amore! Perché anche noi vivremo certamente.
Salmi 80(79),2ac.3b.15-16.18-19.
Tu, pastore d'Israele, ascolta,
tu che guidi Giuseppe come un gregge.
Assiso sui cherubini rifulgi
davanti a Efraim, Beniamino e Manasse.
Risveglia la tua potenza
e vieni in nostro soccorso.
Dio degli eserciti, volgiti,
guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato,
il germoglio che ti sei coltivato.
Sia la tua mano sull'uomo della tua destra,
sul figlio dell'uomo che per te hai reso forte.
Da te più non ci allontaneremo,
ci farai vivere e invocheremo il tuo nome.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 17,10-13.
Allora i discepoli gli domandarono: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?».
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa.
Ma io vi dico: Elia è gia venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni il Battista.
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Nord Africa) e dottore della Chiesa
Discorsi sui Salmi, Sal 109 (Nuova Biblioteca Agostiniana)
“La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni” (Mt 11,13)
Dio ha stabilito il tempo per le sue promesse ed ha stabilito il tempo per adempiere ciò che aveva promesso. Il tempo delle promesse fu quello che va dai Profeti fino a Giovanni Battista; quello, invece, che di là procede in avanti fino alla fine, è il tempo dell'adempimento delle promesse. Ed è fedele Dio, il quale si è fatto nostro debitore, non perché ha ricevuto qualcosa da noi, ma perché a noi ha promesso cose tanto grandi. Gli parve poco la promessa, ed allora volle obbligarsi anche per iscritto e ci rilasciò, per così dire, il documento autografo di queste sue promesse, perché, quando avesse cominciato a soddisfarle, noi potessimo riscontrare in tale scrittura l'ordine secondo cui sarebbero state soddisfatte. Il tempo, dunque, delle profezie costituiva - come tante volte abbiamo detto - l'annuncio delle promesse.
Dio ci ha promesso la salvezza eterna, la vita beata e senza fine con gli Angeli, l'eredità incorruttibile (1Pt 1,4), la gloria eterna, la gioia di vedere il suo volto, la sua santa abitazione nel cielo e, con la risurrezione dai morti, la certezza senza più il timore di morire. Tutto questo costituisce, per così dire, la sua promessa finale, dove già si dirige ogni nostro sforzo e dove, quando vi saremo giunti, non avremo più nulla da ricercare o da esigere.
E neppure ha omesso, nelle sue promesse e nei suoi preannunci, di dirci in che ordine si giunga a quel che avverrà alla fine. Difatti, ha promesso agli uomini la divinità, ai mortali l'immortalità, ai peccatori la giustificazione, ai disperati la glorificazione.
Papa Francesco: la tratta è un crimine contro l'umanità
13 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco: l'Albero di Natale è segno della gioia di Gesù che illumina il mondo
13 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Anche oggi Gesù viene a dissipare le tenebre del mondo con la sua luce. Con questo pensiero ispirato all’Avvento, Papa Francesco ha accolto e ringraziato questa mattina in Vaticano l’ampia delegazione della Baviera, giunta in pellegrinaggio a Roma per partecipare all’accensione, oggi pomeriggio alle 16.30, dell’Albero di Natale in Piazza San Pietro, donato dal land tedesco. Il servizio di Alessandro De Carolis: Sette tonnellate abbondanti di rami verdi che svettano appuntendosi verso il cielo, a indicare l’origine della “grande luce” che da duemila anni mostra al mondo una strada di speranza e salvezza. Il maestoso Albero di Natale bavarese che tra poche ore illuminerà Piazza San Pietro ha questo significato e Papa Francesco lo ha sottolineato alle circa 350 persone che proprio dalla Baviera hanno voluto raggiungere Roma per fare corona a quella che è da tanti anni una tradizione natalizia vaticana: “A Natale riecheggia in ogni luogo il lieto annuncio dell’angelo ai pastori di Betlemme: ‘Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore’ Quei pastori – dice il Vangelo – furono avvolti da una grande luce. Anche oggi Gesù continua a dissipare le tenebre dell’errore e del peccato, per recare all’umanità la gioia della sfolgorante luce divina, di cui l’albero natalizio è segno e richiamo”.
Era dal 1984 che un abete natalizio proveniente dalla Germania non campeggiava in Piazza San Pietro. Nella fattispecie, l’albero monumentale proviene dal comune di Waldmünchen, nell’Alto Palatinato, insieme al quale la delegazione bavarese ha fatto giungere altri alberi più piccoli, che orneranno vari ambienti della Città del Vaticano: “Con questi doni, tanto graditi, voi avete voluto manifestare la vicinanza spirituale e l’amicizia che legano la Germania tutta, e in particolare la Baviera, alla Santa Sede, nel solco della tradizione cristiana che ha fecondato la cultura, la letteratura e l’arte della vostra Nazione e dell’Europa intera”.
Come accade ormai da alcuni anni, il legno dell’Albero di Natale sarà utilizzato per la creazione di piccoli oggetti di uso quotidiano e di giocattoli da destinare ai bambini di famiglie indigenti.
Radio Vaticana
Santa LUCIA - Vergine e Martire
13 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Santa Lucia Vergine e martire
13 dicembre
Siracusa, III secolo - Siracusa, 13 dicembre 304
La vergine e martire Lucia è una delle figure più care alla devozione cristiana.
Come ricorda il Messale Romano è una delle sette donne menzionate nel Canone Romano.
Vissuta a Siracusa, sarebbe morta martire sotto la persecuzione di Diocleziano (intorno all'anno 304).
Gli atti del suo martirio raccontano di torture atroci inflittele dal prefetto Pascasio,
che non voleva piegarsi ai segni straordinari che attraverso di lei Dio stava mostrando.
Proprio nelle catacombe di Siracusa, le più estese al mondo dopo quelle di Roma,
è stata ritrovata un'epigrafe marmorea del IV secolo che è la testimonianza più antica del culto di Lucia.
Una devozione diffusasi molto rapidamente: già nel 384 sant'Orso le dedicava una chiesa a Ravenna,
papa Onorio I poco dopo un'altra a Roma. Oggi in tutto il mondo si trovano reliquie di Lucia e opere d'arte a lei ispirate. (Avvenire)
Patronato: Siracusa, ciechi, oculisti, elettricisti, contro le malattie degli occhi e le ca
Etimologia: Lucia = luminosa, splendente, dal latino
Emblema: Occhi su un piatto, Giglio, Palma, Libro del Vangelo
Martirologio Romano: Memoria di santa Lucia, vergine e martire, che custodì, finché visse,
la lampada accesa per andare incontro allo Sposo e, a Siracusa in Sicilia condotta alla morte per Cristo,
meritò di accedere con lui alle nozze del cielo e di possedere la luce che non conosce tramonto.
VANGELO DEL GIORNO - 13/12/2013
13 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Venerdì 13 Dicembre 2013
Venerdì della II settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : S. Lucia, Vergine e martire (memoria)
Meditazione del giorno
Santa Gertrude di Helfta : “Cristo Gesù per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1Cor 1,30)
Libro di Isaia 48,17-19.
Dice il Signore tuo redentore, il Santo di Israele: "Io sono il Signore tuo Dio che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare.
Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare.
La tua discendenza sarebbe come la sabbia e i nati dalle tue viscere come i granelli d'arena; non sarebbe mai radiato né cancellato il tuo nome davanti a me".
Salmi 1,1-2.3.4.6.
Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.
Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua,
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere.
Non così, non così gli empi:
ma come pula che il vento disperde.
Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 11,16-19.
Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
E' venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.
E' venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere».
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Santa Gertrude di Helfta (1256-1301), monaca benedettina
Esercizi, n° 8 Sesta ; SC 127
“Cristo Gesù per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1Cor 1,30)
Ammirabile Sapienza di Dio, quanto è potente e radiosa la tua voce ! Chiami a te senza alcuna eccezione tutti coloro che ti desiderano; fai la tua dimora nelle anime semplici; ami coloro che ti amano (Pr 8,17); assumi la causa del povero; con benevolenza, hai di tutti pietà. “Nulla disprezzi di quanto hai creato”; “Non guardi ai peccati degli uomini” e con misericordia li attendi in vista del pentimento (Sap 11,23-24). … Tu che fai nuove tutte le cose, di grazia, rinnovami e santificami in te, affinché tu viva nella mia anima… Fa’ che, fin dal mattino, vegli in tua attesa, per cercarti veramente (Is 26,9; Sap 6,12-14); vieni a me, perché ti desideri in verità con ardore.
Con quale prudenza porti avanti i tuoi disegni ! Con quale provvidenza tutto disponi! Con l’obiettivo di salvare l’uomo, hai ispirato nel Re della gloria (Sal 24,8; 1Cor 2,8)… il pensiero della pace, il compimento della carità: hai nascosto la sua maestà, hai messo sulle sue spalle il tempo favorevole dell’amore, affinché egli “porti i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce” (1Pt 2,24). Sì, Sapienza radiosa di Dio, la malizia del diavolo non ha potuto ostacolare alcuna delle tue magnifiche opere …; per quanto grande sia stato il male che abbiamo fatto, non ha prevalso sulla tua infinita misericordia, sull’immensità del tuo amore, sulla pienezza della tua bontà. Anzi, di più, il tuo agire determinato ha vinto ogni ostacolo, governando con bontà ogni cosa, “estendendosi da un confine all'altro con forza” (Sap 8,1).
Un anno di @Pontifex. Mons. Celli: lungimirante la scelta di Benedetto XVI
12 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il 12 dicembre di un anno fa, Benedetto XVI apriva il suo account Twitter @Pontifex. Un evento di portata mondiale, che sottolineò - al massimo livello - l’impegno della Chiesa nell’annuncio del Vangelo nei social network. Dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro, il testimone è stato raccolto da Papa Francesco con successo, visto che oggi @Pontifex - declinato in 9 lingue - si avvicina agli 11 milioni di follower in tutto il mondo. Alessandro Gisotti ha chiesto all’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del dicastero per le Comunicazioni Sociali, di tracciare un bilancio di questo primo anno del Papa su Twitter: R. – Quando Papa Benedetto XVI lanciò il primo tweet, era pienamente consapevole dell’importanza di quel momento. Posso confidare che quel giorno gli dissi proprio: “Padre Santo, mentre lei lanciava il primo tweet, io pensavo a ciò che fece il suo predecessore Pio XI, quando per la prima volta alla Radio Vaticana lanciava il suo primo messaggio”. E il Papa mi guardò sorridendo e mi disse: “Sa che ci ho pensato anch’io?” Il che vuol dire che Papa Benedetto era pienamente consapevole dell’importanza di questa sua presenza in uno dei linguaggi, come quello di Twitter, più utilizzati, specialmente in campo giovanile. E oggi, con Papa Francesco, tutti siamo consapevoli che quella decisione, presa un anno fa, fu lungimirante, positiva. Oggi, abbiamo ormai 11 milioni di follower, ma quello che a noi più interessa è che almeno 60 milioni di persone, attraverso il "retwittaggio" ricevono una parola del Papa, questo breve messaggio, in una situazione di desertificazione spirituale, come diceva Papa Benedetto. Anche una goccia di acqua fresca, dunque, qual è un tweet - 140 caratteri - ha una sua valenza, una sua importanza. D. – Qual è, secondo lei, il contributo specifico che "Pontifex" sta dando allo sforzo di evangelizzazione del cosiddetto "continente digitale"? R. - Anche in questo continente deve risuonare la parola di Gesù. Anche perché molti dei suoi abitanti, se non trovano la Parola di Gesù in questo contesto, non la troveranno da altre parti. E credo che questa sia la sfida per tutti noi. Qui direi che dobbiamo riscoprire come ognuno di noi sia presente in questo contesto ambientale, dobbiamo assumere una dimensione missionaria che non è proselitismo. Nel contesto del "continente digitale", dobbiamo far sì che questa parola risuoni. Faccio mio un pensiero di Benedetto XVI, quando parlava delle "Reti sociali". Il Papa diceva che il problema non è di fare citazioni formali del Vangelo, ma nella Rete, in questo ambiente, devono essere presenti valutazioni e testimonianze personali. Direi quasi che i discepoli del Signore dovrebbero far presente in questa contestualità quella che è la sintesi tra la loro fede e la loro vita. D. - Nella Evangelii gaudium, Papa Francesco esorta a essere audaci e creativi nel linguaggio. I social network possono aiutare in questo impegno, secondo lei? R. – Credo che la grande sfida per noi, oggi, sia quella di annunciare il Vangelo con un linguaggio che gli uomini e le donne di oggi possano comprendere. Papa Francesco, nella sua Esortazione apostolica, dedica molte pagine e riflessioni al tema del linguaggio, perché il grande rischio è che addirittura il messaggio stesso possa essere travisato. Il Papa dice che potremmo annunciare un "Dio falso", con tutte le buone intenzioni che possiamo avere in cuore. Alle volte, il rischio è proprio che il linguaggio cambi il messaggio. Allora ecco qui il bisogno di poter utilizzare invece un linguaggio che gli uomini di oggi riescano a capire. D. – Proprio, nei giorni scorsi, parlando alla Plenaria dei laici, Papa Francesco ha detto che la presenza della Chiesa in Internet è indispensabile, perché la tecnologia non basta... R. – Io penso che il Papa abbia ricordato a tutti noi che oggi comunicazione non è solamente sforzo tecnologico. Credo che dobbiamo riscoprire che alla base della nostra comunicazione c’è una visione di Chiesa e Papa Francesco sta invitando tutti noi a una conversione pastorale, nel senso che siamo chiamati a dare un volto a questa Chiesa, un volto più attento, più vicino all’uomo e alla donna di oggi, che camminano per le strade difficili di questo mondo. Papa Francesco invita a dare vita a una cultura dell’incontro. Anzi, proprio il tema da lui scelto per la prossima Giornata mondiale della comunicazione è “Una comunicazione per una cultura dell’incontro”. E’ una Chiesa che va incontro all’uomo, che mostra la sua simpatia per l’uomo, che è accanto all’uomo: che non impone, ma propone, che sa dialogare rispettosamente con tutti. La sottolineatura è qui: una comunicazione che si fa incontro con l’uomo di oggi.
Radio Vaticana
Papa Francesco, Personaggio dell'Anno di Time. P. Lombardi: segno positivo per l'annuncio del Vangelo
12 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco è il Personaggio dell’Anno del 2013. A proclamarlo la rivista Time. L’annuncio è stato dato dal direttore del prestigioso settimanale americano, Nancy Gibbs. Papa Francesco è il terzo Pontefice ad essere stato nominato “personaggio dell’anno” dalla rivista Time. Nel 1962 il riconoscimento era andato a Giovanni XXIII, nel 1994 Giovanni Paolo II. Il commento del direttore della Sala Stampa vaticana di padre Federico Lombardi: “La cosa non stupisce, data la risonanza e l’attenzione vastissima dell’elezione del Papa Francesco e dell’inizio del nuovo pontificato. E’ un segno positivo che uno dei riconoscimenti più prestigiosi nell’ambito della stampa internazionale sia attribuito a chi annuncia nel mondo valori spirituali, religiosi e morali e parla efficacemente in favore della pace e di una maggiore giustizia. Quanto al Papa, per parte sua, non cerca fama e successo, perché fa il suo servizio per l’annuncio del Vangelo dell’amore di Dio per tutti. Se questo attrae donne e uomini e dà loro speranza, il Papa è contento. Se questa scelta “dell’uomo dell’anno” significa che molti hanno capito – almeno implicitamente – questo messaggio, egli certamente se ne rallegra.
Radio Vaticana
Papa Francesco: fare silenzio per ascoltare la tenerezza di Dio
12 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Preparandoci al Natale ci farà bene fare un po’ di silenzio per ascoltare Dio che ci parla con la tenerezza di un papà e di una mamma: è questo, in sintesi, quanto ha detto oggi Papa Francesco nella Messa presieduta a Santa Marta in questo secondo giovedì del Tempo di Avvento. Il servizio di Sergio Centofanti:
Prendendo spunto dalla lettura tratta dal profeta Isaia, il Papa sottolinea non tanto “quello che dice il Signore”, ma “come lo dice”. Dio ci parla come fanno un papà e una mamma con il loro bambino: “Quando il bambino fa un brutto sogno, si sveglia, piange … papà va e dice: non temere, non temere, ci sono io, qui. Così ci parla il Signore. ‘Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva di Israele’. Il Signore ha questo modo di parlarci: si avvicina … Quando guardiamo un papà o una mamma che parlano al loro figliolo, noi vediamo che loro diventano piccoli e parlano con la voce di un bambino e fanno gesti di bambini. Uno che guarda dal di fuori può pensare: ma questi sono ridicoli! Si rimpiccioliscono, proprio lì, no? Perché l’amore del papà e della mamma ha necessità di avvicinarsi, dico questa parola: di abbassarsi proprio al mondo del bambino. Eh sì: se papà e mamma gli parlano normalmente, il bambino capirà lo stesso; ma loro vogliono prendere il modo di parlare del bambino. Si avvicinano, si fanno bambini. E così è il Signore”.
I teologi greci – ricorda il Papa – spiegavano questo atteggiamento di Dio con “una parola ben difficile: la synkatábasi”, ovvero “la condiscendenza di Dio che discende a farsi come uno di noi”: “E poi, il papà e la mamma dicono anche cose un po’ ridicole al bambino: ‘Ah, amore mio, giocattolo mio …’, e tutte queste cose. Anche il Signore lo dice: ‘Vermiciattolo di Giacobbe’, ‘tu sei come un vermiciattolo per me, una cosina piccolina, ma ti amo tanto’. Questo è il linguaggio del Signore, il linguaggio d’amore di padre, di madre. Parola del Signore? Sì, sentiamo quello che ci dice. Ma anche vediamo come lo dice. E noi dobbiamo fare quello che fa il Signore, fare quello che dice e farlo come lo dice: con amore, con tenerezza, con quella condiscendenza verso i fratelli”.
Dio – spiega Papa Francesco citando l’incontro di Elia con il Signore - è come “la brezza soave”, o - come dice il testo originale – “un filo sonoro di silenzio”: così “si avvicina il Signore, con quella sonorità del silenzio propria dell’amore. Senza dare spettacolo”. E “si fa piccolo per farmi potente; Lui va alla morte, con quella condiscendenza, perché io possa vivere”: “Questa è la musica del linguaggio del Signore, e noi nella preparazione al Natale dobbiamo sentirla: ci farà bene sentirla, ci farà tanto bene. Normalmente, il Natale sembra una festa di molto rumore: ci farà bene fare un po’ di silenzio e sentire queste parole di amore, queste parole di tanta vicinanza, queste parole di tenerezza … ‘Tu sei un vermiciattolo, ma io ti amo tanto!’. Per questo. E fare silenzio, in questo tempo in cui, come dice il prefazio, noi siamo vigilanti in attesa”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 12/12/2013
12 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Giovedì 12 Dicembre 2013
Giovedì della II settimana di Avvento
Oggi la Chiesa celebra : Beata Vergine Maria di Guadalupe (memoria facoltativa)
Santo(i) del giorno : B. Giacomo Capocci da Viterbo, Vescovo di Benevento e Napoli
Meditazione del giorno
Sant'Ilario di Poitiers : « La Legge e tutti i Profeti hanno profetato fino a Giovanni »
Libro di Isaia 41,13-20.
Poiché io sono il Signore tuo Dio che ti tengo per la destra e ti dico: "Non temere, io ti vengo in aiuto".
Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva di Israele; io vengo in tuo aiuto - oracolo del Signore - tuo redentore è il Santo di Israele.
Ecco, ti rendo come una trebbia acuminata, nuova, munita di molte punte; tu trebbierai i monti e li stritolerai, ridurrai i colli in pula.
Li vaglierai e il vento li porterà via, il turbine li disperderà. Tu, invece, gioirai nel Signore, ti vanterai del Santo di Israele.
I miseri e i poveri cercano acqua ma non ce n'è, la loro lingua è riarsa per la sete; io, il Signore, li ascolterò; io, Dio di Israele, non li abbandonerò.
Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli; cambierò il deserto in un lago d'acqua, la terra arida in sorgenti.
Pianterò cedri nel deserto, acacie, mirti e ulivi; porrò nella steppa cipressi, olmi insieme con abeti;
perché vedano e sappiano, considerino e comprendano a un tempo che questo ha fatto la mano del Signore, lo ha creato il Santo di Israele.
Salmi 145(144),1.9.10-11.12-13ab.
Lodi. Di Davide. O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
per manifestare agli uomini i tuoi prodigi
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è regno di tutti i secoli,
il tuo dominio si estende ad ogni generazione.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 11,11-15.
In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.
Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.
La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni.
E se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire.
Chi ha orecchi intenda.
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Sant'Ilario di Poitiers (ca 315-367), vescovo, dottore della Chiesa
Trattato sui misteri ; SC 19
« La Legge e tutti i Profeti hanno profetato fino a Giovanni »
Come il padrone nel vangelo di san Luca fa tre visite al fico sterile (Lc 13,6), così la Santa Madre Chiesa segna ogni anno la venuta del Signore con un periodo distinto di tre settimane. « Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto » (Lc 19,10). È venuto prima della Legge, poiché ha fatto conoscere, mediante la ragione naturale, ciò che ognuno doveva fare o seguire (Rm 1, 20). È venuto sotto la Legge poiché, mediante gli esempi dei patriarchi e la voce dei profeti, ha confermato alla discendenza di Abramo i decreti della Legge. È venuto una terza volta dopo la Legge, mediante la grazia, per chiamare i pagani, affinché « dal sorgere del sole al suo tramonto i figli imparassero a lodare il nome del Signore » (Sal 113, 1-3), questi figli che, fino alla fine del mondo, non cessa di chiamare alla lode della sua gloria.
Infatti, tutto quello che è contenuto nei libri sacri annunzia con parole, rivela con fatti e dimostra con esempi la venuta di Gesù Cristo nostro Signore... Attraverso prefigurazioni vere e palesi – il sonno di Adamo, il diluvio di Noè, la giustificazione di Abramo, la nascita di Isacco, la schiavitù di Giuseppe – nei patriarchi, è Lui che genera, purifica, santifica, elegge o riscatta la Chiesa. In una parola, tutte le profezie, cioè la rivelazione progressiva del disegno segreto di Dio, ci sono state date affinché conoscessimo la sua Incarnazione che si sarebbe compiuta... Ogni figura, ogni epoca, ogni fatto proietta, come in uno specchio, l'immagine della sua venuta, della sua predicazione, della sua Passione, della sua risurrezione e del nostro radunarci nella Chiesa... Cominciando da Adamo, punto di partenza della nostra conoscenza del genere umano, troviamo annunciato fin dal principio del mondo ciò che riceve nel Signore il suo totale compimento.
Udienza generale. Il Papa: non avere paura del giudizio finale, ma bisogna aprire il cuore all'amore di Dio
11 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Oggi all’udienza generale, Papa Francesco ha svolto l’ultima catechesi sulla professione di fede, trattando l’affermazione «Credo la vita eterna». In particolare si è soffermato sul giudizio finale. “Ma – ha subito detto - non avere paura! Sentiamo quello che dice la Parola di Dio. Al riguardo, leggiamo nel vangelo di Matteo: Allora Cristo «verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli… E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra… E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,31-33.46). Quando pensiamo al ritorno di Cristo e al suo giudizio finale, che manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena, percepiamo di trovarci di fronte a un mistero che ci sovrasta, che non riusciamo nemmeno a immaginare. Un mistero che quasi istintivamente suscita in noi un senso di timore, e magari anche di trepidazione. Se però riflettiamo bene su questa realtà, essa non può che allargare il cuore di un cristiano e costituire un grande motivo di consolazione e di fiducia”. “A questo proposito – ha proseguito - la testimonianza delle prime comunità cristiane risuona quanto mai suggestiva. Esse infatti erano solite accompagnare le celebrazioni e le preghiere con l’acclamazione Maranathà, un’espressione costituita da due parole aramaiche che, a seconda di come vengono scandite, si possono intendere come una supplica: «Vieni, Signore!», oppure come una certezza alimentata dalla fede: «Sì, il Signore viene, il Signore è vicino». È l’esclamazione in cui culmina tutta la Rivelazione cristiana, al termine della meravigliosa contemplazione che ci viene offerta nell’Apocalisse di Giovanni (cfr Ap 22,20). In quel caso, è la Chiesa-sposa che, a nome dell’umanità intera, di tutta l’umanità, e in quanto sua primizia, si rivolge a Cristo, suo sposo, non vedendo l’ora di essere avvolta dal suo abbraccio: un abbraccio - l’abbraccio di Gesù - che è pienezza di vita, è pienezza di amore. Così ci abbraccia Gesù! Se pensiamo al giudizio in questa prospettiva, ogni paura e titubanza viene meno e lascia spazio all’attesa e a una profonda gioia: sarà proprio il momento in cui verremo giudicati finalmente pronti per essere rivestiti della gloria di Cristo, come di una veste nuziale, ed essere condotti al banchetto, immagine della piena e definitiva comunione con Dio”. Il Papa ha poi proseguito: “Un secondo motivo di fiducia viene offerto dalla constatazione che, nel momento del giudizio, non saremo lasciati soli. È Gesù stesso, nel Vangelo di Matteo, a preannunciare come, alla fine dei tempi, coloro che lo avranno seguito prenderanno posto nella sua gloria, per giudicare insieme a lui, tutti. (cfr Mt 19,28). L’apostolo Paolo poi, scrivendo alla comunità di Corinto, afferma: «Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? Quanto più le cose di questa vita!» (1 Cor 6,2-3). Che bello sapere che in quel frangente, oltre che su Cristo, nostro Paràclito, nostro Avvocato presso il Padre (cfr 1 Gv 2,1), potremo contare sull’intercessione e sulla benevolenza di tanti nostri fratelli e sorelle più grandi che ci hanno preceduto nel cammino della fede, che hanno offerto la loro vita per noi e che continuano ad amarci in modo indicibile! I santi già vivono al cospetto di Dio, nello splendore della sua gloria pregando per noi che ancora viviamo sulla terra. Quanta consolazione suscita nel nostro cuore questa certezza! La Chiesa è davvero una madre e, come una mamma, cerca il bene dei suoi figli, soprattutto quelli più lontani e afflitti, finché troverà la sua pienezza nel corpo glorioso di Cristo con tutte le sue membra”. “Un’ulteriore suggestione – ha aggiunto - ci viene offerta dal Vangelo di Giovanni, dove si afferma esplicitamente che «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nell’unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,17-18). Questo significa che il giudizio” finale “ è già in atto, incomincia adesso, nel corso della nostra esistenza. Tale giudizio è pronunciato in ogni istante della vita, come riscontro della nostra accoglienza con fede della salvezza presente ed operante in Cristo, oppure della nostra incredulità, con la conseguente chiusura in noi stessi”. A braccio ha detto: “Ma se noi ci chiudiamo - noi stessi - all’amore di Gesù, siamo noi stessi che ci condanniamo! Siamo condannati da noi stessi! La salvezza è aprirsi a Gesù e Lui ci salva. Se siamo peccatori - tutti, tutti lo siamo, tutti! - chiediamo perdono e andiamo con la voglia di essere buoni, il Signore ci perdona. Ma per questo dobbiamo aprirci, aprirci all’amore di Gesù, che è più forte di tutte le altre cose. L’amore di Gesù grande! L’amore di Gesù è misericordioso! L’amore di Gesù perdona! Ma tu devi aprirti e aprirsi significa pentirsi, lamentarsi delle cose che non sono buone che abbiamo fatto”. “Il Signore Gesù – ha affermato - si è donato e continua a donarsi a noi, per ricolmarci di tutta la misericordia. Siamo noi quindi che possiamo diventare in un certo senso giudici di noi stessi, autocondannandoci all’esclusione dalla comunione con Dio e con i fratelli. Non stanchiamoci, pertanto, di vigilare sui nostri pensieri e sui nostri atteggiamenti, per pregustare fin da ora il calore e lo splendore del volto di Dio. E quello sarà bellissimo! Di quel Dio che nella vita eterna contempleremo in tutta la sua pienezza”. Il Papa ha concluso parlando a braccio: “ Avanti! Avanti, pensando in questo giudizio che comincia adesso. E’ incominciato… Avanti, facendo che il nostro cuore sia aperto a Gesù, alla sua salvezza. Avanti, senza paura perché l’amore di Gesù è più grande e se noi chiediamo perdono dei nostri peccati, Lui ci perdona! E’ così Gesù! Avanti con questa certezza, che ci porterà alla gloria del cielo. Grazie!”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 11/12/2013
11 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Mercoledì 11 Dicembre 2013
Mercoledì della II settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : S. Damaso I, Papa (memoria facoltativa), S. María Maravillas de Jesús, Carmelitana scalza, fondatrice
Meditazione del giorno
Papa Francesco: “Venite a me”
Libro di Isaia 40,25-31.
"A chi potreste paragonarmi quasi che io gli sia pari?" dice il Santo.
Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato quegli astri? Egli fa uscire in numero preciso il loro esercito e li chiama tutti per nome; per la sua onnipotenza e il vigore della sua forza non ne manca alcuno.
Perché dici, Giacobbe, e tu, Israele, ripeti: "La mia sorte è nascosta al Signore e il mio diritto è trascurato dal mio Dio?".
Non lo sai forse? Non lo hai udito? Dio eterno è il Signore, creatore di tutta la terra. Egli non si affatica né si stanca, la sua intelligenza è inscrutabile.
Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato.
Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono;
ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi.
Salmi 103(102),1-2.3-4.8.10.
Di Davide.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia;
Buono e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 11,28-30.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
La pienezza cui Gesù porta la fede ha un altro aspetto decisivo. Nella fede, Cristo non è soltanto Colui in cui crediamo, la manifestazione massima dell’amore di Dio, ma anche Colui al quale ci uniamo per poter credere. La fede, non solo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere. In tanti ambiti della vita ci affidiamo ad altre persone che conoscono le cose meglio di noi. Abbiamo fiducia nell’architetto che costruisce la nostra casa, nel farmacista che ci offre il medicamento per la guarigione, nell’avvocato che ci difende in tribunale. Abbiamo anche bisogno di qualcuno che sia affidabile ed esperto nelle cose di Dio. Gesù, suo Figlio, si presenta come Colui che ci spiega Dio (cfr Gv 1,18. La vita di Cristo — il suo modo di conoscere il Padre, di vivere totalmente nella relazione con Lui — apre uno spazio nuovo all’esperienza umana e noi vi possiamo entrare.
San Giovanni ha espresso l’importanza del rapporto personale con Gesù per la nostra fede attraverso vari usi del verbo credere. Insieme al "credere che" è vero ciò che Gesù ci dice (cfr Gv 14,10; 20,31), Giovanni usa anche le locuzioni "credere a" Gesù e "credere in" Gesù. "Crediamo a" Gesù, quando accettiamo la sua Parola, la sua testimonianza, perché egli è veritiero (cfr Gv 6,30). "Crediamo in" Gesù, quando lo accogliamo personalmente nella nostra vita e ci affidiamo a Lui, aderendo a Lui nell’amore e seguendolo lungo la strada (cfr Gv 2,11; 6,47; 12,44).
Per permetterci di conoscerlo, accoglierlo e seguirlo, il Figlio di Dio ha assunto la nostra carne, e così la sua visione del Padre è avvenuta anche in modo umano, attraverso un cammino e un percorso nel tempo. La fede cristiana è fede nell’Incarnazione del Verbo e nella sua Risurrezione nella carne; è fede in un Dio che si è fatto così vicino da entrare nella nostra storia. La fede nel Figlio di Dio fatto uomo in Gesù di Nazaret non ci separa dalla realtà, ma ci permette di cogliere il suo significato più profondo, di scoprire quanto Dio ama questo mondo e lo orienta incessantemente verso di Sé; e questo porta il cristiano a impegnarsi, a vivere in modo ancora più intenso il cammino sulla terra.
Il Papa: la porta del Signore è sempre aperta, il cristiano non perda mai la speranza
10 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Quando Gesù si avvicina a noi, sempre apre le porte e ci dà speranza. E’ quanto affermato da Papa Francesco, stamani, nella Messa alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che non dobbiamo avere paura della consolazione del Signore, ma anzi dobbiamo chiederla e cercarla. Una consolazione che ci fa sentire la tenerezza di Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti: “Consolate, consolate il mio popolo”. Papa Francesco ha iniziato la sua omelia soffermandosi su un passo del Libro del Profeta Isaia, Libro della consolazione d’Israele. Il Signore, ha osservato, si avvicina al suo popolo per consolarlo, “per dargli pace”. E questo “lavoro di consolazione” è così forte che “rifà tutte le cose”. Il Signore compie una vera ri-creazione: “Ricrea le cose. E la Chiesa non si stanca di dire che questa ri-creazione è più meravigliosa della creazione. Il Signore più meravigliosamente ricrea. E così visita il suo popolo: ricreando, con quella potenza. E sempre il popolo di Dio aveva questa idea, questo pensiero, che il Signore verrà a visitarlo. Ricordiamo le ultime parole di Giuseppe ai suoi fratelli: ‘Quando il Signore vi visiterà portate con voi le mie ossa’. Il Signore visiterà il suo popolo. E’ la speranza di Israele. Ma lo visiterà con questa consolazione”. “E la consolazione – ha proseguito – è questo rifare tutto non una volta, tante volte, con l’universo e anche con noi”. Questo “rifare del Signore”, ha detto il Papa, ha due dimensioni che è importante sottolineare. “Quando il Signore si avvicina – ha affermato – ci dà speranza; il Signore rifà con la speranza; sempre apre una porta. Sempre”. Quando il Signore si avvicina a noi, ha tenuto a ribadire, “non chiude le porte, le apre”. Il Signore “nella sua vicinanza – ha soggiunto – ci dà la speranza, questa speranza che è una vera fortezza nella vita cristiana. E’ una grazia, è un dono”: “Quando un cristiano dimentica la speranza, o peggio perde la speranza, la sua vita non ha senso. E’ come se la sua vita fosse davanti ad un muro: niente. Ma il Signore ci consola e ci rifà, con la speranza, andare avanti. E anche lo fa con una vicinanza speciale a ognuno, perché il Signore consola il suo popolo e consola ognuno di noi. Bello come il brano di oggi finisce: ‘Come un pastore egli fa pascolare il gregge, e con il suo braccio lo raduna, porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri’. Quell’immagine di portare gli agnellini sul petto e portare dolcemente le madri: questa è la tenerezza. Il Signore ci consola con tenerezza”. Dio che è potente, ha proseguito, "non ha paura della tenerezza". "Lui si fa tenerezza, si fa bambino, si fa piccolo”. Nel Vangelo, ha osservato, Gesù stesso lo dice: “Così è la volontà del Padre, che neanche uno di questi piccoli si perda”. Agli occhi del Signore, ha aggiunto, “ognuno di noi è molto, molto importante. E Lui si dà con tenerezza”. E così ci fa “andare avanti, dandoci speranza”. Questo, ha detto ancora, “è stato il principale lavoro di Gesù” nei “40 giorni fra la Risurrezione e l’Ascensione: consolare i discepoli; avvicinarsi e dare consolazione”: “Avvicinarsi e dare speranza, avvicinarsi con tenerezza. Ma pensiamo alla tenerezza che ha avuto con gli apostoli, con la Maddalena, con quelli di Emmaus. Si avvicinava con tenerezza: ‘Dammi da mangiare’. Con Tommaso: 'Metti il tuo dito qui'. Sempre così è il Signore. Così è la consolazione del Signore. Che il Signore ci dia a tutti noi la grazia di non avere paura della consolazione del Signore, di essere aperti: chiederla, cercarla, perché è una consolazione che ci darà speranza e ci farà sentire la tenerezza di Dio Padre”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 10/12/2013
10 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Martedì 10 Dicembre 2013
Martedì della II settimana di Avvento
Oggi la Chiesa celebra : Beata Vergine Maria di Loreto
Santo(i) del giorno : B. Marcantonio Durando, Presbitero, fondatore
Meditazione del giorno
Santa Faustina Kowalska : "Non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?”
Libro di Isaia 40,1-11.
"Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio.
Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità, perché ha ricevuto dalla mano del Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati".
Una voce grida: "Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in pianura.
Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la bocca del Signore ha parlato".
Una voce dice: "Grida" e io rispondo: "Che dovrò gridare?". Ogni uomo è come l'erba e tutta la sua gloria è come un fiore del campo.
Secca l'erba, il fiore appassisce quando il soffio del Signore spira su di essi.
Secca l'erba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura sempre. Veramente il popolo è come l'erba.
Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion; alza la voce con forza, tu che rechi liete notizie in Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annunzia alle città di Giuda: "Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza, con il braccio egli detiene il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e i suoi trofei lo precedono.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri".
Salmi 96(95),1-2.3.10ac.11-12.13.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore da tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunziate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo ai popoli raccontate la sua gloria,
a tutte le nazioni dite i suoi prodigi.
Dite tra i popoli: "Il Signore regna!".
Sorregge il mondo, perché non vacilli;
giudica le nazioni con rettitudine.
Gioiscano i cieli, esulti la terra,
frema il mare e quanto racchiude;
esultino i campi e quanto contengono,
si rallegrino gli alberi della foresta
davanti al Signore che viene,
perché viene a giudicare la terra.
Giudicherà il mondo con giustizia
e con verità tutte le genti.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 18,12-14.
Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?
Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite.
Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Santa Faustina Kowalska (1905-1938), religiosa
Diario, § 1589
"Non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta?”
Non so, Signore, a che ora verrai,
perciò vigilo continuamente e sto in ascolto,
come sposa da te prescelta,
poiché so che ti piace giungere non visto.
Ma un cuore puro, Signore, ti sente da lontano.
Ti attendo, Signore, nella quiete e nel silenzio,
con una grande nostalgia nel cuore
con un desiderio insopprimibile.
Sento che il mio amore per te diventa un fuoco
e come una fiamma alla fine della vita si innalza verso il cielo:
allora si realizzeranno tutti i miei desideri.
Vieni ormai, mio dolcissimo Signore,
e porta il mio cuore assetato
là con te, nelle regioni eccelse nei cieli
dove dura in eterno la tua vita.
La vita sulla terra è un’agonia continua,
mentre il mio cuore sente d’essere creato per grandi altezze
e non l’attirano i bassi piani di questa vita.
Poiché la mia patria è il cielo:
questa è la mia fede incrollabile.
Il Papa celebra con il Patriarca Sidrak: pace e libertà religiosa in Medio Oriente, basta divisioni
09 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Si metta fine alle divisioni e alle inimicizie in Terra Santa e Medio Oriente. E’ l’appello levato stamani da Papa Francesco, a Casa Santa Marta. La Messa è stata concelebrata dal Patriarca di Alessandria dei Copti Cattolici, Ibrahim Isaac Sidrak, in occasione della manifestazione pubblica della “comunione ecclesiastica” con il Successore di Pietro. Il Papa ha ribadito la sua vicinanza ai cristiani che in Egitto sperimentano insicurezza e violenza, quindi ha rinnovato un appello per la libertà religiosa in tutto il Medio Oriente. Il servizio di Alessandro Gisotti: Il Vescovo di Roma e il Patriarca d’Alessandria insieme, in segno di comunione ecclesiale e in preghiera per la pace in Medio Oriente. A Casa Santa Marta si è vissuto, stamani, un momento di grande intensità spirituale. Nella sua omelia, Papa Francesco ha subito voluto rivolgere il pensiero ai fedeli copti, riprendendo le parole del Profeta Isaia, nella Prima Lettura, che parlano di un risveglio dei cuori nell’attesa del Signore: “L’incoraggiamento 'agli smarriti di cuore' lo sentiamo rivolto a quanti nella vostra amata terra egiziana sperimentano insicurezza e violenza, talora a motivo della fede cristiana. 'Coraggio: non temete!': ecco le consolanti parole che trovano conferma nella fraterna solidarietà. Sono grato a Dio per questo incontro che mi dà modo di rafforzare la vostra e la nostra speranza, perché è la stessa”. Il Vangelo, ha proseguito, presenta “Cristo che vince le paralisi dell’umanità”. E del resto, ha osservato, “le paralisi delle coscienze sono contagiose”. “Con la complicità delle povertà della storia e del nostro peccato – ha soggiunto – possono espandersi ed entrare nelle strutture sociali e nelle comunità fino a bloccare popoli interi”. Ma, è stato il suo incoraggiamento, “il comando di Cristo può ribaltare la situazione: 'Alzati e cammina!'”: “Preghiamo con fiducia perché in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente la pace possa sempre rialzarsi dalle soste troppo ricorrenti e talora drammatiche. Si fermino, invece, per sempre l’inimicizia e le divisioni. Riprendano speditamente le intese di pace spesso paralizzate da contrapposti e oscuri interessi. Siano date finalmente reali garanzie di libertà religiosa a tutti, insieme al diritto per i cristiani di vivere serenamente là dove sono nati, nella patria che amano come cittadini da duemila anni, per contribuire come sempre al bene di tutti”. Il Papa ha quindi rammentato che Gesù sperimentò con la Santa Famiglia la fuga e venne ospitato nella “terra generosa” d’Egitto. Ha così invocato il Signore affinché “vegli sugli egiziani che per le strade del mondo cercano dignità e sicurezza”: “E andiamo sempre avanti, cercando il Signore, cercando nuove strade, nuove vie per avvicinarci al Signore. E se fosse necessario aprire un buco sul tetto per avvicinarci tutti al Signore, che la nostra immaginazione creativa della carità ci porti a questo: a trovare e a fare strade di incontro, strade di fratellanza, strade di pace”. Dal canto suo, il Patriarca Sidrak ha espresso tutta la sua gioia per la possibilità di celebrare con il Papa ed ha sottolineato che la Chiesa in Egitto, in questo delicato momento storico, ha “bisogno del sostegno” paterno del Successore di Pietro. Quindi, come Papa Francesco, ha invocato anche lui il dono della pace: “Possa la luce del Santo Natale essere la stella che rivela la strada dell’amore, dell’unità, della riconciliazione e della pace, doni di cui la mia Terra ha così grande bisogno. Chiedendo la sua benedizione, Padre Santo, l’aspettiamo in Egitto”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 09/12/2013
09 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Lunedì 09 Dicembre 2013
Immacolata Concezione della B.V. Maria, solennità
Oggi la Chiesa celebra : Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (solennità)
Santo(i) del giorno : S. Juan Diego Cuauhtlatoatzin (mem.fac.)
Meditazione del giorno
Sant’Andrea di Creta : “Ti saluto, o piena di grazia”
Libro della Genesi 3,9-15.20.
Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?".
Rispose: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto".
Riprese: "Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?".
Rispose l'uomo: "La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato".
Il Signore Dio disse alla donna: "Che hai fatto?". Rispose la donna: "Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato".
Allora il Signore Dio disse al serpente: "Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno".
L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.
Salmi 98(97),1.2-3ab.3bc-4.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.
Il Signore ha manifestato la sua salvezza,
agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa di Israele.
Tutti i confini della terra hanno veduto
Acclami al Signore tutta la terra,
gridate, esultate con canti di gioia.
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 1,3-6.11-12.
Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità,
predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo,
secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto;
In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà,
perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 1,26-38.
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret,
a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».
A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.
L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre
e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».
Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.
Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:
nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Sant’Andrea di Creta (660-740), monaco e vescovo
Prima omelia sulla Natività della Madre di Dio ; PG 97, 812
“Ti saluto, o piena di grazia”
La degenerazione del peccato aveva oscurato la bellezza della nostra originale nobiltà. Ma quando nasce la Madre della suprema Bellezza, la nostra natura ritrova la purezza e si vede rifatta secondo il modello perfetto e degno di Dio (Gen 1,26)… Tutti avevamo preferito il mondo quaggiù a quello di lassù. Non c’era speranza di salvezza; la nostra condizione naturale chiamava in soccorso il cielo… Infine, secondo il suo beneplacito, il divino artefice dell’universo ha deciso di far nascere un mondo nuovo, un altro mondo, pieno di armonia e di giovinezza.
Non serviva forse una vergine purissima e senza macchia che si mettesse prima di tutto al servizio di questo misterioso piano?... E questa vergine, dove trovarla, se non in questa donna, unica fra tutte, eletta dal creatore dell’universo prima di tutte le generazioni? Sì, è la Madre di Dio, Maria dal nome divino, il cui seno ha dato vita al Dio incarnato, e che lui stesso, in modo soprannaturale, si era preparata come tempio…
Così dunque il disegno del Redentore del genere umano era di attuare una nascita e come una nuova creazione per sostituire il passato. Ecco perché, come in Paradiso aveva preso dalla terra vergine e senza macchia un po’ di polvere per formare il primo Adamo (Gen 2,7), così, al momento della sua incarnazione, si è servito di un’altra terra, per così dire, di questa Vergine pura e immacolata, scelta fra tutti gli esseri creati. È in lei che ci ha rifatti di nuovo, a partire dalla nostra stessa sostanza, e che è diventato il nuovo Adamo (1Cor 15,45), lui, il Creatore di Adamo, affinché l’antico Adamo sia salvato dal nuovo ed eterno Adamo.
Giornata Mondiale del Malato. Il Papa: Gesù porta con noi il peso della sofferenza e ne svela il senso
07 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
La Chiesa riconosce nei malati “una speciale presenza di Cristo sofferente”. E’ quanto afferma Papa Francesco nel Messaggio per la XXII Giornata Mondiale del Malato, in programma il prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, sul tema: “Fede e carità: Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli”. Ce ne parla Benedetta Capelli: E’ un messaggio che contiene in sé la speranza “perché nel disegno d’amore di Dio anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale”, e di coraggio “per affrontare ogni avversità in sua compagnia, uniti a Lui”. Papa Francesco ricorda che Gesù ha assunto su di sé la malattia e la sofferenza, trasformandole e ridimensionandole alla luce di “una vita nuova in pienezza” che cambia le esperienze da negative in positive. Proprio seguendo la via di Cristo, che si è donato per amore, anche noi “possiamo amare gli altri come Dio ha amato noi, dando la vita per i fratelli”. “La fede nel Dio buono – scrive il Papa – diventa bontà, la fede nel Cristo Crocifisso diventa forza di amare fino alla fine e anche i nemici”. Dono di sé quindi soprattutto verso il prossimo “specialmente per chi non lo merita, per chi soffre, per chi è emarginato”. Accostandoci con tenerezza “a coloro che sono bisognosi di cure – continua il Pontefice - portiamo la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo”. Una dedizione generosa verso gli altri che diventa lo stile delle nostre azioni. Maria è il modello cristiano “per crescere nella tenerezza, nella carità rispettosa e delicata”. La Vergine, madre dei malati e sofferenti, rimane “accanto alle nostre croci e ci accompagna nel cammino verso la risurrezione e la vita piena”. Vicino alla Madonna, sotto la Croce, c’è Giovanni che “ci ricorda che non possiamo amare Dio se non amiamo i fratelli”. La Croce “è la certezza dell’amore fedele di Dio per noi” che “invita anche a lasciarci contagiare da questo amore, ci insegna a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi soffre, chi ha bisogno di aiuto”. Infine l’esortazione di Papa Francesco a vivere questa Giornata Mondiale del Malato “in comunione con Gesù Cristo”, sostenendo coloro che si prendono cura di chi è ammalato e sofferente.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 07/12/2013
07 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Sabato 07 Dicembre 2013
Sabato della I settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : S. Ambrogio, Vescovo e dottore della Chiesa (memoria)
Meditazione del giorno
Concilio Vaticano II: “E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino”
Libro di Isaia 30,19-21.23-26.
Popolo di Sion che abiti in Gerusalemme, tu non dovrai più piangere; a un tuo grido di supplica ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta.
Anche se il Signore ti darà il pane dell'afflizione e l'acqua della tribolazione, tuttavia non si terrà più nascosto il tuo maestro; i tuoi occhi vedranno il tuo maestro,
i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: "Questa è la strada, percorretela", caso mai andiate a destra o a sinistra.
Allora egli concederà la pioggia per il seme che avrai seminato nel terreno; il pane, prodotto della terra, sarà abbondante e sostanzioso; in quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un vasto prato.
I buoi e gli asini che lavorano la terra mangeranno biada saporita, ventilata con la pala e con il vaglio.
Su ogni monte e su ogni colle elevato, scorreranno canali e torrenti d'acqua nel giorno della grande strage, quando cadranno le torri.
La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte di più, quando il Signore curerà la piaga del suo popolo e guarirà le lividure prodotte dalle sue percosse.
Salmi 147(146),1-2.3-4.5-6.
Alleluia.
Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio,
dolce è lodarlo come a lui conviene.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d'Israele.
Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite;
egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
Grande è il Signore, onnipotente,
la sua sapienza non ha confini.
Il Signore sostiene gli umili
ma abbassa fino a terra gli empi.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 9,35-38.10,1.6-8.
Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità.
Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.
Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi!
Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità.
rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele.
E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino.
Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Concilio Vaticano II
Costituzione sulla Chiesa “Lumen Gentium”, § 48
“E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino”
La Chiesa, alla quale tutti siamo chiamati in Cristo Gesù e nella quale per mezzo della grazia di Dio acquistiamo la santità, non avrà il suo compimento se non nella gloria celeste, quando verrà il tempo in cui tutte le cose saranno rinnovate (cfr. Ap 3,21), e col genere umano anche tutto l'universo, il quale è intimamente congiunto con l'uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, troverà nel Cristo la sua definitiva perfezione …
Quindi la nuova condizione promessa e sperata è già incominciata con Cristo; l'invio dello Spirito Santo le ha dato il suo slancio e per mezzo di lui essa continua nella Chiesa, nella quale siamo dalla fede istruiti anche sul senso della nostra vita temporale, mentre portiamo a termine, nella speranza dei beni futuri, l'opera a noi affidata nel mondo dal Padre e attuiamo così la nostra salvezza (cfr. Fil 2,12).
Già dunque è arrivata a noi l'ultima fase dei tempi (cfr. 1 Cor 10,11). La rinnovazione del mondo è irrevocabilmente acquisita e in certo modo reale è anticipata in questo mondo: difatti la Chiesa già sulla terra è adornata di vera santità, anche se imperfetta. Tuttavia, fino a che non vi saranno i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora (cfr. 2 Pt 3,13), la Chiesa peregrinante nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura fugace di questo mondo; essa vive tra le creature, le quali ancora gemono, sono nel travaglio del parto e sospirano la manifestazione dei figli di Dio (cfr. Rm 8,19-22).
La morte di Mandela. Il Papa: forgiò un nuovo Sudafrica sulla riconciliazione e l'uguaglianza
06 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Un uomo che ha speso la vita per creare “un nuovo Sudafrica”, in cui tutti i cittadini avessero pari dignità. È con questo pensiero che Papa Francesco ricorda in un telegramma la scomparsa di Nelson Mandela, lo storico leader sudafricano spentosi ieri sera a Pretoria all’età di 95 anni. Accanto al mondo intero che ne piange la morte, il Papa, affidandone l’anima a Dio, rende “omaggio – scrive – al costante impegno dimostrato da Nelson Mandela nel promuovere la dignità umana di tutti i cittadini della nazione e nel forgiare un nuovo Sudafrica costruito sulle solide fondamenta della non-violenza, la riconciliazione e la verità”. Prego, conclude Papa Francesco, “che l'esempio del defunto presidente possa ispirare generazioni di sudafricani a porre la giustizia e il bene comune al primo posto delle loro aspirazioni politiche”.
Da ogni parte del mondo, dunque, stanno giungendo messaggi di cordoglio che ricordano Mandela e la sua lotta contro l’apartheid, la politica di segregazione razziale perseguita da Pretoria nei confronti dei neri fino al 1993. Il Nobel per la Pace, che pagò la sua opposizione alla discriminazione con 27 anni di carcere, divenne poi presidente del Sudafrica nel 1994, avviando il processo di riconciliazione interno e divenendo il padre della patria, quel "Madiba" da tutti affettuosamente onorato. Sulla sua figura, un ritratto di Giancarlo La Vella: "...in the name of peace, democracy and freedom for all..."
Pace, democrazia e libertà per tutti. In uno dei suoi celebri discorsi Mandela stila quello che è stato il leit-motiv della sua vita. Lotta per valori, pagata con oltre cinque lustri di segregazione, che però non gli hanno impedito, una volta libero alla guida del nuovo Sudafrica, di lavorare non per la vendetta, ma per un Paese dove chiunque godesse degli stessi diritti. Celebri le frasi pronunciate durante la sua vita. Eccone alcune: “Le difficoltà piegano alcuni uomini, ma ne rafforzano altri”. “I veri leader devono essere in grado di sacrificare tutto per il bene della loro gente”. “Esseri liberi non significa semplicemente rompere le catene ma vivere in modo tale da rispettare e accentuare la libertà altrui”. Oltre a Obama e Ban Ki-moon un riconoscimento importante da Frederik De Klerk, ultimo presidente sudafricano dell'epoca dell'apartheid, con Mandela premio Nobel per la pace. “Grazie a Mandela la riconciliazione in Sudafrica è stata possibile”: ha detto in un’intervista. E poi l’attuale presidente Zuma, che ha indetto il lutto nazionale e annunciato i funerali di Stato. “Il mondo gli sarà sempre grato”. Si ricordano poi gli incontri cordiali con Giovanni Paolo II. Nel 1995 in Sudafrica per la visita del Papa, ricambiata dal leader in Vaticano nel 1998. Un’amicizia sugellata dalla presenza di Mandela ai funerali di Karol Wojtyla nell’aprile 2005. “Ora è libero per sempre”. Questo il commento di Cassius Clay - Mohamed Ali', il grande pugile americano che ha combattuto la discriminazione.
Le tappe dell'impegno di Nelson Mandela riassunte in questa scheda di Giulio Albanese:
Non è stato solo un celebre Premio Nobel per la Pace, un ex presidente autorevole, il padre della patria che tutti sognavano in Sudafrica, ma soprattutto l’eroe nella lotta contro l’apartheid. Si era ritirato ufficialmente dalla vita pubblica nel 1999, ma non ha mai interrotto la sua azione umanitaria in favore soprattutto di coloro che soffrono nelle periferie del mondo. Un impegno per la pace e la comprensione umana oltre i confini del Sudafrica. Reso fragile dall’età e dai 27 anni trascorsi nelle galere del regime segregazionista bianco, già nel 1994 all’epoca delle prime elezioni libere in Sudafrica, Mandela era dell’idea che non fosse opportuno fare il presidente a vita all’età di 76 anni. Fin dall’inizio, mise in chiaro che avrebbe portato a termine un solo mandato. Madiba come lo chiamavano tutti in Sudafrica con grande affetto, è certamente stato il leader africano che ha contribuito maggiormente a segnare l’epoca del riscatto dopo l’onta coloniale e le pessime performance di molti regimi. Aperto al dialogo, ha il merito di aver scongiurato una guerra civile che avrebbe sconvolto il Sudafrica con conseguenze, forse, irreparabili.
Per una riflessione sull’importanza della figura di Nelson Mandela, Fausta Speranza ha intervistato lo storico Matteo Luigi Napolitano, docente all’Università del Molise:
R. - La vittoria di Mandela è stata anche la vittoria dei bianchi, cioè una vittoria condivisa: Mandela non voleva una dittatura dei neri, voleva una condivisione fraterna di un territorio dalle immense ricchezze naturali. Questo è il suo messaggio; il messaggio consegnato alle giovani generazioni, ma non solo del Sudafrica.
D. - Dunque Mandela ha fatto del Sudafrica esempio per tutto il mondo. Ma, il Sudafrica oggi come si presenta? Non è davvero tutto risolto …
R. - No, assolutamente. Si pensi alle differenti opportunità, alle condizioni economiche o di ascesa sociale delle popolazioni rispettivamente nera e bianca; e c’è un nuovo flusso di immigrazione - quella di tipo asiatico - che crea ulteriori difficoltà. Il secondo problema sono le libertà civili, come ad esempio la libertà di stampa, il sistema giudiziario … Ciò detto, però il Sudafrica mantiene un grande, un grandissimo primato nel mondo se pensiamo che i sudafricani sono riusciti a fare quello probabilmente non era nemmeno pensabile in altri Paesi di lunga tradizione multirazziale, come ad esempio gli Stati Uniti: il simbolo di Mandela non è stato un simbolo, ma un mezzo per abbattere un muro di divisione. Questo, evidentemente non elimina i problemi che tuttavia ci sono ancora, ma ovviamente aiuta a comprenderli meglio e soprattutto fa da substrato ad una società che, tutto sommato, anche se multirazziale ha questo comune denominatore. Appunto noi non dobbiamo dimenticare che la vittoria di Mandela è stata anche la vittoria dei bianchi, cioè una vittoria condivisa.
D. - Bandiere a mezz’asta negli Stati Uniti e omaggio da tutto il mondo: ma è stata davvero ereditata, assimilata la lezione di Mandela secondo lei?
R. - Questo sarebbe stato auspicabile, ma come dicevo non del tutto. In termini di principi, gli Stati democratici naturalmente rifiutano la discriminazione. All’applicazione pratica, le opportunità sociali negli Stati multirazziali restano diverse: si pensi all’ascesa sociale, al miglioramento della condizione personale, alla tipologia di lavori a cui si può accedere, allo stesso sistema giudiziario … Vediamo che anche nei Paesi ricchi, ci sono problematiche di integrazione, partendo dalla stessa configurazione dei quartieri delle grandi metropoli multirazziali. Si vede certamente una sorta di separazione de facto dal punto di vista della vita quotidiana, sociale, che ovviamente ci indica che l’integrazione non è stata del tutto completata e che il cammino è ancora lungo. Questo chiama ovviamente all’impegno di tutti, tutti i Paesi e soprattutto i governanti.
Radio Vaticana
SAN NICOLA il protettore di deboli e ultimi
06 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Nicola, il protettore di deboli e ultimi
La devozione a san Nicola di Bari è una tra le più diffuse nel mondo ed è sconfinata dal campo della fede per entrare in quello della cultura: dalla sua figura, infatti, nei Paesi anglosassoni nasce l'immagine di Santa Claus, che a Natale porta doni a tutti i bambini. Dietro a questa tradizione c'è una radice evangelica e agiografica: secondo alcune fonti, infatti, il giovane e ricco Nicola donò di nascosto tre sacchetti pieni di monete a un padre di famiglia caduto in disgrazia. Secondo un altro racconto, riportò in vita alcuni fanciulli. Molti gesti miracolosi si narrano su san Nicola, nato tra il 250 e il 260, divenuto vescovo di Mira e morto attorno al 330: tutte storie che lo ritraggono mentre aiuta i deboli. Le sue reliquie arrivarono a Bari nel 1087.
Altri santi. Sant'Apollinare di Trieste, martire (III sec.); sant'Asella di Roma, vergine (IV sec.). Letture. Is 29,17-24; Sal 26; Mt 9,27-31. Ambrosiano. Ez 13,1-10; Sal 5; Sof 3,9-13; Mt 17,10-13.
VANGELO DEL GIORNO - 06/12/2013
06 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Venerdì 06 Dicembre 2013
Venerdì della I settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : S. Nicola di Myra (o di Bari - mf), B. János (Giovanni) Scheffler, Vescovo e martire del comunismo
Meditazione del giorno
Papa Francesco: “E si aprirono loro gli occhi”
Libro di Isaia 29,17-24.
Certo, ancora un pò e il Libano si cambierà in un frutteto e il frutteto sarà considerato una selva.
Udranno in quel giorno i sordi le parole di un libro; liberati dall'oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno.
Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel Santo di Israele.
Perché il tiranno non sarà più, sparirà il beffardo, saranno eliminati quanti tramano iniquità,
quanti con la parola rendono colpevoli gli altri, quanti alla porta tendono tranelli al giudice e rovinano il giusto per un nulla.
Pertanto, dice alla casa di Giacobbe il Signore che riscattò Abramo: "D'ora in poi Giacobbe non dovrà più arrossire, il suo viso non impallidirà più,
poiché vedendo il lavoro delle mie mani tra di loro, santificheranno il mio nome, santificheranno il Santo di Giacobbe e temeranno il Dio di Israele.
Gli spiriti traviati apprenderanno la sapienza e i brontoloni impareranno la lezione".
Salmi 27(26),1.4.13-14.
Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?
Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita,
per gustare la dolcezza del Signore
ed ammirare il suo santuario.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 9,27-31.
Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguivano urlando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi».
Entrato in casa, i ciechi gli si accostarono, e Gesù disse loro: «Credete voi che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!».
Allora toccò loro gli occhi e disse: «Sia fatto a voi secondo la vostra fede».
E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!».
Ma essi, appena usciti, ne sparsero la fama in tutta quella regione.
La luce della fede: con quest’espressione, la tradizione della Chiesa ha indicato il grande dono portato da Gesù, il quale, nel Vangelo di Giovanni, così si presenta: "Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre"(Gv 12,46). Anche san Paolo si esprime in questi termini: « E Dio, che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre", rifulge nei nostri cuori" (2 Cor 4,6)….
La luce della fede possiede un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo. Perché una luce sia così potente, non può procedere da noi stessi, deve venire da una fonte più originaria, deve venire, in definitiva, da Dio. La fede nasce nell’incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per essere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c’è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro.
La fede, che riceviamo da Dio come dono soprannaturale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo. Da una parte, essa procede dal passato, è la luce di una memoria fondante, quella della vita di Gesù, dove si è manifestato il suo amore pienamente affidabile, capace di vincere la morte. Allo stesso tempo, però, poiché Cristo è risorto e ci attira oltre la morte, la fede è luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro "io" isolato verso l’ampiezza della comunione. Comprendiamo allora che la fede non abita nel buio; che essa è una luce per le nostre tenebre. Dante, nella Divina Commedia, dopo aver confessato la sua fede davanti a san Pietro, la descrive come una "favilla, / che si dilata in fiamma poi vivace / e come stella in cielo in me scintilla". Proprio di questa luce della fede vorrei parlare, perché cresca per illuminare il presente fino a diventare stella che mostra gli orizzonti del nostro cammino, in un tempo in cui l’uomo è particolarmente bisognoso di luce.
Innalzato in Piazza San Pietro l'Albero di Natale, dono della Baviera
05 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
E' stato innalzato stamane in Piazza San Pietro il tradizionale albero di Natale regalato al Papa in occasione delle festività natalizie. Quest’anno a donarlo è la comunità bavarese di Waldmuenchen. Si tratta di un grande abete, alto 25 metri, 98 centimetri di diametro e un peso di 7,2 tonnellate. Collocato accanto all’obelisco sarà inaugurato venerdì pomeriggio 13 dicembre, alla presenza del cardinale Giuseppe Bertello e dell’arcivescovo Fernando Vérgez Alzaga, rispettivamente presidente e segretario generale del Governatorato. Il legno del tronco, come già viene fatto da alcuni anni, verrà poi utilizzato per realizzare piccoli oggetti di uso quotidiano e giocattoli da destinare ai bambini di famiglie indigenti. Intanto, proseguono i lavori iniziati lunedì scorso per l'allestimento del presepe, che quest'anno viene offerto dall'arcidiocesi di Napoli, per volontà del card. Crescenzio Sepe e che quindi avrà le caratteristiche della grande tradizione partenopea. Il tema scelto per la raffigurazione di quest’anno è “Francesco 1223-Francesco 2013”. Ideata e realizzata dal maestro Antonio Cantone e dalla bottega Cantone & Costabile — esponenti della corrente del presepe del settecento partenopeo — la raffigurazione si avvale della scenografia firmata da Antonio di Tuoro. Sedici pastori, vestiti con abiti tipici del settecento napoletano, faranno da contorno alla grotta di Gesù. Il paesaggio riecheggerà un luogo tradizionale della Campania felix.
Radio Vaticana
Udienza Generale: crediamo nella resurrezione della carne; il Papa prega per la Siria
05 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco: ascoltare e non mettere in pratica la Parola di Dio non solo non serve ma fa anche male
05 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Chi pronuncia parole cristiane senza Cristo, cioè senza metterle in pratica, fa male a se stesso e agli altri, perché è vinto dall’orgoglio e causa divisione, anche nella Chiesa: è questo, in sintesi, quanto ha affermato Papa Francesco, stamani, durante la Messa presieduta nella Cappella di Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti: Ascoltare e mettere in pratica la parola del Signore è come costruire la casa sulla roccia. Papa Francesco spiega la parabola evangelica proposta dalla liturgia del giorno. Gesù rimproverava i farisei di conoscere i comandamenti ma di non realizzarli nella loro vita: “sono parole buone”, ma se non sono messe in pratica “non solo non servono, ma fanno male: ci ingannano, ci fanno credere che noi abbiamo una bella casa, ma senza fondamenta”. Una casa che non è costruita sulla roccia: “Questa figura della roccia si riferisce al Signore. Isaia, nella Prima Lettura, lo dice: ‘Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna!’. La roccia è Gesù Cristo! La roccia è il Signore! Una parola è forte, dà vita, può andare avanti, può tollerare tutti gli attacchi, se questa parola ha le sue radici in Gesù Cristo. Una parola cristiana che non ha le sue radici vitali, nella vita di una persona, in Gesù Cristo, è una parola cristiana senza Cristo! E le parole cristiane senza Cristo ingannano, fanno male! Uno scrittore inglese, una volta, parlando delle eresie diceva che un’eresia è una verità, una parola, una verità, che è diventata pazza. Quando le parole cristiane sono senza Cristo incominciano ad andare sul cammino della pazzia”. E una pazzia – spiega il Papa - che fa diventare superbi: “Una parola cristiana senza Cristo ti porta alla vanità, alla sicurezza di te stesso, all’orgoglio, al potere per il potere. E il Signore abbatte queste persone. Questa è una costante nella storia della Salvezza. Lo dice Anna, la mamma di Samuele; lo dice Maria nel Magnificat: il Signore abbatte la vanità, l’orgoglio di quelle persone che si credono di essere roccia. Queste persone che soltanto vanno dietro una parola, ma senza Gesù Cristo: una parola cristiana pure, ma senza Gesù Cristo, senza il rapporto con Gesù Cristo, senza la preghiera con Gesù Cristo, senza il servizio a Gesù Cristo, senza l’amore a Gesù Cristo. Questo è quello che il Signore oggi ci dice: di costruire la nostra vita su questa roccia e la roccia è Lui”.
“Ci farà bene fare un esame di coscienza – afferma il Papa - per capire “come sono le nostre parole”, se sono parole “che credono di essere potenti”, capaci “di darci la salvezza”, o se “sono parole con Gesù Cristo”: “Mi riferisco alle parole cristiane, perché quando non c’è Gesù Cristo anche questo ci divide fra di noi, fa la divisione nella Chiesa. Chiedere al Signore la grazia di aiutarci in questa umiltà, che dobbiamo avere sempre, di dire parole cristiane in Gesù Cristo, non senza Gesù Cristo. Con questa umiltà di essere discepoli salvati e di andare avanti non con parole che, per credersi potenti, finiscono nella pazzia della vanità, nella pazzia dell’orgoglio. Che il Signore ci dia questa grazia dell’umiltà di dire parole con Gesù Cristo, fondate su Gesù Cristo!”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 05/12/2013
05 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Giovedì 05 Dicembre 2013
Giovedì della I settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : B. Filippo Rinaldi, 3° successore di Don Bosco
Meditazione del giorno
Papa Francesco: “La roccia della fede, dell’amore, della verità”
Libro di Isaia 26,1-6.
In quel giorno si canterà questo canto nel paese di Giuda: Abbiamo una città forte; egli ha eretto a nostra salvezza mura e baluardo.
Aprite le porte: entri il popolo giusto che mantiene la fedeltà.
Il suo animo è saldo; tu gli assicurerai la pace, pace perché in te ha fiducia.
Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna;
perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto; la città eccelsa l'ha rovesciata, rovesciata fino a terra, l'ha rasa al suolo.
I piedi la calpestano, i piedi degli oppressi, i passi dei poveri.
Salmi 118(117),1.8-9.19-21.25-27a.
Alleluia.
Celebrate il Signore, perché è buono;
perché eterna è la sua misericordia.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell'uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
Apritemi le porte della giustizia:
voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.
È questa la porta del Signore,
per essa entrano i giusti.
Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito,
perché sei stato la mia salvezza.
Dona, Signore, la tua salvezza,
dona, Signore, la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore;
Dio, il Signore è nostra luce.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 7,21.24-27.
Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.
Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia.
Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande».
La luce dell’amore, propria della fede, può illuminare gli interrogativi del nostro tempo sulla verità. La verità oggi è ridotta spesso ad autenticità soggettiva del singolo, valida solo per la vita individuale. Una verità comune ci fa paura, perché la identifichiamo con l’imposizione intransigente dei totalitarismi. Se però la verità è la verità dell’amore, se è la verità che si schiude nell’incontro personale con l’Altro e con gli altri, allora resta liberata dalla chiusura nel singolo e può fare parte del bene comune. Essendo la verità di un amore, non è verità che s’imponga con la violenza, non è verità che schiaccia il singolo. Nascendo dall’amore può arrivare al cuore, al centro personale di ogni uomo. Risulta chiaro così che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti.
D’altra parte, la luce della fede, in quanto unita alla verità dell’amore, non è aliena al mondo materiale, perché l’amore si vive sempre in corpo e anima; la luce della fede è luce incarnata, che procede dalla vita luminosa di Gesù. Essa illumina anche la materia, confida nel suo ordine, conosce che in essa si apre un cammino di armonia e di comprensione sempre più ampio. Lo sguardo della scienza riceve così un beneficio dalla fede: questa invita lo scienziato a rimanere aperto alla realtà, in tutta la sua ricchezza inesauribile. La fede risveglia il senso critico, in quanto impedisce alla ricerca di essere soddisfatta nelle sue formule e la aiuta a capire che la natura è sempre più grande. Invitando alla meraviglia davanti al mistero del creato, la fede allarga gli orizzonti della ragione per illuminare meglio il mondo che si schiude agli studi della scienza.
Udienza generale. Il Papa: noi risorgeremo perché Gesù è risorto
04 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco, all’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, è tornato nella sua catechesi sull’affermazione «Credo la risurrezione della carne». “Si tratta – ha detto - di una verità non semplice e tutt’altro che ovvia, perché, vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà future. Ma il Vangelo ci illumina: la nostra risurrezione è strettamente legata alla risurrezione di Gesù; il fatto che Egli è risorto è la prova che esiste la risurrezione dei morti. Vorrei allora presentare alcuni aspetti che riguardano il rapporto tra la risurrezione di Cristo e la nostra risurrezione. Lui è risorto! E perché Lui è risorto, anche noi risusciteremo!”. “Anzitutto – ha proseguito - la stessa Sacra Scrittura contiene un cammino verso la fede piena nella risurrezione dei morti. Questa si esprime come fede in Dio creatore di tutto l’uomo - anima e corpo -, e come fede in Dio liberatore, il Dio fedele all’alleanza con il suo popolo. Il profeta Ezechiele, in una visione, contempla i sepolcri dei deportati che vengono riaperti e le ossa aride che tornano a vivere grazie all’infusione di uno spirito vivificante. Questa visione esprime la speranza nella futura “risurrezione di Israele”, cioè nella rinascita del popolo sconfitto e umiliato (cfr Ez 37,1-14)”. Il Papa ha quindi sottolineato che “Gesù, nel Nuovo Testamento, porta a compimento questa rivelazione, e lega la fede nella risurrezione alla sua stessa persona e dice: «Io sono la risurrezione e la vita» (Gv 11,25). Infatti, sarà Gesù Signore che risusciterà nell’ultimo giorno quanti avranno creduto in Lui. Gesù è venuto tra noi, si è fatto uomo come noi in tutto, eccetto il peccato; in questo modo ci ha presi con sé nel suo cammino di ritorno al Padre. Egli, il Verbo incarnato, morto per noi e risorto, dona ai suoi discepoli lo Spirito Santo come caparra della piena comunione nel suo Regno glorioso, che attendiamo vigilanti. Questa attesa è la fonte e la ragione della nostra speranza: una speranza che, se coltivata e custodita, la nostra speranza se noi la coltiviamo e la custodiamo diventa luce per illuminare la nostra storia personale e anche la storia comunitaria. Ricordiamolo sempre: siamo discepoli di Colui che è venuto, viene ogni giorno e verrà alla fine. Se riuscissimo ad avere più presente questa realtà, saremmo meno affaticati dal quotidiano, meno prigionieri dell’effimero e più disposti a camminare con cuore misericordioso sulla via della salvezza”. Ha poi commentato un altro aspetto: “che cosa significa risuscitare? La risurrezione - la resurrezione di tutti noi - avverrà nell’ultimo giorno, alla fine del mondo, ad opera della onnipotenza di Dio, il quale restituirà la vita al nostro corpo riunendolo all’anima, in forza della risurrezione di Gesù. E questa è la spiegazione fondamentale, perché Gesù è Risorto, noi risusciteremo. Noi abbiamo speranza nella resurrezione, perché Lui ci ha aperto la porta: ci ha aperto la porta a questa resurrezione”. E questa trasformazione – ha proseguito – “questa trasfigurazione del nostro corpo viene preparata in questa vita dal rapporto con Gesù nei Sacramenti, specialmente l’Eucaristia. Noi che in questa vita ci siamo nutriti del suo Corpo e del suo Sangue risusciteremo come Lui, con Lui e per mezzo di Lui. Come Gesù è risorto con il suo proprio corpo, ma non è ritornato ad una vita terrena, così noi risorgeremo con i nostri corpi che saranno trasfigurati in corpi gloriosi, corpi spirituali”. E a braccio ha aggiunto: “Ma questa non è una bugia! Questo è vero! Noi crediamo che Gesù è Risorto, che Gesù è vivo in questo momento. Ma voi credete che Gesù sia vivo? Che è vivo? Non credete? (rispondono: “Sì!”) Credete o non credete? (rispondono: “Sì!”) E se Gesù è vivo, voi pensate che Gesù ci lascerà morire e non ci risusciterà? No! Lui ci aspetta. E poiché Lui è risorto, la forza della sua resurrezione risusciterà tutti noi!”. “E già in questa vita – ha detto ancora il Papa - noi abbiamo una partecipazione alla Risurrezione di Cristo. Se è vero che Gesù ci risusciterà alla fine dei tempi, è anche vero che, per un certo aspetto, con Lui già siamo risuscitati. La vita eterna incomincia già in questo momento … E già siamo resuscitati! Infatti, mediante il Battesimo, siamo inseriti nella morte e risurrezione di Cristo e partecipiamo alla vita nuova” che è la sua vita. “Pertanto, in attesa dell’ultimo giorno, abbiamo in noi stessi un seme di risurrezione, quale anticipo della risurrezione piena che riceveremo in eredità. Per questo anche il corpo di ciascuno di noi è risonanza di eternità, quindi va sempre rispettato; e soprattutto va rispettata e amata la vita di quanti soffrono, perché sentano la vicinanza del Regno di Dio, di quella condizione di vita eterna verso la quale camminiamo”. E a braccio ha concluso: “questo pensiero ci dà speranza! Siamo in cammino verso la Resurrezione. E questa è la nostra gioia: un giorno trovare Gesù, incontrare Gesù e tutti insieme, tutti insieme - non qui in Piazza, da un’altra parte - ma gioiosi con Gesù. E questo è il nostro destino!”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 04/12/2013
04 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Mercoledì 04 Dicembre 2013
Mercoledì della I settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : S. Giovanni Damasceno, Dottore della Chiesa (mf), S. Giovanni Calabria, Sacerdote, fondatore
Meditazione del giorno
Papa Francesco: “Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?”
Libro di Isaia 25,6-10a.
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti.
Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato.
E si dirà in quel giorno: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza.
Poiché la mano del Signore si poserà su questo monte". Moab invece sarà calpestato al suolo, come si pesta la paglia nella concimaia.
Salmi 23(22),1-3a.3b-4.5.6.
Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 15,29-37.
Allontanatosi di là, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, si fermò là.
Attorno a lui si radunò molta folla recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì.
E la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi raddrizzati, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E glorificava il Dio di Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i discepoli e disse: «Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada».
E i discepoli gli dissero: «Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Ma Gesù domandò: «Quanti pani avete?». Risposero: «Sette, e pochi pesciolini».
Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra,
Gesù prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò, li dava ai discepoli, e i discepoli li distribuivano alla folla.
Tutti mangiarono e furono saziati. Dei pezzi avanzati portarono via sette sporte piene.
“Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?”
Da dove nasce la moltiplicazione dei pani? La risposta sta nell’invito di Gesù ai discepoli «Voi stessi date…», “dare”, condividere. Che cosa condividono i discepoli? Quel poco che hanno: cinque pani e due pesci. Ma sono proprio quei pani e quei pesci che nelle mani del Signore sfamano tutta la folla. E sono proprio i discepoli smarriti di fronte all’incapacità dei loro mezzi, alla povertà di quello che possono mettere a disposizione, a far accomodare la gente e a distribuire – fidandosi della parola di Gesù - i pani e pesci che sfamano la folla. E questo ci dice che nella Chiesa, ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è “solidarietà”, saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. Solidarietà: una parola malvista dallo spirito mondano!
Questa sera, ancora una volta, il Signore distribuisce per noi il pane che è il suo Corpo, Lui si fa dono. E anche noi sperimentiamo la “solidarietà di Dio” con l’uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l’egoismo e la morte. Gesù anche questa sera si dona a noi nell’Eucaristia, condivide il nostro stesso cammino, anzi si fa cibo, il vero cibo che sostiene la nostra vita anche nei momenti in cui la strada si fa dura, gli ostacoli rallentano i nostri passi. E nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla.
Il Papa: impensabile una Chiesa senza gioia, annunciare Cristo col sorriso
03 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
La Chiesa deve essere sempre gioiosa come Gesù. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che la Chiesa è chiamata a trasmettere la gioia del Signore ai suoi figli, una gioia che dona la vera pace. Il servizio diAlessandro Gisotti: Pace e gioia. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi su questo binomio. Nella prima Lettura tratta dal Libro di Isaia, ha osservato, scorgiamo il desiderio di pace che tutti abbiamo. Una pace che, dice Isaia, ci porterà il Messia. Nel Vangelo, invece, “possiamo intravedere un po’ l’anima di Gesù, il cuore di Gesù: un cuore gioioso”: “Noi pensiamo sempre a Gesù quando predicava, quando guariva, quando camminava, andava per le strade, anche durante l’Ultima Cena… Ma non siamo tanto abituati a pensare a Gesù sorridente, gioioso. Gesù era pieno di gioia: pieno di gioia. In quella intimità con suo Padre: ‘Esultò di gioia nello Spirito Santo e lodò il Padre’. E’ proprio il mistero interno di Gesù, quel rapporto con il Padre nello Spirito. E’ la sua gioia interna, la sua gioia interiore che Lui dà a noi”. “E questa gioia – ha osservato – è la vera pace: non è una pace statica, quieta, tranquilla”. No, “la pace cristiana è una pace gioiosa, perché il nostro Signore è gioioso”. E, anche, è gioioso “quando parla del Padre: ama tanto il Padre che non può parlare del Padre senza gioia”. Il nostro Dio, ha ribadito, “è gioioso”. E Gesù “ha voluto che la sua sposa, la Chiesa, anche lei fosse gioiosa”: “Non si può pensare una Chiesa senza gioia e la gioia della Chiesa è proprio questo: annunciare il nome di Gesù. Dire: ‘Lui è il Signore. Il mio sposo è il Signore. E’ Dio. Lui ci salva, Lui cammina con noi’. E quella è la gioia della Chiesa, che in questa gioia di sposa diventa madre. Paolo VI diceva: la gioia della Chiesa è proprio evangelizzare, andare avanti e parlare del suo Sposo. E anche trasmettere questa gioia ai figli che lei fa nascere, che lei fa crescere”. E così, ha soggiunto, contempliamo che la pace di cui ci parla Isaia “è una pace che si muove tanto, è una pace di gioia, una pace di lode”, una pace che possiamo dire “rumorosa, nella lode, una pace feconda nella maternità di nuovi figli”. Una pace, ha detto ancora Papa Francesco, “che viene proprio nella gioia della lode alla Trinità e della evangelizzazione, di andare ai popoli a dire chi è Gesù”. “Pace e gioia”, ha ribadito. E ha messo l’accento su quello che dice Gesù, “una dichiarazione dogmatica”, quando afferma: “Tu hai deciso così, di rivelarti non ai sapienti ma ai piccoli”: “Anche nelle cose tanto serie, come questa, Gesù è gioioso, la Chiesa è gioiosa. Deve essere gioiosa. Anche nella sua vedovanza - perché la Chiesa ha una parte di vedova che aspetta il suo sposo che torni - anche nella sua vedovanza, la Chiesa è gioiosa nella speranza. Il Signore ci dia a tutti noi questa gioia, questa gioia di Gesù, lodando il Padre nello Spirito. Questa gioia della nostra madre Chiesa nell’evangelizzare, nell’annunziare il suo Sposo”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 03/12/2013
03 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Martedì 03 Dicembre 2013
Martedì della I settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : S. Francesco Saverio, Patrono delle missioni (1506-1552)
Meditazione del giorno
Papa Francesco: “Molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete”
Libro di Isaia 11,1-10.
In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire;
ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese. La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento; con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio.
Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi la fedeltà.
Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà.
La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi.
Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare.
In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia, la sua dimora sarà gloriosa.
Salmi 72(71),1-2.7-8.12-13.17.
Dio, dà al re il tuo giudizio,
al figlio del re la tua giustizia;
regga con giustizia il tuo popolo
e i tuoi poveri con rettitudine.
Nei suoi giorni fiorirà la giustizia
e abbonderà la pace,
finché non si spenga la luna.
E dominerà da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.
Egli libererà il povero che grida
e il misero che non trova aiuto,
avrà pietà del debole e del povero
e salverà la vita dei suoi miseri.
Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole persista il suo nome.
In lui saranno benedette tutte le stirpi della terra
e tutti i popoli lo diranno beato.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,21-24.
In quel tempo, Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto.
Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».
E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete.
Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono».
“Molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete”
La pienezza della fede cristiana : « Abramo […] esultò nella speranza di vedere il mio giorno, lo vide e fu pieno di gioia » (Gv 8,56). Secondo queste parole di Gesù, la fede di Abramo era orientata verso di Lui, era, in un certo senso, visione anticipata del suo mistero. Così lo intende sant’Agostino, quando afferma che i Patriarchi si salvarono per la fede, non fede in Cristo già venuto, ma fede in Cristo che stava per venire, fede tesa verso l’evento futuro di Gesù.
La fede cristiana è centrata in Cristo, è confessione che Gesù è il Signore e che Dio lo ha risuscitato dai morti (cfr Rm 10,9). Tutte le linee dell’Antico Testamento si raccolgono in Cristo, Egli diventa il "sì" definitivo a tutte le promesse, fondamento del nostro "Amen" finale a Dio (cfr 2 Cor 1,20). La storia di Gesù è la manifestazione piena dell’affidabilità di Dio. Se Israele ricordava i grandi atti di amore di Dio, che formavano il centro della sua confessione e aprivano lo sguardo della sua fede, adesso la vita di Gesù appare come il luogo dell’intervento definitivo di Dio, la suprema manifestazione del suo amore per noi.
Quella che Dio ci rivolge in Gesù non è una parola in più tra tante altre, ma la sua Parola eterna (cfr Eb 1,1-2). Non c’è nessuna garanzia più grande che Dio possa dare per rassicurarci del suo amore, come ci ricorda san Paolo (cfr Rm8,31-39). La fede cristiana è dunque fede nell’Amore pieno, nel suo potere efficace, nella sua capacità di trasformare il mondo e di illuminare il tempo. «Abbiamo conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi» (1 Gv 4,16). La fede coglie nell’amore di Dio manifestato in Gesù il fondamento su cui poggia la realtà e la sua destinazione ultima.
Papa Francesco ai vescovi olandesi: siate presenti nella società
02 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO - 02/12/2013
02 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Lunedì 02 Dicembre 2013
Lunedì della I settimana di Avvento
Santo(i) del giorno : B. Giovanni (Ivan) Slezyuk, Vescovo e martire in Ucraina, S. Bianca di Castiglia, Regina di Francia, religiosa
Meditazione del giorno
Concilio Vaticano II: “Molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa … nel regno dei cieli”
Libro di Isaia 4,2-6.
In quel giorno, il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e ornamento per gli scampati di Israele.
Chi sarà rimasto in Sion e chi sarà superstite in Gerusalemme sarà chiamato santo, cioè quanti saranno iscritti per restare in vita in Gerusalemme.
Quando il Signore avrà lavato le brutture delle figlie di Sion e avrà pulito l'interno di Gerusalemme dal sangue che vi è stato versato con lo spirito di giustizia e con lo spirito dello sterminio,
allora verrà il Signore su ogni punto del monte Sion e su tutte le sue assemblee come una nube e come fumo di giorno, come bagliore di fuoco e fiamma di notte, perché sopra ogni cosa la gloria del Signore sarà come baldacchino.
Una tenda fornirà ombra contro il caldo di giorno e rifugio e riparo contro i temporali e contro la pioggia.
Salmi 122(121),1-2.4.6-7.8-9.
Quale gioia, quando mi dissero:
"Andremo alla casa del Signore".
E ora i nostri piedi si fermano
alle tue porte, Gerusalemme!
Là salgono insieme le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge di Israele,
per lodare il nome del Signore.
Domandate pace per Gerusalemme:
sia pace a coloro che ti amano,
sia pace sulle tue mura,
sicurezza nei tuoi baluardi.
Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: "Su di te sia pace!".
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 8,5-11.
In quel tempo, entrato Gesù in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava:
«Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente».
Gesù gli rispose: «Io verrò e lo curerò».
Ma il centurione riprese: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito.
Perché anch'io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Fà questo, ed egli lo fa».
All'udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande.
Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli,
“Molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa … nel regno dei cieli”
La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine. Questo piano scaturisce dall'amore nella sua fonte, cioè dalla carità di Dio Padre… da cui il Figlio è generato e lo Spirito Santo attraverso il Figlio procede, per la sua immensa e misericordiosa benevolenza liberatrice ci crea ed inoltre per grazia ci chiama a partecipare alla sua vita e alla sua gloria; egli per pura generosità ha effuso e continua ad effondere la sua divina bontà, in modo che, come di tutti è il creatore, così possa essere anche «tutto in tutti» … Ma piacque a Dio chiamare gli uomini a… costituire un popolo, nel quale i suoi figli dispersi si raccogliessero nell'unità …
Questo piano universale di Dio per la salvezza del genere umano non si attua soltanto in una maniera per così dire segreta nell'animo degli uomini… Ma Dio, al fine di stabilire la pace, cioè la comunione con sé, e di realizzare tra gli uomini stessi - che sono peccatori - una unione fraterna, decise di entrare in maniera nuova e definitiva nella storia umana, inviando il suo Figlio a noi con un corpo simile al nostro, … per restaurare tutto in lui. Ed in effetti Cristo Gesù fu inviato nel mondo quale autentico mediatore tra Dio e gli uomini. Poiché è Dio, in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità; nella natura umana, invece, egli è il nuovo Adamo, è riempito di grazia e di verità ed è costituito capo dell'umanità nuova. … Per noi egli si è fatto povero, pur essendo ricco, per arricchire noi con la sua povertà…. Assunse la natura umana completa, quale essa esiste in noi, infelici e poveri, ma una natura che in lui è senza peccato. … «Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare quello che era perduto».
Ora tutto quanto il Signore ha una volta predicato o in lui si è compiuto per la salvezza del genere umano, deve essere annunziato e diffuso fino all'estremità della terra … In tal modo quanto una volta è stato operato per la salvezza di tutti, si realizza compiutamente in tutti nel corso dei secoli.
Il Papa ai vescovi olandesi: su famiglia, matrimonio, fine vita, siate presenti nel dibattito pubblico
02 Dicembre, 2013Redazione le Vie del Signore
La Chiesa e i fedeli in Olanda siano "presenti nel dibattito pubblico", in tutti gli ambiti "nei quali è in causa l’uomo": in una società fortemente secolarizzata, potranno così portare il loro contributo nelle "grandi questioni sociali riguardanti per esempio la famiglia, il matrimonio, la fine della vita". Così Papa Francesco nel discorso che ha consegnato ai vescovi olandesi, in visita ad Limina, in cui ha pure espresso la propria compassione e la propria preghiera per le vittime di abusi sessuali. Il servizio di Giada Aquilino: In una società fortemente segnata dalla secolarizzazione e in “circostanze spesso ardue”, non è facile conservare la speranza. Ma il compito della Chiesa è quello del “bene umano” e dello “sviluppo sociale”. Lo ha ricordato il Papa nel discorso ai vescovi dei Paesi Bassi. Per i cristiani, ha proseguito, l’educazione delle coscienze diventa allora “prioritaria”, “specialmente mediante la formazione del giudizio critico, pur avendo un approccio positivo sulle realtà sociali: si eviterà così la superficialità dei giudizi e la rassegnazione all’indifferenza”. L’invito del Pontefice è dunque quello ad “essere presenti nel dibattito pubblico”, in tutti gli ambiti “nei quali è in causa l’uomo, per rendere visibile la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura”. D’altra parte, ha aggiunto, “la Chiesa si espande non per proselitismo, ma per attrazione”. Essa è quindi “inviata dappertutto per svegliare, risvegliare, mantenere la speranza”. I fedeli d’Olanda vanno perciò incoraggiati “a cogliere le occasioni di dialogo, rendendosi presenti nei luoghi in cui si decide il futuro”: in tal modo potranno “portare il loro contributo nei dibattiti sulle grandi questioni sociali riguardanti per esempio la famiglia, il matrimonio, la fine della vita”. Affinché la Chiesa “con pazienza materna” prosegua gli sforzi “per rispondere alle inquietudini di tanti uomini e donne che sperimentano l’angoscia e lo scoraggiamento davanti al futuro”, è necessario - ha proseguito il Santo Padre - che “cattolici, sacerdoti, persone consacrate, laici acquisiscano una formazione solida e di qualità”, proponendo la fede in “maniera autentica, comprensibile e pastorale”. “L’antropologia cristiana e la dottrina sociale della Chiesa - ha aggiunto il Papa - fanno parte del patrimonio di esperienza e di umanità su cui si fonda la civiltà europea ed esse possono aiutare a riaffermare concretamente il primato dell’uomo sulla tecnica e sulle strutture”: e questo primato “presuppone l’apertura alla trascendenza”. Se questa dimensione viene a mancare, “una cultura si impoverisce, mentre essa dovrebbe mostrare la possibilità di collegare in costante armonia fede e ragione, verità e libertà”. In un Paese ricco “sotto tanti aspetti”, ha notato il Pontefice, la povertà tocca un numero crescente di persone: “valorizzate la generosità dei fedeli – ha esortato Papa Francesco - per portare la luce e la compassione di Cristo nei luoghi dove l’aspettano e in particolare alle persone più emarginate”. Un pensiero speciale è andato poi al futuro della Chiesa: “è urgente suscitare una pastorale vocazionale vigorosa e attraente”, come pure la “riscoperta della preghiera”. Un ruolo particolare spetta ai laici, che “vanno fortemente sostenuti”. Come pure alla scuola cattolica, che “continuerà a favorire la formazione umana e spirituale, col dialogo e la fraternità. Di qui pure la “necessità di avanzare sulla via dell’ecumenismo” e un invito all’accoglienza, andando incontro anche “a quelli che non si avvicinano”. Infine il Papa ha espresso la propria “compassione” e ha assicurato la propria preghiera per ciascuna delle “persone vittime di abusi sessuali” e per le loro famiglie. “Vi chiedo - ha concluso - di continuare a sostenerle nel loro doloroso cammino di guarigione, intrapreso con coraggio”, nella prospettiva “di difendere e far crescere l’unità in tutto e tra tutti”.
Radio Vaticana
SANT'ANDREA APOSTOLO
30 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
SABATO 30 NOVEMBRE 2013 - SANT'ANDREA APOSTOLO
Andrea (Betsaida, 6 a.C. – Patrasso, 30 novembre 60) fu un apostolo di Gesù Cristo, venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa. Andrea era il fratello di san Pietro. Assieme al fratello Pietro esercitava il mestiere di pescatore e la tradizione vuole che Gesù stesso lo avesse chiamato ad essere suo discepolo.
La tradizione vuole che Andrea sia stato martirizzato per crocifissione a Patrasso (Grecia). Dai primi testi apocrifi, si sa che Andrea venne legato e non inchiodato su una croce latina, ma la tradizione vuole che Andrea sia stato crocifisso su una croce di forma detta Croce decussata (a forma di X) e comunemente conosciuta con il nome di "Croce di Sant'Andrea"; questa venne adottata per sua personale scelta, dal momento che egli non avrebbe mai osato eguagliare il Maestro nel martirio. Proprio per il suo martirio, sant'Andrea è divenuto anche il patrono di Patrasso.
VANGELO DEL GIORNO - 30/11/2013
30 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Sabato 30 Novembre 2013
Sant'Andrea, apostolo, festa
Santo(i) del giorno : S. Andrea Apostolo (f)
Meditazione del giorno
San Bernardo : Il martirio di sant’Andrea, apostolo
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 10,9-18.
Fratello, se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.
Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso.
Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano.
Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.
Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?
E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!
Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?
La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo.
Ora io dico: Non hanno forse udito? Tutt'altro: per tutta la terra è corsa la loro voce, e fino ai confini del mondo le loro parole.
Salmi 19(18),2-3.4-5.
I cieli narrano la gloria di Dio,
e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il messaggio
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
Non è linguaggio e non sono parole,
di cui non si oda il suono.
Per tutta la terra si diffonde la loro voce
e ai confini del mondo la loro parola.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 4,18-22.
In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini».
Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò.
Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
San Bernardo (1091-1153), monaco cistercense e dottore della Chiesa
Seconda omelia per la festa di Sant’Andrea
Il martirio di sant’Andrea, apostolo
“O croce tanto lungamente desiderata, offerta ora all’aspirazione della mia anima, vengo a te, pieno di gioia e sicurezza. Ricevimi con gioia, me, discepolo di colui che pendeva dalle tue braccia…” Così parlava Sant’Andrea [secondo la tradizione], guardando da lontano la croce innalzata per il suo supplizio. Da dove gli venivano una gioia e un’esultanza così incredibili? Da dove tale perseveranza in un essere così fragile? Da dove quest’uomo traeva un’anima così spirituale, una carità tanto fervente e una volontà tanto forte? Non è giusto pensare che prendesse da se stesso un sì gran coraggio; era il dono perfetto disceso dal Padre della luce (Gc 1,17), dal solo che fa meraviglie. Era lo Spirito Santo che veniva in aiuto alla sua debolezza e che metteva nel suo cuore un amore forte come la morte, ed anche più forte della morte (Ct 8,6).
Piaccia a Dio che possiamo partecipare a questo Spirito, anche noi oggi! Poiché, se ora è faticoso lo sforzo della conversione, se ci pesa vegliare nella preghiera, è unicamente a causa della nostra povertà spirituale. Se lo Spirito Santo è con noi, verrà sicuramente in aiuto alla nostra debolezza. Ciò che ha fatto per sant’Andrea davanti alla croce e alla morte, lo farà anche per noi: toglierà all’impegno della conversione il carattere difficile, lo renderà desiderabile ed anche piacevole… Fratelli, cerchiamo questo Spirito, facciamo di tutto per ottenerlo, o per possederlo più pienamente, se già l’avessimo. Poiché “Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene” (Rom 8,9). “Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio” (1Cor 2,12)… Dobbiamo dunque prendere la nostra croce con sant’Andrea, o piuttosto con colui che egli ha seguito, il Signore nostro Salvatore. La causa della sua gioia era che moriva non solo con lui, ma come lui, e che, unito così intimamente alla sua morte, con lui avrebbe regnato…. Poiché su questa croce è la nostra salvezza.
Papa Francesco: con intelligenza, capire i segni dei tempi
29 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
"Nella Fede della Chiesa" San Pio da Pietrelcina di Don Francesco Cristofaro
29 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco: il 2015 sarà anno dedicato alla vita consacrata
29 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco ha incontrato, stamani in Vaticano, i partecipanti all’82.ma Assemblea generale dell’Unione superiori generali (Usg), tenutasi in questi giorni a Roma. Si è trattato – spiega un comunicato dell’Unione – di un lungo incontro di tre ore, in cui il Pontefice non ha pronunciato un discorso preparato, ma ha risposto a braccio alle domande che gli venivano poste. Al termine dell’incontro, presenti 120 superiori generali, un importante annuncio del Papa: il 2015 sarà un anno dedicato alla vita consacrata. Il servizio di Alessandro Gisotti: Un lungo colloquio fraterno e cordiale fatto di domande e risposte. Si è svolto così l’incontro di Papa Francesco con i superiori generali in Vaticano. Evento nel quale il Papa ha annunciato che il 2015 sarà dedicato proprio alla vita consacrata. Il Pontefice ha rilevato che la radicalità è richiesta a tutti i cristiani, ma i religiosi sono chiamati a seguire il Signore in maniera speciale. “Sono uomini e donne che possano svegliare il mondo – ha sottolineato – la vita consacrata è profezia”. Dio, ha detto ancora, “ci chiede di uscire dal nido che ci contiene ed essere inviati nelle frontiere del mondo, evitando la tentazione di addomesticarle. Questo è il modo più concreto di imitare il Signore”. Interrogato poi sulla situazione delle vocazioni, il Papa ha sottolineato che ci sono Chiese giovani che stanno dando frutti nuovi. Ciò, ha rilevato, obbliga naturalmente a ripensare l’inculturazione del carisma. La Chiesa, è stata la considerazione del Papa, deve chiedere perdono e guardare con molta vergogna gli insuccessi apostolici a causa dei fraintendimenti in questo campo, come nel caso di Matteo Ricci. Il dialogo interculturale, ha proseguito, deve spingere a introdurre nel governo degli Istituti religiosi persone di varie culture che esprimono modi diversi di vivere il carisma. Papa Francesco ha, quindi, insistito molto sulla formazione che, a suo avviso, si basa su quattro pilastri fondamentali: formazione spirituale, intellettuale, comunitaria e apostolica. È imprescindibile, ha aggiunto, evitare ogni forma di ipocrisia e di clericalismo grazie a un dialogo franco e aperto su ogni aspetto della vita: “la formazione – ha avvertito – è un’opera artigianale, non poliziesca”, “l’obiettivo è formare religiosi che abbiano un cuore tenero e non acido come l’aceto. Tutti siamo peccatori, ma non corrotti. Si accettino i peccatori, ma non i corrotti”. Rispondendo poi ad una domanda sulla fraternità, il Papa ha detto che essa ha una forza di attrazione enorme. Suppone l’accettazione delle differenze e dei conflitti. A volte è difficile viverla, ma se non la si vive non si è fecondi. In ogni caso, ha detto, “mai dobbiamo agire come gestori davanti al conflitto di un fratello: bisogna accarezzare il conflitto”. Sono state poste quindi alcune domande sulle mutue relazioni tra i religiosi e le Chiese particolari nelle quali essi sono inseriti. Il Papa ha affermato di conoscere per esperienza i problemi possibili: “Noi vescovi – ha detto – dobbiamo capire che le persone consacrate non sono materiale di aiuto, ma sono carismi che arricchiscono le diocesi”. Le ultime domande hanno riguardato le frontiere della missione dei consacrati. “Esse – ha esortato – vanno cercate sulla base dei carismi”. Le realtà di esclusione rimangono le priorità più significative. Accanto a queste sfide, ha citato quella culturale e quella educativa nelle scuole e nelle università. Il Papa ha indicato tre pilastri dell’educazione: “Trasmettere conoscenza, trasmettere modi di fare, trasmettere valori. Attraverso questi si trasmette la fede. L’educatore deve essere all’altezza delle persone che educa, e interrogarsi su come annunciare Gesù Cristo a una generazione che cambia”. Da ultimo, il Papa ha ringraziato i superiori generali per lo “spirito di fede e la ricerca del servizio”. “Grazie per la vostra testimonianza – ha concluso – e anche per le umiliazioni per le quali dovete passare”.
Radio Vaticana
Il Papa: il cristiano non cede al “pensiero debole”, ma pensa secondo Dio
29 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il cristiano pensa secondo Dio e per questo rifiuta il pensiero debole ed uniforme. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha affermato che, per capire i segni dei tempi, un cristiano non può pensare solo con la testa, ma anche con il cuore e con lo spirito che ha dentro. Il servizio di Alessandro Gisotti: Il Signore insegna ai suoi discepoli a comprendere i “segni dei tempi”, segni che i farisei non riescono a cogliere. Papa Francesco ha preso spunto dal Vangelo odierno per soffermarsi sul “pensare in cristiano”. Chi segue Gesù, ha osservato, non pensa solo con la testa, ma anche con il cuore e “lo spirito che ha dentro”. Altrimenti non si può comprendere “il passo di Dio nella storia”:
“Nel Vangelo, Gesù non si arrabbia, ma fa finta quando i discepoli non capivano le cose. A quelli di Emmaus dice: ‘Stolti e tardi di cuore’. ‘Stolti e tardi di cuore’… Quello che non capisce le cose di Dio è una persona così. Il Signore vuole che noi capiamo cosa succede: cosa succede nel mio cuore, cosa succede nella mia vita, cosa succede nel mondo, nella storia… Cosa significa questo che accade adesso? Questi sono i segni dei tempi! Invece, lo spirito del mondo ci fa altre proposte, perché lo spirito del mondo non ci vuole popolo: ci vuole massa, senza pensiero, senza libertà”. Lo spirito del mondo, ha ribadito, “vuole che andiamo per una strada di uniformità”, ma, come avverte San Paolo, “lo spirito del mondo ci tratta come se noi non avessimo la capacità di pensare da noi stessi; ci tratta come persone non libere”: “Il pensiero uniforme, il pensiero uguale, il pensiero debole, un pensiero così diffuso. Lo spirito del mondo non vuole che noi ci chiediamo davanti a Dio: 'Ma perché questo, perché quell’altro, perché accade questo?'. O anche ci propone un pensiero prêt-à-porter, secondo i propri gusti: ‘Io penso come mi piace!’. Ma quello va bene, dicono loro… Ma quello che lo spirito del mondo non vuole è questo che Gesù ci chiede: il pensiero libero, il pensiero di un uomo e di una donna che sono parte del popolo di Dio e la salvezza è stata proprio questa! Pensate ai profeti… ‘Tu non eri mio popolo, adesso ti dico popolo mio’: così dice il Signore. E questa è la salvezza: farci popolo, popolo di Dio, avere libertà”. “E Gesù – ha soggiunto – ci chiede di pensare liberamente, pensare per capire cosa succede”. La verità, ha detto ancora il Papa, è che “da soli non possiamo! Abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore”. Ne abbiamo bisogno “per capire i segni dei tempi” e, ha evidenziato, “lo Spirito Santo ci dà questo regalo, un dono: l’intelligenza per capire e non perché altri mi dicano cosa succede”: “Qual è la strada che il Signore vuole? Sempre con lo spirito di intelligenza per capire i segni dei tempi. E’ bello chiedere al Signore Gesù questa grazia, che ci invii il suo spirito di intelligenza, perché noi non abbiamo un pensiero debole, non abbiamo un pensiero uniforme e non abbiamo un pensiero secondo i propri gusti: soltanto abbiamo un pensiero secondo Dio. Con questo pensiero, che è un pensiero di mente, di cuore e di anima. Con questo pensiero, che è dono dello Spirito, cercare cosa significano le cose e capire bene i segni dei tempi”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 29/11/2013
29 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Venerdì 29 Novembre 2013
Venerdì della XXXIV settimana delle ferie del Tempo Ordinario
Santo(i) del giorno : S. Francesco Antonio Fasani, Sac. O.F.M. Conv., B. Vincenzo Romano, Sacerdote, B. Maria Maddalena Dell'Incarnazione (Caterina Sordini), Vergine e fondatrice
Meditazione del giorno
Beato John Henry Newman : « Guardate il fico »
Libro di Daniele 7,2-14.
Io, Daniele, guardavo nella mia visione notturna ed ecco, i quattro venti del cielo si abbattevano impetuosamente sul Mar Mediterraneo
e quattro grandi bestie, differenti l'una dall'altra, salivano dal mare.
La prima era simile ad un leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono tolte le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un uomo e le fu dato un cuore d'uomo.
Poi ecco una seconda bestia, simile ad un orso, la quale stava alzata da un lato e aveva tre costole in bocca, fra i denti, e le fu detto: "Su, divora molta carne".
Mentre stavo guardando, eccone un'altra simile a un leopardo, la quale aveva quattro ali d'uccello sul dorso; quella bestia aveva quattro teste e le fu dato il dominio.
Stavo ancora guardando nelle visioni notturne ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, d'una forza eccezionale, con denti di ferro; divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva dieci corna.
Stavo osservando queste corna, quand'ecco spuntare in mezzo a quelle un altro corno più piccolo, davanti al quale tre delle prime corna furono divelte: vidi che quel corno aveva occhi simili a quelli di un uomo e una bocca che parlava con alterigia.
Io continuavo a guardare, quand'ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente.
Un fiume di fuoco scendeva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti.
Continuai a guardare a causa delle parole superbe che quel corno proferiva, e vidi che la bestia fu uccisa e il suo corpo distrutto e gettato a bruciare sul fuoco.
Alle altre bestie fu tolto il potere e fu loro concesso di prolungare la vita fino a un termine stabilito di tempo.
Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui,
che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto.
Libro di Daniele 3,75.76.77.78.79.80.81.
Benedite, monti e colline, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, creature tutte che germinate sulla terra, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, sorgenti, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, mari e fiumi, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, mostri marini e quanto si muove nell'acqua, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 21,29-33.
E disse loro una parabola: «Guardate il fico e tutte le piante;
quando gia germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l'estate è vicina.
Così pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino.
In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto.
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Beato John Henry Newman (1801-1890), sacerdote, fondatore di una comunità religiosa, teologo
« The Invisible World » PPS, IV, 13
« Guardate il fico »
La terra che vediamo non ci soddisfa. Essa è soltanto un inizio ; è soltanto una promessa di un al di là ; anche nel più grande splendore, quando si copre di tutti i suoi fiori, e ci mostra, nel modo più incantevole, tutti i suoi tesori nascosti, anche allora, non ci basta. Sappiamo che, in essa, c'è molto di più di quanto possiamo vedere. Un mondo di santi e di angeli, un mondo glorioso, il palazzo di Dio, il monte del Signore Sabaoth, la Gerusalemme celeste, il trono di Dio e di Cristo: tutte queste meraviglie eterne, preziosissime, misteriose e incomprensibili si nascondono dietro ciò che vediamo. Ciò che vediamo è soltanto l’involucro esteriore di un regno eterno ; e su questo regno noi fissiamo gli occhi della nostra fede.
Mostrati, Signore, come nel tempo della tua Natività, quando gli angeli visitarono i pastori. La tua gloria si schiuda come i fiori e le foglie sugli alberi. Con la tua grande potenza trasforma il mondo visibile in quel mondo più divino che ancora non vediamo. Ciò che vediamo sia trasformato in ciò che crediamo. Per quanto brillanti siano il sole, e il cielo, e le nuvole, per quanto verdeggianti siano le foglie e i campi, per quanto dolce sia il canto degli uccelli, sappiamo che non è tutto lì, e non scambieremo la parte per il tutto.
Queste cose procedono da un centro di amore e di bontà che è Dio stesso. Ma esse non sono la sua pienezza. Parlano del cielo, ma non sono il cielo ; sono soltanto, in un certo senso, dei raggi dispersi, e un fioco riflesso della sua immagine ; sono soltanto le briciole che cadono dalla tavola.
CALENDARIO 2014 - LE VIE DEL SIGNORE
28 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
In Anteprima il CALENDARIO 2014 "Le Vie del Signore" raffigurante il Nostro PAPA FRANCESCO -- -- REGISTRATI su www.leviedelsignore.it , Esprimi un TUO PENSIERO o la TUA ESPERIENZA di FEDE; Chi riceverà più Commenti sul Nostro PORTALE, dagli ISCRITTI, Riceverà in OMAGGIO il CALENDARIO. -- -- Per INFO Scrivi a : info@leviedelsignore.it
Tweet del Papa: siamo docili alla Parola di Dio pronti alle sorprese del Signore
28 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco ha lanciato oggi questo tweet dal suo account @Pontifex:
“Impariamo ad essere docili alla Parola di Dio, pronti per le sorprese del Signore che ci parla”.
CIF sez. Belvedere Marittimo (CS) Organizza Cena Sociale - 30 Novembre 2013
28 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il CIF sez. di Belvedere Marittimo (Cs), giorno 30 Novembre 2013, organizza una Cena Sociale di raccolta fondi.
Il ricavato della serata verrà indirizzato a progetti di promozione sociale.
Durante la cena sarà presente il Vescovo Mosignor Leonardo Bonanno e Don Gianfranco Belsito, Padre Spirituale della nostra sezione.
Il costo della serata prevede il pagamento di una quota di Euro 20,00 (compresa la quota che andrà in beneficenza).
La serata sarà inoltre animata da Francesco Occhiuzzi e Paolo Aragon
Il Card. Filoni al CAM IV/COMLA IX: “Coraggio America, coraggio America Latina, puoi dare e fare di più!”
28 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Maracaibo – “Sono convinto che questo Congresso susciterà nelle Chiese dell’America una grande passione per la missione universale, convinti come siamo che la missio ad Gentes, ed in particolar modo quella ad extra, sia anche il mezzo più efficace per ridare vitalità ed entusiasmo alle nostre comunità cattoliche”. Lo ha ribadito il Card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Inviato speciale del Santo Padre Francesco, parlando ai partecipanti al IV Congresso Missionario Americano e IX Congresso Missionario Latino-americano , all’apertura del Congresso.
Nella sua relazione, il Cardinale ha evidenziato anzitutto come l’elezione di Papa Francesco, il primo Papa latino-americano, tocchi “in particolare il Continente americano e latino-americano da cui egli proviene, per cultura, per formazione e per esperienza pastorale”, quindi ha sottolineato che “fin dai primi momenti del suo Pontificato, Papa Francesco ha parlato della missionarietà e della testimonianza anche eroica, che a volte arriva al martirio. Una Chiesa missionaria che ha come compito primo l’annuncio del Vangelo e della misericordia di Dio, senza limiti, manifestata nella Persona di Gesù. Una Chiesa al servizio nelle periferie esistenziali, dei poveri e tra le piaghe della società. Una Chiesa che sa essere compassionevole, tenera, di comunione e di fraternità”. Papa Francesco si è ancora soffermato con forza sulla missionarietà nel suo viaggio in Brasile, parlando ai giovani riuniti per la Giornata Mondiale della Gioventù e ai Vescovi del Coordinamento del CELAM, richiamando la Conferenza di Aparecida. Su questa scia si innesta il IV Congresso Missionario Americano, ha sottolineato il Cardinale, infatti “lo scopo e l’orientamento della celebrazione di questo Congresso, che si mette sulla linea pastorale-missionaria che ha caratterizzato il continente in questi decenni, è di lanciare in modo specifico la missio ad Gentes”.Il Prefetto del Dicastero Missionario si è quindi soffermato sull’evangelizzazione ad Gentes e, in modo particolare, su quella cosiddetta ad extra, “intesa come responsabilità che tutte le Chiese particolari hanno verso l’annuncio del Vangelo in territori ove il Vangelo o non è ancora arrivato, oppure lo è da poco, oppure non si è ancora consolidato”. Del resto, ha ribadito il Cardinale, “la missio ad Gentes ad extra è ciò che giustifica i congressi missionari”. “La fede e la missio ad Gentes si trovano oggi di fronte ad un mondo costretto a misurarsi e ad affrontare nuove sfide” ha proseguito l’Inviato speciale del Papa, ricordando tuttavia che “l’evangelizzazione è una missione in fieri, costantemente aperta alle indicazioni dello Spirito e al contesto storico dei gruppi umani”. Quindi ha messo in luce “la partecipazione di tutte le Chiese alla missione universale… rimessa in moto dalla riflessione del Vaticano II e dalla prassi ecclesiale di questi ultimi 50 anni”.
Nella parte conclusiva della sua relazione, il Cardinale Filoni ha ribadito che “anche oggi, anzi maggiormente nel nostro tempo, c’è la necessità e l’urgenza di evangelizzare, perché l’annuncio del Vangelo è sempre una buona novella che porta la salvezza a tutti gli uomini e tende a creare pace e rispetto tra le persone e i popoli. Evangelizzare, in breve, è un atto di amore”. Infine l’appello: “La Chiesa di questo continente può dare e fare di più, perché anche qui, dove esistono pure tante povertà e la speranza ha ancora un ruolo e un vigore, nessuno è tanto povero da non condividere nemmeno la propria fede! Coraggio America, coraggio America Latina, puoi dare e fare di più, per questo chiedo ai tanti discepoli missionari di Gesù Cristo di emergere e venir fuori! Coraggio America, «comparte tu fe»!”
Radio Vaticana
Il Papa: la fede non è un fatto privato, adorare Dio fino alla fine, nonostante apostasia e persecuzioni
28 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Ci sono “poteri mondani” che vorrebbero che la religione fosse “una cosa privata”. Ma Dio, che ha vinto il mondo, si adora fino alla fine “con fiducia e fedeltà”. È il pensiero che Papa Francesco ha offerto durante l’omelia della Messa celebrata questa mattina in Casa S. Marta. I cristiani che oggi sono perseguitati – ha detto – sono il segno della prova che prelude alla vittoria finale di Gesù. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Nella lotta finale tra Dio e il Male, che la liturgia di fine anno propone in questi giorni, c’è una grande insidia, che Papa Francesco chiama “la tentazione universale”. La tentazione di cedere alle lusinghe di chi vorrebbe averla vinta su Dio, avendo la meglio su chi crede in Lui. Ma proprio chi crede ha un riferimento limpido cui guardare. È la storia di Gesù, con le prove patite nel deserto e poi le “tante” sopportate nella sua vita pubblica, condite da “insulti” e “calunnie”, fino all’affronto estremo, la Croce, dove però il principe del mondo perde la sua battaglia davanti alla Risurrezione del Principe della pace. Papa Francesco indica questi passaggi della vita di Cristo perché – sostiene – nello sconvolgimento finale del mondo, descritto nel Vangelo, la posta in gioco è più alta del dramma rappresentato dalle calamità naturali: “Quando Gesù parla di questa calamità in un altro brano ci dice che sarà una profanazione del tempio, una profanazione della fede, del popolo: sarà la abominazione, sarà la desolazione della abominazione. Cosa significa quello? Sarà come il trionfo del principe di questo mondo: la sconfitta di Dio. Lui sembra che in quel momento finale di calamità, sembra che si impadronirà di questo mondo, sarà il padrone del mondo”.
Ecco il cuore della “prova finale”: la profanazione della fede. Che tra l’altro è ben evidente – osserva Papa Francesco – da ciò che patisce il profeta Daniele, nel racconto della prima lettura: gettato nella fossa dei leoni per aver adorato Dio invece che il re. Dunque, “la desolazione della abominazione” – ribadisce il Papa – ha un nome preciso, “il divieto di adorazione”: “Non si può parlare di religione, è una cosa privata, no? Di questo pubblicamente non si parla. I segni religiosi sono tolti. Si deve obbedire agli ordini che vengono dai poteri mondani. Si possono fare tante cose, cose belle, ma non adorare Dio. Divieto di adorazione. Questo è il centro di questa fine. E quando arrivi alla pienezza – al ‘kairos’ di questo atteggiamento pagano, quando si compie questo tempo – allora sì, verrà Lui: ‘E vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria’. I cristiani che soffrono tempi di persecuzione, tempi di divieto di adorazione sono una profezia di quello che ci accadrà a tutti”.
Eppure, conclude Papa Francesco, nel momento in cui i “tempi dei pagani sono stati compiuti” è quello il momento di alzare il capo, perché è “vicina” la “vittoria di Gesù Cristo”: “Non abbiamo paura, soltanto Lui ci chiede fedeltà e pazienza. Fedeltà come Daniele, che è stato fedele al suo Dio e ha adorato Dio fino alla fine. E pazienza, perché i capelli della nostra testa non cadranno. Così ha promesso il Signore. Questa settimana ci farà bene pensare a questa apostasia generale, che si chiama divieto di adorazione e domandarci: ‘Io adoro il Signore? Io adoro Gesù Cristo, il Signore? O un po’ metà e metà, faccio il gioco del principe di questo mondo?’. Adorare fino alla fine, con fiducia e fedeltà: questa è la grazia che dobbiamo chiedere questa settimana”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 28/11/2013
28 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Giovedì 28 Novembre 2013
Giovedì della XXXIV settimana delle ferie del Tempo Ordinario
Santo(i) del giorno : S. Caterina Labourè , Vergine e veggente, BB. Francisco Esteban Lacal e 21 Compagni O.M.I., Martiri († 1936)
Meditazione del giorno
San Gregorio Magno : “Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”
Libro di Daniele 6,12-28.
Allora quegli uomini accorsero e trovarono Daniele che stava pregando e supplicando il suo Dio.
Subito si recarono dal re e gli dissero riguardo al divieto del re: "Non hai tu scritto un decreto che chiunque, da ora a trenta giorni, rivolga supplica a qualsiasi dio o uomo, all'infuori di te, re, sia gettato nella fossa dei leoni?". Il re rispose: "Sì. Il decreto è irrevocabile come lo sono le leggi dei Medi e dei Persiani".
"Ebbene - replicarono al re - Daniele, quel deportato dalla Giudea, non ha alcun rispetto né di te, re, né del tuo decreto: tre volte al giorno fa le sue preghiere".
Il re, all'udir queste parole, ne fu molto addolorato e si mise in animo di salvare Daniele e fino al tramonto del sole fece ogni sforzo per liberarlo.
Ma quegli uomini si riunirono di nuovo presso il re e gli dissero: "Sappi, re, che i Medi e i Persiani hanno per legge che qualunque decreto firmato dal re è irrevocabile".
Allora il re ordinò che si prendesse Daniele e si gettasse nella fossa dei leoni. Il re, rivolto a Daniele, gli disse: "Quel Dio, che tu servi con perseveranza, ti possa salvare!".
Poi fu portata una pietra e fu posta sopra la bocca della fossa: il re la sigillò con il suo anello e con l'anello dei suoi grandi, perché niente fosse mutato sulla sorte di Daniele.
Quindi il re ritornò alla reggia, passò la notte digiuno, non gli fu introdotta alcuna donna e anche il sonno lo abbandonò.
La mattina dopo il re si alzò di buon'ora e sullo spuntar del giorno andò in fretta alla fossa dei leoni.
Quando fu vicino, chiamò: "Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio che tu servi con perseveranza ti ha potuto salvare dai leoni?".
Daniele rispose: "Re, vivi per sempre.
Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le fauci dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui; ma neppure contro di te, o re, ho commesso alcun male".
Il re fu pieno di gioia e comandò che Daniele fosse tirato fuori dalla fossa. Appena uscito, non si riscontrò in lui lesione alcuna, poiché egli aveva confidato nel suo Dio.
Quindi, per ordine del re, fatti venire quegli uomini che avevano accusato Daniele, furono gettati nella fossa dei leoni insieme con i figli e le mogli. Non erano ancor giunti al fondo della fossa, che i leoni furono loro addosso e stritolarono tutte le loro ossa.
Allora il re Dario scrisse a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano tutta la terra: "Pace e prosperità.
Per mio comando viene promulgato questo decreto: In tutto l'impero a me soggetto si onori e si tema il Dio di Daniele, perché egli è il Dio vivente, che dura in eterno; il suo regno è tale che non sarà mai distrutto e il suo dominio non conosce fine.
Egli salva e libera, fa prodigi e miracoli in cielo e in terra: egli ha liberato Daniele dalle fauci dei leoni".
Libro di Daniele 3,68.69.70.71.72.73.74.
Benedite, rugiada e brina, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, gelo e freddo, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, ghiacci e nevi, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, notti e giorni, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, luce e tenebre, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, folgori e nubi, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedica la terra il Signore, lo lodi e lo esalti nei secoli.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 21,20-28.
Ma quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua devastazione è vicina.
Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città;
saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia.
Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo.
Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti.
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti,
mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
San Gregorio Magno (ca 540-604), papa, dottore della Chiesa
Omelie sul Vangelo, n°1,3
“Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”
« Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte ». Chi è che il Signore chiama potenze dei cieli, se non gli angeli, gli arcangeli,i Troni, le Dominazioni, i Principati e le Potestà ? (Col1,16) Appariranno in modo visibile alla venuta del Giudice… « Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande ». E’ come dire chiaramente: “Vedranno nella potenza e maestà colui che non hanno voluto ascoltare quando si presentava nell’umiltà”… Ciò è detto per i reprobi. Invece le seguenti parole sono indirizzate agli eletti per consolarli: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. E’ come se la Verità avvertisse chiaramente gli eletti dicendo: « Quando le disgrazie del mondo si moltiplicano…, rallegratevi nei vostri cuori. Mentre finisce quel mondo, di cui non siete amici, si avvicina la redenzione che desiderate ».
Coloro che amano Dio sono invitati a rallegrarsi di vedere avvicinarsi la fine del mondo, perché troveranno presto il mondo che amano, quando sarà passato quello a cui non si sono attaccati. Il fedele che desidera vedere Dio si guardi bene dal piangere sulle disgrazie che colpiscono il mondo, poiché sa che esse ne portano la fine. E’ scritto infatti: “Chi vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio” (Gc 4,4). Chi dunque non si rallegra di vedere avvicinarsi la fine di questo mondo, mostra di esserne amico e con ciò prova di essere nemico di Dio.
Non sia così del cuore dei fedeli, di coloro che credono che esiste un’altra vita e che, coi loro atti, provano che l’amano… Infatti, cos’è questa vita mortale se non un cammino? Ora, che follia, fratelli miei, esaurirsi su questa strada, pur non volendo arrivarne al termine!... Così, fratelli miei, non amate le cose di questo mondo che, come vediamo da ciò che accade intorno a noi, non potrà sussistere a lungo.
Papa Francesco: 'La nostra vita non finisce con la morte'.
27 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Esortazione programmatica e profetica: la presentazione di “Evangelii Gaudium” in sala stampa
27 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
L’Evangelii Gaudium è stata presentata, ieri mattina, in un’affollata sala stampa vaticana. A intervenire sull’atteso documento, mons. Rino Fisichella, presidente del dicastero per la Nuova Evangelizzazione, mons. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi e mons. Claudio Maria Celli, presidente del dicastero delle Comunicazioni Sociali. Il servizio diAlessandro Gisotti: Un documento “programmatico e esortativo” in cui Papa Francesco indica alla Chiesa di farsi compagna di strada di quanti sono alla ricerca di Dio. Questa in estrema sintesi la definizione emersa in Sala Stampa della Evangelii Gaudium, documento nel quale la parola “gioia” compare ben 59 volte. Questa Esortazione apostolica, ha spiegato padre Federico Lombardi, è stata scritta dal Pontefice di sua mano, in spagnolo, nel mese di agosto, dopo la Gmg di Rio. Nel suo intervento, mons. Fisichella ha sottolineato che questo documento si pone in continuità con l’insegnamento di Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi, ribadendo la centralità della persona di Gesù come “primo evangelizzatore”. Un testo, ha soggiunto, che invita a “recuperare una visione profetica e positiva della realtà, senza distogliere lo sguardo dalle difficoltà”. Quindi,mons. Fisichella ha tratteggiato la struttura fondamentale dell’Evangelii Gaudium: “I sette punti, raccolti nei cinque capitoli dell’Esortazione, costituiscono le colonne fondanti della visione di Papa Francesco per la nuova evangelizzazione: la riforma della Chiesa in uscita missionaria, le tentazioni degli agenti pastorali, la Chiesa intesa come totalità del popolo di Dio che evangelizza, l’omelia e la sua preparazione, l’inclusione sociale dei poveri, la pace e il dialogo sociale, le motivazioni spirituali per l’impegno missionario”.
Centrale nel testo, ha spiegato, è la “riforma in chiave missionaria della Chiesa” e l’impegno alla conversione permanente, che coinvolge anche il Successore di Pietro: “Papa Francesco ripropone con forza la richiesta della 'conversione pastorale'. Ciò significa, passare da una visione burocratica, statica e amministrativa della pastorale a una prospettiva missionaria; anzi, una pastorale in stato permanente di evangelizzazione”.
Il linguaggio del Papa in questo documento, ha detto ancora, è “chiaro, immediato, senza retorica né sottintesi”: “Papa Francesco va al cuore dei problemi che vive l’uomo di oggi e che, da parte della Chiesa, richiedono molto più di una semplice presenza. A lei è chiesta una fattiva azione programmatica e una rinnovata prassi pastorale che evidenzi il suo impegno per la nuova evangelizzazione”.
Dal canto suo, mons. Baldisseri ha messo l’accento sulla dimensione della sinodalità presente nell’Esortazione che, pur non essendo “post-sinodale”, attinge all’ultimo Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. Mons. Baldisseri ha sottolineato che il Papa cita spesso documenti delle Conferenze episcopali o di episcopati continentali, come il Documento di Aparecida. E ha messo un accento particolare su quanto sia cara al Papa la “dimensione sociale” dell’evangelizzazione radicata nella sua esperienza di pastore a Buenos Aires: “L’esperienza latinoamericana e caraibica di una Chiesa profondamente immersa nella vita del popolo ha provocato una cura attenta ai poveri, agli esclusi, agli oppressi, ed ha suscitato anche una grande riflessione teologica, le cui ripercussioni hanno varcato i confini, assumendo volti contestuali propri, nelle diverse aree del mondo, partecipi della medesima condizione sociale”.
Sul linguaggio originale della Evangelii Gaudium si è, invece, soffermato mons. Celli: “Ha un suo stile e un suo linguaggio proprio. Mi piace sottolineare che il tono è quasi colloquiale con la caratteristica propria di un profondo afflato pastorale. (…) Si percepisce, leggendo il testo, che ci troviamo di fronte ad un pastore che è a colloquio meditativo con i fedeli”.
Per Francesco, ha detto ancora, “l’annuncio deve concentrarsi sull’essenziale” e la “proposta quindi deve semplificarsi senza perdere per questo profondità e verità”: “Il tema del linguaggio è certamente una grande sfida per la Chiesa oggi. Una sfida che deve essere accolta consapevolmente e con decisione, con audacia e saggezza come ricordava Paolo VI in Evangelii Nuntiandi. Io alle volte, mi permetto di sottolineare, che siamo stati molto saggi e poco audaci nella nostra comunicazione”.
I relatori hanno quindi risposto alle domande dei giornalisti. In particolare è stato chiesto cosa intende il Papa quando parla di “conversione” del Papato. Ecco la risposta di mons. Fisichella: “Il Papa mi sembra senta l’esigenza di dire: ‘Guardate che io non chiedo solo agli altri, io sono in mezzo al Popolo di Dio, sono il primo che desidero dare l’esempio, la testimonianza di come si debba sviluppare un’azione pastorale. E mi sembra che sin dal primo istante in cui è stato eletto Successore di Pietro abbia mostrato questa dimensione”.
Sempre mons. Fisichella ha risposto ad una domanda sul ruolo delle Conferenze episcopali che, afferma l’Esortazione, dovrebbero avere una “qualche autentica autorità dottrinale”: “Quello che il Papa chiede in proposito è che si porti avanti una visione dello Statuto, cioè quale identità le Conferenze episcopali possono sviluppare ancora di più proprio nell’ordine della nuova evangelizzazione e nell’ordine della sinodalità, cui è stato accennato”.
Sempre sul ruolo delle conferenze episcopali nella visione di Papa Francesco è intervenutomons. Baldisseri che ha ribadito l’importanza delle citazioni di documenti episcopali nell’Evangelii Gaudium:
“Quando il Papa stesso cita, prende dalla Conferenza episcopale, è un fatto importante: vuol dire far partecipare i vescovi del mondo al primato, alla collegialità, al governo, al magistero della Chiesa”.
Radio Vaticana
Venezuela. Il card. Filoni al IV Congresso Missionario Americano: "mettiamo al centro Cristo"
27 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
“In questo nostro Congresso mettiamo al centro Cristo e come Maestro intendiamo ascoltarne la voce, raccoglierne il messaggio, farlo entrare in noi e prepararci alla missione. Sì esattamente, come dice il tema di questo Congresso: farsi ‘Discípulos misioneros de Jesuscristo, desde America, en un mundo secularizado y pluricultural’.” E’ l’esortazione che il card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Inviato speciale di Papa Francesco, ha rivolto agli oltre tremila partecipanti al IV Congresso Missionario Americano (Cam 4) e IX Congresso Missionario Latino-americano (Comla IX), riuniti nel grande piazzale antistante la basilica di Nostra Signora di Chiquinquirà a Maracaibo, per la solenne celebrazione di apertura che si è svolta ieri pomeriggio. Citanto la Lettera con cui il Pontefice lo ha designato a rappresentarlo - riferisce l'agenzia Fides - il card. Filoni ha evidenziato che in questo modo “il Papa non solo si fa presente in mezzo a voi, ma mi chiede di assicurarvi del Suo affetto e saluta tutti cordialmente”. Papa Francesco scrive, riferendosi al documento conciliare Ad Gentes, “che la natura vera e profonda della Chiesa è quella missionaria. Motivo per cui essa intende dedicarsi anche oggi, con grande entusiasmo, affinché il Vangelo sia annunciato a tutte le genti, seguendo la stessa strada tracciata dal Signore”. Nella sua omelia il prefetto del Dicastero Missionario si è soffermato sulla liturgia della Parola del giorno, che illustrava il disegno di Dio, concepito fin dall’eternità. “Gesù, l’atteso, appare come la luce delle genti, la luce di chi crede, la luce della fede” ha sottolineato, citando poi il brano evangelico della visita di Maria a Santa Elisabetta, dove si evidenzia “la centralità di Cristo nella storia della salvezza”, di conseguenza Cristo “diventi il centro della nostra predicazione, anzi della predicazione della Chiesa”. “Abbiamo bisogno di riflettere, a oltre cinque secoli di evangelizzazione di questo Continente, come la nostra gente che pure ha ricevuto ed accolto la fede, vive e crede” ha proseguito il prefetto del Dicastero Missionario. “Abbiamo bisogno di domandarci che cosa predomina nelle nostre Chiese, se una pastorale di conservazione o di annuncio; se una pastorale centrata solo sulle nostre realtà americane o latino-americane, oppure aperte al mondo; se la nostra pastorale, a volte vicina ai poveri a parole, in realtà non sia da essi distaccata, non ritenendo che essi possano darci nulla. Dobbiamo chiederci se la nostra è una pastorale attenta a mettere Cristo al primo posto ed al centro, oppure, come dice il Papa Francesco, autoreferenziale, politicante, ideologizzante, senza anima e formale”. Concludendo l’omelia, il card. Filoni ha esortato a metterci “alla scuola di Gesù Maestro” per prepararci alla missione, “chiediamo a Cristo di farsi nostro fratello, nostra luce, nostro bene”. Secondo fonti della Fides, più di 3.000 missionari, circa 600 sacerdoti, 100 vescovi e tantissimi fedeli delle parrocchie e delle comunità che circondano la città di Maracaibo, prima dell'Eucaristia hanno accolto le reliquie di Santa Teresa di Lisieux, Patrona delle Missioni, che sono arrivate nel territorio venezuelano il 28 ottobre per la celebrazione di questo grande evento. L'Eucaristia è stata animata dal Coro Interparroquial dell'arcidiocesi di Maracaibo, che ha eseguito canti liturgici locali e altri brani noti a livello universale, come "Pescatore di uomini" e "Alma Missionaria", che hanno provocato una grande emozione e partecipazione tra tutti. Dopo la comunione hanno preso la parola mons. Diego Padron, presidente della Conferenza episcopale venezuelana (Cev), e alcuni rappresentanti politici della regione, che hanno espresso il loro compiacimento per la presenza del Delegato del Papa e ringraziando perché Maracaibo è stata scelta come sede del Cam 4. Terminata la Messa, il gruppo musicale "I Chiquinquireños" ha cantato diverse canzoni al suono del Cuatro, tamburi, Furros e maracas, per onorare Nostra Signora di Chiquinquirá, Madre di Dio e Patrona della regione, mentre il cielo era illuminato da centinaia di fuochi artificiali. (R.P.)
Radio Vaticana
Udienza generale. Il Papa: chi pratica la misericordia non teme la morte
27 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Circa 50 mila fedeli oggi in Piazza San Pietro per l’udienza generale, nonostante la giornata molto fredda. Il Papa ha fatto innanzitutto i complimenti ai pellegrini presenti: “perché voi siete coraggiosi con questo freddo in piazza! Complimenti, tanti!”. Quindi, ha affermato di voler portare a termine le catechesi sul “Credo”, svolte durante l’Anno della Fede, che si è concluso domenica scorsa. In questa catechesi e nella prossima – ha detto – “vorrei considerare il tema della risurrezione della carne, cogliendone due aspetti così come li presenta il Catechismo della Chiesa Cattolica, cioè il nostro morire e il nostro risorgere in Gesù Cristo. Oggi mi soffermo sul primo aspetto: «morire in Cristo»”. “C’è un modo sbagliato di guardare la morte – ha detto - La morte ci riguarda tutti, ci interroga in modo profondo, specialmente quando ci tocca da vicino, o quando colpisce i piccoli, gli indifesi in una maniera che ci risulta ‘scandalosa’. A me sempre ha colpito la domanda: perché soffrono i bambini?, perché muoiono i bambini? Se viene intesa come la fine di tutto, la morte spaventa, atterrisce, si trasforma in minaccia che infrange ogni sogno, ogni prospettiva, che spezza ogni relazione e interrompe ogni cammino. Questo capita quando consideriamo la nostra vita come un tempo rinchiuso tra due poli: la nascita e la morte; quando non crediamo in un orizzonte che va oltre quello della vita presente; quando si vive come se Dio non esistesse. Questa concezione della morte è tipica del pensiero ateo, che interpreta l’esistenza come un trovarsi casualmente nel mondo e un camminare verso il nulla. Ma esiste anche un ateismo pratico, che è un vivere solo per i propri interessi, vivere solo per le cose terrene. Se ci lasciamo prendere da questa visione sbagliata della morte, non abbiamo altra scelta che quella di occultare la morte, di negarla, o di banalizzarla, perché non ci faccia paura”. "Ma a questa falsa soluzione - ha proseguito - si ribella il 'cuore' dell’uomo, il desiderio che tutti noi abbiamo di infinito, la nostalgia che tutti noi abbiamo dell’eterno. E allora qual è il senso cristiano della morte? Se guardiamo ai momenti più dolorosi della nostra vita, quando abbiamo perso una persona cara – i genitori, un fratello, una sorella, un coniuge, un figlio, un amico –, ci accorgiamo che, anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte. E questo è vero: la nostra vita non finisce con la morte! Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza della vita oltre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza e serenità anche il passaggio della morte. La Chiesa infatti prega: «Se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell’immortalità futura». Una bella preghiera della Chiesa questa! Una persona tende a morire come è vissuta. Se la mia vita è stata un cammino con il Signore, di fiducia nella sua immensa misericordia, sarò preparato ad accettare il momento ultimo della mia esistenza terrena come il definitivo abbandono confidente nelle sue mani accoglienti, in attesa di contemplare faccia a faccia il suo volto”. E a braccio ha aggiunto: “Questo è il più bello che può accaderci: contemplare faccia a faccia quel volto meraviglioso del Signore. Ma, vederlo come Lui è: bello, pieno di luce, pieno di amore, pieno di tenerezza. Noi andiamo fino a questo punto: trovare il Signore”.“In questo orizzonte – ha proseguito - si comprende l’invito di Gesù ad essere sempre pronti, vigilanti, sapendo che la vita in questo mondo ci è data anche per preparare l’altra vita, quella con il Padre celeste. E per questo c’è una via sicura: prepararsi bene alla morte, stando vicino a Gesù: quella è la sicurezza. Io mi preparo alla morte stando vicino a Gesù. E come si sta vicino a Gesù? Con la preghiera, nei Sacramenti e anche nella pratica della carità. Ricordiamo che Lui è presente nei più deboli e bisognosi. Lui stesso si è identificato con loro, nella famosa parabola del giudizio finale, quando dice: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. …Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,35-36.40). Pertanto, una via sicura è recuperare il senso della carità cristiana e della condivisione fraterna, prenderci cura delle piaghe corporali e spirituali del nostro prossimo”. “La solidarietà nel compatireil dolore e infondere speranza – ha sottolineato - è premessa e condizione per ricevere in eredità quel Regno preparato per noi. Chi pratica la misericordia non teme la morte. Pensate bene a questo! Chi pratica la misericordia non teme la morte. Siete d’accordo? Lo diciamo insieme per non dimenticarlo: ‘Chi pratica la misericordia non teme la morte!’. Un’altra volta: ‘Chi pratica la misericordia non teme la morte!’. E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù Cristo. Se apriremo la porta della nostra vita e del nostro cuore ai fratelli più piccoli, allora anche la nostra morte diventerà una porta che ci introdurrà al cielo, alla patria beata, verso cui siamo diretti, anelando di dimorare per sempre con il nostro Padre Dio, con Gesù, con la Madonna e con i santi”.
Radio Vaticana
Affettuoso incontro di Papa Francesco con 50 bimbe affette dalla sindrome di Rett
27 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Stamane, prima dell’udienza generale, il Papa ha incontrato in Aula Paolo VI circa 50 bambine affette dalla sindrome di Rett, con i familiari. La sindrome di Rett è una patologia progressiva dello sviluppo neurologico che colpisce quasi esclusivamente le bambine. E' stato un incontro semplice e commovente, con Papa Francesco che ha salutato e accarezzato con affetto le bimbe, una per una. L'appuntamento si è concluso con la recita di un'Ave Maria e la benedizione finale.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO - 27/11/2013
27 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Mercoledì 27 Novembre 2013
Mercoledì della XXXIV settimana delle ferie del Tempo Ordinario
Santo(i) del giorno : Beata Vergine della Medaglia Miracolosa, S. Virgilio di Salisburgo, Vescovo
Meditazione del giorno
Santa Teresa d'Avila : “Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa”
Libro di Daniele 5,1-6.13-14.16-17.23-28.
Il re Baldassàr imbandì un gran banchetto a mille dei suoi dignitari e insieme con loro si diede a bere vino.
Quando Baldassàr ebbe molto bevuto comandò che fossero portati i vasi d'oro e d'argento che Nabucodònosor suo padre aveva asportati dal tempio, che era in Gerusalemme, perché vi bevessero il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine.
Furono quindi portati i vasi d'oro, che erano stati asportati dal tempio di Gerusalemme, e il re, i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine li usarono per bere;
mentre bevevano il vino, lodavano gli dei d'oro, d'argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra.
In quel momento apparvero le dita di una mano d'uomo, le quali scrivevano sulla parete della sala reale, di fronte al candelabro. Nel vedere quelle dita che scrivevano,
il re cambiò d'aspetto: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono, i ginocchi gli battevano l'uno contro l'altro.
Fu quindi introdotto Daniele alla presenza del re ed egli gli disse: "Sei tu Daniele un deportato dei Giudei, che il re mio padre ha condotto qua dalla Giudea?
Ho inteso dire che tu possiedi lo spirito degli dei santi e che si trova in te luce, intelligenza e sapienza straordinaria.
Ora, mi è stato detto che tu sei esperto nel dare spiegazioni e sciogliere enigmi. Se quindi potrai leggermi questa scrittura e darmene la spiegazione, tu sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana d'oro e sarai il terzo signore del regno".
Daniele rispose al re: "Tieni pure i tuoi doni per te e dà ad altri i tuoi regali: tuttavia io leggerò la scrittura al re e gliene darò la spiegazione.
Anzi tu hai insolentito contro il Signore del cielo e sono stati portati davanti a te i vasi del suo tempio e in essi avete bevuto tu, i tuoi dignitari, le tue mogli, le tue concubine: tu hai reso lode agli dei d'oro, d'argento, di bronzo, di ferro, di legno, di pietra, i quali non vedono, non odono e non comprendono e non hai glorificato Dio, nelle cui mani è la tua vita e a cui appartengono tutte le tue vie.
Da lui fu allora mandata quella mano che ha tracciato quello scritto,
di cui questa è la lettura: mene, tekel, peres,
e questa ne è l'interpretazione: Mene: Dio ha computato il tuo regno e gli ha posto fine.
Tekel: tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato mancante.
Peres: il tuo regno è diviso e dato ai Medi e ai Persiani".
Libro di Daniele 3,62.63.64.65.66.67.
Benedite, sole e luna, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, stelle del cielo, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, piogge e rugiade, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, o venti tutti, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, fuoco e calore, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Benedite, freddo e caldo, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 21,12-19.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome.
Questo vi darà occasione di render testimonianza.
Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa;
io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi;
sarete odiati da tutti per causa del mio nome.
Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà.
Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Santa Teresa d'Avila (1515-1582), carmelitana, dottore della Chiesa
Pensieri sull’amore di Dio, cap 3,4-6
“Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa”
Amore potente del mio Dio ! Com’è vero che niente è impossibile a colui che ama. Beato chi gode una tale pace da parte del suo Dio, che supera ogni sofferenza e pericolo del mondo. Non ne teme alcuno, dal momento che si tratta di servire un tale Maestro, ed ha ragione… Mi viene un pensiero che si addice bene alle persone per natura paurose e poco coraggiose… Anche quando sono veramente arrivate allo stato di cui parlo, la loro debole natura si sgomenta. Bisogna allora far bene attenzione, poiché questa naturale debolezza potrebbe farci perdere una magnifica corona. Figlie mie, quando vi sentirete prendere dalla paura, ricorrete alla fede e all’umiltà; e, fortificate dalla convinzione che niente è impossibile a Dio (Lc 1,37), affrontate il vostro compito. Ha ben potuto rendere forti molte giovani sante, rendendole capaci di affrontare tutti i tormenti che avevano deciso di sopportare per lui!
Ciò che Lui chiede è una determinazione che lo rende maestro del nostro libero arbitrio, poiché non ha alcun bisogno dei nostri sforzi. Al contrario, a nostro Signore piace far risplendere le sue meraviglie nelle creature più deboli, perché così può più liberamente usare il suo potere e soddisfare il desiderio di accordarci le sue grazie…
Lasciate da parte le obiezioni della ragione e non considerate la vostra debolezza. Essa non farà che aumentare se vi fermate a riflettere se riuscirete o no… Non è il momento di pensare ai vostri peccati; lasciateli da parte. Quest’umiltà non è per adesso, è assolutamente fuori luogo… Siate certe che il Signore non abbandona mai chi lo ama e corre dei rischi solo per lui.
Putin dal Papa. Al centro dei colloqui la pace in Medio Oriente e la crisi siriana
25 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Visita del presidente russo Vladimir Putin in Vaticano per un'udienza con Papa Francesco. Successivamente il Presidente ha incontrato il Segretario di Stato, Mons. Pietro Parolin, accompagnato dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, Mons. Dominique Mamberti. Un comunicato della Santa Sede afferma che durante colloqui "si è espresso compiacimento per i buoni rapporti bilaterali e ci si è soffermati su alcune questioni di interesse comune, in modo particolare sulla vita della comunità cattolica in Russia, rilevando il contributo fondamentale del cristianesimo nella società. In tale contesto, si è fatto cenno alla situazione critica dei cristiani in alcune regioni del mondo, nonché alla difesa e alla promozione dei valori riguardanti la dignità della persona, e la tutela della vita umana e della famiglia - continua il il comunicato - Inoltre, è stata prestata speciale attenzione al perseguimento della pace nel Medio Oriente e alla grave situazione in Siria, in riferimento alla quale il Presidente Putin ha espresso ringraziamento per la lettera indirizzatagli dal Santo Padre in occasione del G20 di S. Pietroburgo". In particolare "è stata sottolineata l’urgenza di far cessare le violenze e di recare l’assistenza umanitaria necessaria alla popolazione, come pure di favorire iniziative concrete per una soluzione pacifica del conflitto, che privilegi la via negoziale e coinvolga le varie componenti etniche e religiose, riconoscendone l’imprescindibile ruolo nella società".
Radio Vaticana
Lotta alla povertà e alla corruzione al centro dei colloqui tra il Papa e il presidente del Paraguay
25 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa ha ricevuto stamani il presidente della Repubblica del Paraguay, Horacio Manuel Cartes Jara, che poi ha incontrato mons. Pietro Parolin, segretario di Stato, e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Nel corso dei cordiali colloqui – rileva un comunicato della Sala Stampa vaticana - dopo aver rilevato i buoni rapporti bilaterali esistenti tra la Santa Sede e il Paraguay, sono stati affrontati temi di comune interesse attinenti alla situazione del Paese e della Regione, come la lotta alla povertà e alla corruzione, la promozione dello sviluppo integrale della persona umana ed il rispetto dei diritti umani. Non si è mancato, inoltre, di sottolineare il ruolo e il contributo della Chiesa nella società, come anche la collaborazione del Paraguay con la Santa Sede a livello internazionale”.
Radio Vaticana
Costruite ponti di fraternità con le altre Chiese: così il Papa ai pellegrini greco-cattolici ucraini
25 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa ha incontrato stamane nella Basilica di San Pietro i pellegrini greco-cattolici ucraini, in occasione del 50.mo anniversario della deposizione dei resti di San Giosafat nella Basilica Vaticana. Papa Francesco ha sottolineato di aver accolto molto volentieri l’invito di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Haly?, e del Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina, ad unirsi ai pellegrini in questo pellegrinaggio alla tomba di san Giosafat, Vescovo e Martire, nel cinquantesimo anniversario della traslazione delle sue reliquie in questa Basilica Vaticana: “Accolgo con gioia – ha detto - anche la delegazione dei Bizantini di Bielorussia”. “Il Papa Paolo VI, il 22 novembre 1963 – ha ricordato - fece collocare il corpo di san Giosafat sotto l’altare dedicato a san Basilio Magno, nei pressi della tomba di San Pietro. Il santo Martire ucraino, infatti, aveva scelto di abbracciare la vita monastica secondo la Regola basiliana. E lo fece fino in fondo, impegnandosi anche per la riforma del proprio Ordine di appartenenza, riforma che portò alla nascita dell’Ordine Basiliano di San Giosafat. Allo stesso tempo, prima da semplice fedele, poi da monaco" e infine come Arcivescovo, "egli impegnò tutte le sue forze per l’unione della Chiesa sotto la guida di Pietro, Principe degli Apostoli”.
Quindi ha proseguito: “la memoria di questo santo Martire ci parla della comunione dei santi, della comunione di vita tra tutti coloro che appartengono a Cristo. E’ una realtà che ci fa pregustare la vita eterna, poiché un aspetto importante della vita eterna consiste nella gioiosa fraternità di tutti i santi. «Ognuno amerà l’altro come se stesso – insegna san Tommaso d’Aquino – e perciò godrà del bene altrui come proprio. Così il gaudio di uno solo sarà tanto maggiore quanto più grande sarà la gioia di tutti gli altri beati» (Conferenze sul Credo)”.
“Se tale è la comunione della Chiesa – ha affermato il Papa - ogni aspetto della nostra vita cristiana può essere animato dal desiderio di costruire insieme, di collaborare, di imparare gli uni dagli altri, di testimoniare la fede insieme. Ci accompagna in questo cammino, ed è il centro di questo cammino, Gesù Cristo, il Signore Risorto. Questo desiderio di comunione ci spinge a cercare di capire l’altro, a rispettarlo, e anche ad accogliere e offrire la correzione fraterna. Cari fratelli e sorelle, il modo migliore di celebrare san Giosafat è amarci tra noi e amare e servire l’unità della Chiesa. Ci sostiene in questo anche la testimonianza coraggiosa di tanti martiri dei tempi più recenti, i quali costituiscono una grande ricchezza e un grande conforto per la vostra Chiesa”.
Il Papa ha così concluso: “Auguro che la comunione profonda che desiderate approfondire ogni giorno all’interno della Chiesa cattolica, vi aiuti a costruire ponti di fraternità anche con le altre Chiese e Comunità ecclesiali in terra ucraina e altrove, dove le vostre comunità sono presenti. Con l’intercessione della Beata Vergine Maria e di san Giosafat, il Signore vi accompagni sempre e vi benedica!”.
Radio Vaticana
VANGELO DEL GIORNO
25 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
VANGELO DEL GIORNO
« Signore, da chi andremo ? Tu hai parole di vita eterna » Gv 6,68
Lunedì 25 Novembre 2013
Lunedì della XXXIV settimana delle ferie del Tempo Ordinario
Santo(i) del giorno : S. Caterina d'Alessandria, Vergine e Martire (mf)
Meditazione del giorno
Beato Charles de Foucauld : “Lei ha messo più di tutti”
Libro di Daniele 1,1-6.8-20.
L'anno terzo del regno di Ioiakìm re di Giuda, Nabucodònosor re di Babilonia marciò su Gerusalemme e la cinse d'assedio.
Il Signore mise Ioiakìm re di Giuda nelle sue mani, insieme con una parte degli arredi del tempio di Dio, ed egli li trasportò in Sennaàr e depositò gli arredi nel tesoro del tempio del suo dio.
Il re ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile,
senza difetti, di bell'aspetto, dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, per essere istruiti nella scrittura e nella lingua dei Caldei.
Il re assegnò loro una razione giornaliera di vivande e di vino della sua tavola; dovevano esser educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero entrati al servizio del re.
Fra di loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania, Misaele e Azaria;
Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non farlo contaminare.
Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari.
Però egli disse a Daniele: "Io temo che il re mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e io così mi renda colpevole davanti al re".
Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria:
"Mettici alla prova per dieci giorni, dandoci da mangiare legumi e da bere acqua,
poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re; quindi deciderai di fare con noi tuoi servi come avrai constatato".
Egli acconsentì e fece la prova per dieci giorni;
terminati questi, si vide che le loro facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che mangiavano le vivande del re.
D'allora in poi il sovrintendente fece togliere l'assegnazione delle vivande e del vino e diede loro soltanto legumi.
Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza e rese Daniele interprete di visioni e di sogni.
Terminato il tempo stabilito dal re entro il quale i giovani dovevano essergli presentati, il capo dei funzionari li portò a Nabucodònosor.
Il re parlò con loro, ma fra tutti non si trovò nessuno pari a Daniele, Anania, Misaele e Azaria, i quali rimasero al servizio del re;
in qualunque affare di sapienza e intelligenza su cui il re li interrogasse, li trovò dieci volte superiori a tutti i maghi e astrologi che c'erano in tutto il suo regno.
Libro di Daniele 3,52.53.54.55.56.
"Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel trono del tuo regno,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo
gli abissi e siedi sui cherubini,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 21,1-4.
Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro.
Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli
e disse: «In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti.
Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere».
Traduzione liturgica della Bibbia
Meditazione del giorno:
Beato Charles de Foucauld (1858-1916), eremita e missionario nel Sahara
Meditazioni sul Vangelo, sulle virtù principali (1896)
“Lei ha messo più di tutti”
“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46). E’ l’ultima preghiera del Maestro, del nostro Amato. Possa essere la nostra! E che non sia solo quella dell’ultimo momento, ma quella di ogni momento:
Padre mio,
mi affido a te,
mi abbandono a te,
fa' di me ciò che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me
Ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto.
La tua volontà si compia in me,
in tutte le tue creature.
Non desidero altro, mio Dio.
Affido l'anima mia alle tue mani
Te la dono mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore
perché ti amo,
ed è un bisogno del mio amore
di donarmi
di pormi nelle tue mani senza riserve
con infinita fiducia
perché Tu sei mio Padre.
Papa Francesco chiude l'Anno della Fede e consegna l'Esortazione Apostolica
24 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Papa Francesco chiude l'Anno della Fede: Gesù è il centro di tutto e ci perdona sempre
24 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Accogliere la “centralità di Gesù” nella propria vita. Nella Solennità di Cristo Re, ultima domenica dell’Anno liturgico e atto conclusivo dell’Anno della Fede, Papa Francesco all’omelia della Messa presieduta in Piazza San Pietro ha esortato la Chiesa e ogni singolo cristiano a riconoscere in Cristo il “centro” della creazione, del popolo di Dio, il centro della storia e dell’umanità. Ma soprattutto, ha invitato ogni cristiano a rimettere Cristo al centro del proprio cuore, nonostante i propri limiti, e con l'assoluta certezza di poter contare sulla Misericordia di Dio. “Gesù – ha affermato il Papa – pronuncia solo la parola del perdono, non quella della condanna” e la sua promessa al buon ladrone, ha aggiunto, “ci dà una grande speranza: ci dice che la grazia di Dio è sempre più abbondante della preghiera che l’ha domandata”. Il Papa ha iniziato la celebrazione attorniato da 1200 concelebranti, e davanti a circa 60 mila persone, inchinandosi davanti al reliquiario che custodisce alcune ossa attribuite all’Apostolo Pietro, per la prima volta esposto in pubblico. Prima della Messa, per volontà del Papa è stata effettuata tra i fedeli presenti una colletta in favore della popolazione filippina colpita dal tifone Haiyan. Al termine della Messa, prima dell’Angelus, Papa Francesco consegnerà la sua Esortazione Apostolica Evangelii gaudium. Di seguito, il testo integrale dell’omelia pronunciata da Papa Francesco:
“La solennità odierna di Cristo Re dell’universo, coronamento dell’anno liturgico, segna anche la conclusione dell’Anno della Fede, indetto dal Papa Benedetto XVI, al quale va ora il nostro pensiero pieno di affetto e riconoscenza per questo dono che ci ha dato. Con tale provvidenziale iniziativa, egli ci ha offerto l’opportunità di riscoprire la bellezza di quel cammino di fede che ha avuto inizio nel giorno del nostro Battesimo, e che ci ha resi figli di Dio e fratelli nella Chiesa. Un cammino che ha come meta finale l’incontro pieno con Dio, e durante il quale lo Spirito Santo ci purifica, ci eleva, ci santifica, per farci entrare nella felicità a cui anela il nostro cuore. Desidero anche rivolgere un cordiale e fraterno saluto ai Patriarchi e agli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche, qui presenti. Lo scambio della pace, che compirò con loro, vuole significare anzitutto la riconoscenza del Vescovo di Roma per queste Comunità, che hanno confessato il nome di Cristo con una esemplare fedeltà, spesso pagata a caro prezzo. Allo stesso modo, per loro tramite, con questo gesto intendo raggiungere tutti i cristiani che vivono nella Terra Santa, in Siria e in tutto l’Oriente, al fine di ottenere per tutti il dono della pace e della concordia. Le Letture bibliche che sono state proclamate hanno come filo conduttore la centralità di Cristo. Cristo è al centro, Cristo è il centro. Cristo centro della creazione, Cristo centro del popolo, Cristo centro della storia. 1. L’Apostolo Paolo ci offre una visione molto profonda della centralità di Gesù. Ce lo presenta come il Primogenito di tutta la creazione: in Lui, per mezzo di Lui e in vista di Lui furono create tutte le cose. Egli è il centro di tutte le cose, è il principio. Gesù Cristo, il Signore: Dio ha dato a Lui la pienezza, la totalità, perché in Lui siano riconciliate tutte le cose (cfr 1,12-20). Signore della Creazione, Signore della riconciliazione. Questa immagine ci fa capire che Gesù è il centro della creazione; e pertanto l’atteggiamento richiesto al credente, se vuole essere tale, è quello di riconoscere e di accogliere nella vita questa centralità di Gesù Cristo, nei pensieri, nelle parole e nelle opere. E così, i nostri pensieri saranno pensieri cristiani, pensieri di Cristo. Le nostre opere saranno opere cristiane, opere di Cristo. Le nostre parole saranno parole cristiane, parole di Cristo. Invece, quando si perde questo centro, perché lo si sostituisce con qualcosa d’altro, ne derivano soltanto dei danni, per l’ambiente attorno a noi e per l’uomo stesso. 2. Oltre ad essere centro della creazione e centro della riconciliazione, Cristo è centro del popolo di Dio. E proprio oggi è qui, al centro di noi. Adesso è qui, nella Parola, e sarà qui, sull’altare, vivo, presente, in mezzo a noi, il suo popolo. E’ quanto ci viene mostrato nella prima Lettura, dove si racconta del giorno in cui le tribù d’Israele vennero a cercare Davide e davanti al Signore lo unsero re sopra Israele (cfr 2 Sam 5,1-3). Attraverso la ricerca della figura ideale del re, quegli uomini cercavano Dio stesso: un Dio che si facesse vicino, che accettasse di accompagnarsi al cammino dell’uomo, che si facesse loro fratello. Cristo, discendente del re Davide, è proprio il “fratello” intorno al quale si costituisce il popolo, che si prende cura del suo popolo, di tutti noi, a costo della sua vita. In Lui noi siamo uno: un solo popolo; uniti a Lui, condividiamo un solo cammino, un solo destino. Solamente in Lui, in Lui come centro, abbiamo l’identità come popolo. 3. E, infine, Cristo è il centro della storia dell’umanità e anche il centro della storia di ogni uomo. A Lui possiamo riferire le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di cui è intessuta la nostra vita. Quando Gesù è al centro, anche i momenti più bui della nostra esistenza si illuminano, e ci dà speranza, come avviene per il buon ladrone nel Vangelo di oggi. Mentre tutti gli altri si rivolgono a Gesù con disprezzo – “Se tu sei il Cristo, il Re Messia, salva te stesso scendendo dal patibolo!” – quell’uomo, che ha sbagliato nella vita fino alla fine, si aggrappa pentito a Gesù crocifisso implorando: «Ricordati di me, quando entrerai nel tuo Regno» (Lc 23,42). E Gesù gli promette: «Oggi con me sarai nel paradiso» (v. 43): il suo regno. Gesù pronuncia solo la parola del perdono, non quella della condanna; e quando l’uomo trova il coraggio di chiedere questo perdono, il Signore non lascia mai cadere una simile richiesta. Oggi tutti noi possiamo pensare alla nostra storia, al nostro cammino. Ognuno di noi ha la sua storia; ognuno di noi, anche, ha i suoi sbagli, i suoi peccati, i suoi momenti felici e i suoi momenti bui. Ci farà bene, in questa giornata, pensare alla nostra storia e guardare Gesù e dal cuore ripetergli tante volte, ma con il cuore, in silenzio, ognuno di noi: “Ricordati di me, Signore, adesso che sei nel tuo Regno! Gesù, ricordati di me, perché io ho voglia diventare buono, io ho voglia di diventare buona, ma non ho forza, non posso: sono peccatore, sono peccatore! Ma ricordati di me, Gesù: tu puoi ricordarti di me, perché tu sei al centro, tu sei proprio nel tuo Regno!”. Che bello! Facciamolo oggi tutti, ognuno nel suo cuore, tante volte. “Ricordati di me, Signore, tu che sei al centro, tu che sei nel tuo Regno!”. La promessa di Gesù al buon ladrone ci dà una grande speranza: ci dice che la grazia di Dio è sempre più abbondante della preghiera che l’ha domandata. Il Signore dona sempre di più, è tanto generoso: dona sempre di più di quanto gli si domanda: gli chiedi di ricordarsi di te, e ti porta nel suo Regno! Gesù è proprio il centro dei nostri desideri di gioia e di salvezza. Andiamo tutti insieme su questa strada”.
Radio Vaticana
Il Papa chiude l'Anno della Fede e consegna l'Esortazione apostolica "Evangelii gaudium"
24 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Una “provvidenziale iniziativa” per “riscoprire la bellezza del cammino di fede”: così Francesco nella Messa di chiusura dell’Anno della Fede, celebrata stamani in piazza San Pietro, nella Solennità di Cristo Re dell’Universo. Circa 60 mila i fedeli giunti dai cinque continenti per partecipare all’evento, che è stato coronato dalla consegna da parte del Papa a vari rappresentanti della Chiesa e della società dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium (La gioia del Vangelo). Il rito eucaristico è stato preceduto da una colletta per le vittime del tifone Haiyan nelle Filippine. Altra novità è stata l’esposizione al pubblico per la prima volta delle reliquie di San Pietro, custodite nella Cappella dell’appartamento pontificio. Il servizio di Roberta Gisotti: Il primo “pensiero pieno di affetto e riconoscenza” di Francesco è andato a Benedetto XVI, che l’11 ottobre del 2012 ha aperto l’Anno della Fede, a 50 anni dal Concilio Vaticano II: “Con tale provvidenziale iniziativa, egli ci ha offerto l’opportunità di riscoprire la bellezza di quel cammino di fede che ha avuto inizio nel giorno del nostro Battesimo, che ci ha resi figli di Dio e fratelli nella Chiesa”.
Subito dopo, il Papa ha salutato i patriarchi e gli arcivescovi maggiori delle Chiese orientali cattoliche presenti alla Messa: “Lo scambio della pace, che compirò con loro, vuole significare anzitutto la riconoscenza del Vescovo di Roma per queste comunità, che hanno confessato il nome di Cristo con una esemplare fedeltà, spesso pagata a caro prezzo”. E per loro tramite, il Papa si è rivolto a tutti i fedeli in Oriente: “…con questo gesto intendo raggiungere tutti i cristiani che vivono nella Terra Santa, in Siria e in tutto l’Oriente, al fine di ottenere per tutti il dono della pace e della concordia”.
Entrando quindi nel vivo delle letture bibliche, Papa Francesco ha messo in evidenza “la centralità di Cristo. Cristo centro della creazione, Cristo centro del popolo, Cristo centro della storia”: “Quando si perde questo centro, perché lo si sostituisce con qualcosa d’altro, ne derivano soltanto dei danni, per l’ambiente attorno a noi e per l’uomo stesso”. A Lui infatti – ha ricordato il Papa – “possiamo riferire le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce, di cui è intessuta la nostra vita”: “Quando Gesù è al centro, anche i momenti più bui della nostra esistenza si illuminano, e ci dà speranza, come avviene per il buon ladrone nel Vangelo di oggi”. Rivolto al buon ladrone, “Gesù pronuncia solo la parola del perdono, non quella della condanna”, “quando l’uomo trova il coraggio di chiedere questo perdono” Gesù “non lascia mai cadere” la richiesta. Così Francesco in chiusura dell’Anno delle Fede: “Ognuno di noi ha la sua storia; ognuno di noi, anche, ha i suoi sbagli, i suoi peccati, i suoi momenti felici e i suoi momenti bui. Ci farà bene, in questa giornata, pensare alla nostra storia e guardare Gesù e dal cuore ripetergli tante volte, ma con il cuore, in silenzio, ognuno di noi: 'Ricordati di me, Signore, adesso che sei nel tuo Regno! Gesù, ricordati di me, perché io ho voglia diventare buono, io ho voglia di diventare buona, ma non ho forza, non posso: sono peccatore, sono peccatore! Ma ricordati di me, Gesù: tu puoi ricordarti di me, perché tu sei al centro, tu sei proprio nel tuo Regno!'. Che bello!”
In questa occasione, il Papa prima dell’Angelus ha voluto consegnare copia della sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium a 36 rappresentanti della Chiesa e della società di 18 Paesi espressione dei cinque continenti, a voler partecipare a tutti la gioia dell’incontro con Cristo. Tra questi un vescovo, un sacerdote e un diacono - scelti tra i più giovani a essere ordinati - poi alcuni religiosi e religiose, dei cresimati, un seminarista, una novizia, una famiglia, dei catechisti un non vedente - cui Francesco ha consegnato un cd-rom - e poi dei giovani, delegati di confraternite e Movimenti. Infine, per il mondo della cultura, due artisti, uno scultore e una pittrice, a sottolineare il valore della bellezza nella creazione e due giornalisti, per rimarcarne l’importante ruolo a fianco alla Chiesa nell’opera di evangelizzazione. Prima della Messa, altri due eventi di solidarietà e devozione hanno caratterizzato la celebrazione: la raccolta di offerte in denaro tra tutti i fedeli in piazza San Pietro per le vittime del tifone Haiyan nelle Filippine, di cui il Papa stesso disporrà le modalità di invio nei prossimi giorni. E l’esposizione delle reliquie di San Pietro, per la prima volta mostrate al di fuori della Cappella del Palazzo apostolico dove sono conservate in una speciale urna di bronzo, offerta in dono nel 1971 a Paolo VI e visibile ai fedeli in passato solo nella solennità di Santi Pietro e Paolo. Nella preghiera dell’Angelus, Francesco ha rivolto un saluto particolare alla comunità ucraina nell’80mo anniversario dell’Holodomor, la "grande fame" provocata dal regime sovietico, che causò milioni di vittime. Poi, un pensiero riconoscente nel terzo centenario della morte del beato Junipero Serra francescano spagnolo, “ai missionari che, nel corso dei secoli, hanno annunciato il Vangelo e sparso il seme della fede in tante parti del mondo.” Quindi, una preghiera speciale alla Madonna: “Invochiamo la protezione di Maria specialmente per i nostri fratelli e le nostre sorella che sono perseguitati a motivo della loro fede. ce ne sono tanti!”.
Radio Vaticana
Papa Francesco ai rugbisti di Italia e Argentina: facciamo squadra!
23 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa ai dirigenti olimpici europei: lo sport costruisca ponti non muri, gli atleti non sono mercanzia
23 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Per i suoi valori di amicizia e lealtà, lo sport ha la forza di unire le persone, purché non ceda a interessi di tipo mercantile. Lo ha affermato Papa Francesco nel ricevere questa mattina i delegati dei Comitati olimpici europei. Ai dirigenti e alle istituzioni del settore, il Papa ha chiesto un impegno a favorire tra i giovani “la funzione educativa dello sport”. Il servizio di Alessandro De Carolis: Lo sport ha una forza innata di tendere verso l’alto, anche se sovente forze poco limpide lo trascinano nella direzione opposta. Davanti ai dirigenti olimpici europei, Papa Francesco esalta le luci e addita le ombre che inquinano il mondo dell’agonismo, professionale e non. Le luci sono note perché antiche, al punto che il Papa definisce “una bella realtà” consolidata da tempo il “legame tra la Chiesa e lo sport”, poiché il secondo è ritenuto dalla prima “un valido strumento per la crescita integrale della persona umana”: “La pratica sportiva, infatti, stimola a un sano superamento di sé stessi e dei propri egoismi, allena allo spirito di sacrificio e, se ben impostato, favorisce la lealtà nei rapporti interpersonali, l’amicizia, il rispetto delle regole. È importante che quanti si occupano di sport, a vari livelli, promuovano quei valori umani e religiosi che stanno alla base di una società più giusta e solidale”.
L’idealità dello sport finisce invece per soccombere quando nel suo grande mondo si moltiplicano personaggi che nell’atleta vedono non l’umanità ma una macchina da soldi: “Quando lo sport viene considerato unicamente secondo parametri economici o di conseguimento della vittoria ad ogni costo, si corre il rischio di ridurre gli atleti a mera mercanzia da cui trarre profitto. Gli stessi atleti entrano in un meccanismo che li travolge, perdono il vero senso della loro attività, quella gioia di giocare che li ha attratti da ragazzi e che li ha spinti a fare tanti sacrifici e a diventare campioni. Lo sport è armonia, ma se prevale la ricerca smodata del denaro e del successo questa armonia si rompe”.
L’universalità del linguaggio sportivo, che – nota Papa Francesco – “supera confini, lingue, razze, religioni e ideologie” e “possiede la capacità di unire le persone, favorendo il dialogo e l’accoglienza” è viceversa una “risorsa molto preziosa”. E il simbolo più evidente e conosciuto di questo “spirito di fratellanza” è proprio quello che sventola con i cinque cerchi olimpici intrecciati. Cerchi, osserva il Papa, che indicano una precisa responsabilità: “Desidero incoraggiare le istituzioni e le organizzazioni, come la vostra, che propongono, specialmente alle giovani generazioni, itinerari sportivi di formazione alla pace, alla condivisione e alla convivenza tra i popoli. È tipico dell’attività sportiva unire e non dividere! Fare ponti, non muri! (...) Voi, come dirigenti olimpici, siete chiamati a favorire la funzione educativa dello sport. Tutti siamo consapevoli della grande necessità di formare sportivi animati da rettitudine, rigore morale e vivo senso di responsabilità”.
Radio Vaticana
Papa Francesco: nel tempio non si va a celebrare un rito ma ad adorare Dio
22 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il tempio è un luogo sacro in cui ciò che più importa non è la ritualità, ma “adorare il Signore”. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa celebrata questa mattina a Casa S. Marta. Il Papa ha posto l’accento anche sull’essere umano che in quanto “tempio dello Spirito Santo” è chiamato ad ascoltare dentro di sé Dio, a chiederGli perdono e a seguirlo. Il servizio di Alessandro De Carolis: Il Tempio è la casa di pietra dove un popolo custodisce la sua anima davanti a Dio. Ma Tempio sacro è anche il corpo di un singolo individuo, in cui Dio parla e il cuore ascolta. Papa Francesco sviluppa l’omelia su queste due dimensioni, che corrono parallele nella vita cristiana. Lo spunto è venuto dal brano liturgico dell’Antico Testamento, in cui Giuda Maccabeo riconsacra il Tempio distrutto dalle guerre. “Il Tempio – osserva il Papa – come un luogo di riferimento della comunità, un luogo di riferimento del popolo di Dio”, dove ci si reca per molti motivi uno dei quali – spiega – supera tutti gli altri: “Il Tempio è il luogo dove la comunità va a pregare, a lodare il Signore, a rendere grazie, ma soprattutto ad adorare: nel Tempio si adora il Signore. E questo è il punto più importante. Anche, questo è valido per le cerimonie liturgiche: in questa cerimonia liturgica, cosa è più importante? I canti, i riti – belli, tutto…? Più importante è l’adorazione: tutta al comunità riunita guarda l’altare dove si celebra il sacrificio e adora. Ma, io credo – umilmente lo dico – che noi cristiani forse abbiamo perso un po’ il senso della adorazione, e pensiamo: andiamo al Tempio, ci raduniamo come fratelli – quello è buono, è bello! – ma il centro è lì dove è Dio. E noi adoriamo Dio”. Dall’affermazione scaturisce la domanda, diretta: “I nostri templi – si chiede Papa Francesco – sono luoghi di adorazione, favoriscono l’adorazione? Le nostre celebrazioni favoriscono l’adorazione?”. Gesù – ricorda il Papa, citando il Vangelo odierno – scaccia gli “affaristi” che avevano preso il Tempio per un luogo di traffici piuttosto che di adorazione. Ma c’è un altro “Tempio” e un’altra sacralità da considerare nella vita di fede: “San Paolo ci dice che noi siamo templi dello Spirito Santo. Io sono un tempio. Lo Spirito di Dio è in me. E anche ci dice: ‘Non rattristate lo Spirito del Signore che è dentro di voi!’. E anche qui, forse non possiamo parlare come prima dell’adorazione, ma di una sorta di adorazione che è il cuore che cerca lo Spirito del Signore dentro di sé e sa che Dio è dentro di sé, che lo Spirito Santo è dentro di sé. Lo ascolta e lo segue”.
Certo, la sequela di Dio presuppone una continua purificazione, “perché siamo peccatori”, ribadisce Papa Francesco. Che insiste: "Purificarci con la preghiera, con la penitenza, con il Sacramento della riconciliazione, con l’Eucaristia". E così, “in questi due templi – il tempio materiale, il luogo di adorazione, e il tempio spirituale dentro di me, dove abita lo Spirito Santo – in questi due templi – conclude il Papa – il nostro atteggiamento deve essere la pietà che adora e ascolta, che prega e chiede perdono, che loda il Signore”: “E quando si parla della gioia del Tempio, si parla di questo: tutta la comunità in adorazione, in preghiera, in rendimento di grazie, in lode. Io in preghiera con il Signore, che è dentro di me perché io sono ‘tempio’. Io in ascolto, io in disponibilità. Che il Signore ci conceda questo vero senso del Tempio, per potere andare avanti nella nostra vita di adorazione e di ascolto della Parola di Dio”.
Radio Vaticana
Il Papa alle benedettine: Maria, icona più espressiva della speranza cristiana
22 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Maria è la madre della speranza e da Lei nasce l’insegnamento a guardare al domani con speranza, e a non fermarsi all’oggi. E’ il messaggio che Papa Francesco ha consegnato ieri pomeriggio alle monache benedettine camaldolesi all’Aventino, in occasione della sua visita al monastero di Sant’Antonio Abate, nella Giornata delle Claustrali, dedicata a tutte le comunità di clausura. Ad accoglierlo l’Abbadessa suor Michela Porcellato. Dopo la celebrazione dei vespri, il Papa ha avuto un colloquio privato con le monache. Servizio di Francesca Sabatinelli:00:04:03:60 Maria: icona più espressiva della speranza cristiana. Papa Francesco si rivolge alle camaldolesi, che lo accolgono nel loro monastero, celebrando la Madonna, Colei che ha conosciuto e amato Gesù come nessun’altra creatura, con il quale ha instaurato un legame di parentela ancora prima di darlo alla luce: Diventa discepola e madre del suo Figlio nel momento in cui accoglie le parole dell’Angelo e dice: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Questo “avvenga” non è solo accettazione, ma anche apertura fiduciosa al futuro: è speranza! Questo “avvenga” è speranza! Maria è la madre della speranza. Alle monache che lo ascoltano, e alla loro Abbadessa, il Papa ricorda tutti i sì della vita della Vergine, a partire da quello dell’annunciazione, che ne fanno appunto “l’icona più espressiva della speranza cristiana”: Maria non sapeva come potesse diventare madre, ma si è affidata totalmente al mistero che stava per compiersi, ed è diventata la donna dell’attesa e della speranza. Il Papa racconta la Maria a Betlemme per la nascita di Gesù, la Maria a Gerusalemme per la presentazione al tempio, la Maria consapevole di come la missione e l’identità di quel Figlio, divenuto Maestro e Messia, superino il suo essere madre e allo stesso tempo possano generare apprensione, così come le parole di Simeone e la sua profezia di dolore. “Eppure – ci dice il Papa – di fronte a tutte queste difficoltà e sorprese del progetto di Dio, la speranza della Vergine non vacilla mai!” : Questo ci dice che la speranza si nutre di ascolto, di contemplazione, di pazienza perché i tempi del Signore maturino. Anche nel momento in cui Maria diviene donna del dolore ai piedi della croce, la sua speranza non cede, ma la sorregge nella “vigilante attesa di un mistero, più grande del dolore che sta per compiersi”: Tutto sembra veramente finito; ogni speranza potrebbe dirsi spenta. Anche lei, in quel momento, avrebbe potuto dire, se avesse ricordato le promesse dell’Annunciazione: “Questo non è vero! Sono stata ingannata!”. E non lo ha fatto.
Maria ha creduto, la sua fede le ha fatto aspettare con speranza il domani di Dio. Ciò che evidentemente, è la riflessione alla quale conducono le parole di Francesco, oggi l’uomo non riesce a fare: Tante volte io penso: “Noi sappiamo aspettare il domani di Dio o vogliamo l’oggi, l’oggi, l’oggi?”. Il domani di Dio è per lei l’alba di quel giorno, primo della settimana. Ci farà bene pensare, a noi, nella contemplazione, all’abbraccio del figlio con la madre In conclusione, guardando a quell’unica “lampada accesa al sepolcro di Gesù” che “è la speranza della madre” e in quel momento anche “la speranza dell’umanità”, il Papa domanda: … nei Monasteri è ancora accesa questa lampada? Nei monasteri si aspetta il domani di Dio? Maria è quindi la testimonianza solida di speranza, presente in ogni momento della storia della salvezza: Lei, madre di speranza, ci sostiene nei momenti di buio, di difficoltà, di sconforto, di apparente sconfitta, nelle vere sconfitte umane. Maria, speranza nostra, ci aiuti a fare della nostra vita un’offerta gradita al Padre celeste, un dono gioioso per i nostri fratelli, un atteggiamento sempre che guarda al domani.
Radio Vaticana
Papa Francesco: in Medio Oriente e ovunque ci sia libertà di fede e...
21 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Mons. Zimowski: l'eutanasia, una vergogna del nostro tempo
21 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
“La Chiesa al servizio della persona anziana malata: la cura delle persone affette da patologie neurodegenerative”: è il titolo della XXVIII Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che si è aperta oggi nell'Aula Nuova del Sinodo, in Vaticano, e durerà fino a sabato. Vi partecipano oltre 400 persone, fra cui molti specialisti provenienti da tutti i continenti. Questa mattina la Messa presieduta da mons. Zygmunt Zimowski, presidente dello stesso Pontificio Consiglio, che ha anche tenuto il discorso di apertura. Il servizio di Debora Donnini: “Le trasformazioni della società, nella seconda parte del secolo scorso, in particolare nei Paesi più ricchi, con l’invecchiamento delle popolazioni, la riduzione del ruolo di supporto sociale assicurato dalla famiglia, e la frequente emarginazione delle persone anziane – afferma mons. Zygmunt Zimowski - hanno fatto sì che la sorte delle persone anziane malate sia paradossalmente peggiorata, aumentando la tentazione di ricorrere all’eutanasia”: “Oggi, durante la Santa Messa, abbiamo veramente pregato e gridato al mondo ‘no all’eutanasia’, perché è una vergogna del nostro tempo”. Mons. Zimowski ricorda che mentre prima la vecchiaia era considerata come “un periodo di sapienza” , oggi viene invece spesso considerata come “fase di declino” e che in una società che pone al primo posto la “produttività”, gli anziani stessi possono essere spinti a domandarsi “se la loro esistenza sia ancora utile” e dunque cadere nelle tentazione di considerare l’eutanasia come una liberazione. E’, quindi, molto importante l’accompagnamento che familiari e amici possono offrire agli anziani. Centrale è anche un accompagnamento spirituale per scoprire nella sofferenza “una partecipazione alla passione di Cristo e, perciò, alla redenzione”, sottolinea mons. Zimowski richiamandosi al Beato Giovanni Paolo II. La persona anziana malata può, dunque, essere “un efficace predicatore del Vangelo”, che si manifesta nella gioia e nella pazienza dell’anziano malato malgrado il suo dolore e l’infermità. La sofferenza spinge a porsi anche la domanda sul senso delle proprie tribolazioni e questo è il momento in cui “può portare alla disperazione…. o all’avvicinarsi al Signore”. Chi fa accompagnamento spirituale deve quindi restituire un orizzonte di speranza: “Finalmente, l'avvicinarsi della persona anziana malata al Signore può sfociare nell'apertura agli altri e a Dio. Esso rende fecondo l'accompagnamento e porta il paziente alla speranza attiva, cioè all'adempimento della propria vocazione di anziano malato. Si tratta perciò, per l'anziano malato, di arrivare a 'riconoscere la mano di Dio nella prova'". Il discorso di mons. Zimowski si concentra quindi sulla risposta della Chiesa. Si ricorda il Sacramento della Riconciliazione, il Sacramento dell’Unzione degli Infermi, l’importanza di portare speranza. Nella fase terminale, la persona anziana malata si trova poi esposta a due pericoli opposti: l’accanimento terapeutico e l’eutanasia. Il primo oggi accade più raramente per ciò che riguarda gli anziani malati. “La Chiesa non è mai stata a favore d'un tale eccesso terapeutico che va contro la dignità della persona umana - dice il presule - e toglie a questa persona il grado di libertà necessario alla preparazione alla morte”. Contro la tentazione del “suicidio assistito”, la Chiesa offre due risposte, evidenzia mons. Zimowski: da una parte ricorda “ai medici o operatori sanitari che prendono su di loro il diritto di eliminare fisicamente le persone anziane malate valutate ‘inutili’”, “il principio inalienabile della sacralità e inviolabilità della vita" . Quindi la Chiesa ricorda anche che la richiesta d’eutanasia esprime spesso “uno stato di afflizione profonda” e la risposta a questo non viene dalla tecnica ma dal cuore. La Chiesa richiama, dunque, ai doveri della famiglia e allo sviluppo di cure palliative. Si incoraggiano, poi, le famiglie a prendersi cura dei loro anziani, accogliendoli e facendosene carico. “Quando la famiglia non può o non vuole assicurare l’accoglienza della persona anziana, la cura pastorale delle persone anziane malate si orienta verso l’accompagnamento nelle strutture sanitarie” e qui non si tratta solo di alleviare il dolore fisico ma anche di seguire le persone con competenza e amore. E, in conclusione, mons. Zimowski sottolinea, ancora, il senso di questo accompagnare: “Si tratta di accompagnare umanamente e spiritualmente queste persone lungo la loro malattia, facendogli realizzare il valore della loro vita, e la loro propria missione, per la Chiesa e il mondo. Questo accompagnamento mira a portare queste persone alla speranza, malgrado la loro sofferenza, e, infatti, dentro la loro sofferenza, una speranza illuminata da Cristo, ‘piena di immortalità’”.
Radio Vaticana
Il Papa alla comunità filippina: nei momenti di dolore non stancatevi di chiedere perché al Padre
21 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Nei momenti di dolore, non stancatevi di chiedere “perché” al Signore. E’ quanto ha detto Papa Francesco nel pomeriggio incontrando, nella Basilica di San Pietro, i pellegrini filippini giunti a Roma da diverse parti del mondo in occasione della benedizione del mosaico di San Pedro Calungsod, Santo filippino canonizzato lo scorso anno da Benedetto XVI. Il servizio di Amedeo Lomonaco: Ci sono eventi tragici, come il tifone nelle Filippine, che non hanno spiegazioni. Ma in questi momenti di sofferenza – ha detto Papa Francesco - non bisogna stancarsi, come i bambini, di chiedere perché: “Quando i bambini incominciano a crescere non capiscono le cose e incominciano a fare domande al papà o alla mamma: “Papà, perché? Perché? Perché? …. Perché il bambino non capisce. Ma se noi stiamo attenti vedremo che il bambino non aspetta la risposta del suo papà o della sua mamma… Il bambino ha bisogno in quell’insicurezza che il suo papà e la sua mamma lo guardino. Ha bisogno degli occhi dei suoi genitori, ha bisogno del cuore dei suoi genitori”. Chiedere perché, non spiegazioni, ma soltanto che il Padre ci guardi. E’ questa, nei momenti di dolore, la domanda centrale di quella che il Papa definisce la “preghiera del perché”: “In questi momenti di tanta sofferenza non stancatevi di dire: “Perché?”. Come i bambini… E così attirerete gli occhi del nostro Padre sul vostro popolo; attirerete la tenerezza del papà del cielo su di voi. Come fa il bambino quando chiede: “Perché? Perché?”.
Il Papa ha infine ribadito la propria vicinanza al popolo delle Filippine: “Anche io vi accompagno, con questa preghiera del perché”. Prima del discorso del Santo Padre, il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, ha ricordato la figura di San Pietro Calungsod e la devastazione provocata dal tifone che ha flagellato le Filippine. Il popolo – ha ricordato il porporato - è rimasto saldo nella fede, mosso dalla preghiera e dalla solidarietà: “Vediamo la fede sorgere dalle rovine. La speranza dalle calamità non può essere distrutta. E vediamo l’amore che è più forte dei terremoti e dei tifoni”.
Radio Vaticana
Francesco: mi confesso ogni 15 giorni, tutti abbiamo bisogno
21 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa ai Patriarchi delle Chiese Orientali cattoliche: privilegiate concertazione e collegialità
21 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa ha incontrato stamani in Vaticano i Patriarchi delle Chiese Orientali Cattoliche e gli Arcivescovi Maggiori: “vi accolgo con gioia e spirito di fraternità in questo incontro, in cui per la prima volta – ha esordito - ho l’opportunità di intrattenermi con i Padri e Capi delle Chiese Orientali cattoliche. Attraverso i vostri volti vedo le vostre Chiese, e vorrei anzitutto assicurare la mia vicinanza e la mia preghiera per il gregge che il Signore Gesù ha affidato a ciascuno di voi, e invoco lo Spirito Santo, affinché ci suggerisca quanto insieme dobbiamo imparare e mettere in pratica per servire con fedeltà il Signore, la sua Chiesa e l’umanità intera”.
“Il nostro radunarci – ha proseguito - mi offre l’occasione di rinnovare la grande stima per il patrimonio spirituale dell’Oriente cristiano, e richiamo quanto l’amato Benedetto XVI afferma circa la figura del Capo di una Chiesa nell’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente: voi siete – cito – «i custodi vigilanti della comunione e i servitori dell’unità ecclesiale» (n. 40). Tale unità, che siete chiamati a realizzare nelle vostre Chiese, rispondendo al dono dello Spirito, trova naturale e piena espressione nell’ «unione indefettibile con il Vescovo di Roma» (ibid.), radicata nella ecclesiastica communio, che avete ricevuto all’indomani della vostra elezione. Essere inseriti nella comunione dell’intero Corpo di Cristo ci rende consapevoli del dovere di rafforzare l’unione e la solidarietà in seno ai vari Sinodi patriarcali, «privilegiando sempre la concertazione su questioni di grande importanza per la Chiesa in vista di un’azione collegiale e unitaria»”.
Quindi ha aggiunto: “Perché la nostra testimonianza sia credibile, siamo chiamati a ricercare sempre «la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza e la mitezza» (ibid.; cfr 1 Tm 6,11); ad uno stile di vita sobrio a immagine di Cristo, che si è spogliato per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9); allo zelo instancabile e a quella carità, fraterna e paterna insieme, che i Vescovi, i presbiteri e i fedeli, specie se vivono soli ed emarginati, attendono da noi. Penso, soprattutto, ai nostri sacerdoti bisognosi di comprensione e sostegno, anche a livello personale. Essi hanno diritto di ricevere il nostro buon esempio nelle cose che riguardano Dio, come in ogni altra attività ecclesiale. Ci chiedono trasparenza nella gestione dei beni e sollecitudine verso ogni debolezza e necessità. Il tutto, nella più convinta applicazione di quella autentica prassi sinodale, che è distintiva delle Chiese d’Oriente”.
Il Papa ha così concluso: “Con l’aiuto di Dio e della sua Santissima Madre, sappiamo di poter rispondere a questa chiamata. Vi chiedo di pregare per me. Ed ora ben volentieri mi metto in ascolto di quanto vorrete comunicarmi e vi esprimo fin d’ora la mia riconoscenza”.
Radio Vaticana
Anno Onu delle Famiglie rurali. Il Papa: modelli di fraternità nel lavoro
20 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
“Valorizzare gli innumerevoli benefici che la famiglia apporta alla crescita economica, sociale, culturale e morale dell’intera comunità umana”. E’ l’appello di Papa Francesco al termine dell’udienza generale di stamattina, al termine della quale ha ricordato l'imminente apertura dell’Anno internazionale della Famiglia rurale, inaugurato dalle Nazioni Unite il prossimo 22 novembre. Sui problemi e le aspettative delle famiglie e delle comunità rurali che hanno ispirato questa iniziativa,Cecilia Sabelli ha intervistato Vincenzo Conso, segretario generale dell’Icra, l'International Catholic Rural Association: R. – Si tratta di fare soprattutto il punto sul ruolo e le potenzialità proprie dell’agricoltura familiare, in un percorso che coinvolgerà tutto il mondo rurale: quello della cooperazione, per esempio, dello sviluppo e quello legato alla lotta alla fame. E questo anche per toccare temi come la nutrizione, alla luce delle idee e delle battaglie che si sono sviluppate in questi anni. Credo che questa iniziativa sia stata un’esigenza avvertita da parte di tutti, in particolare da alcuni gruppi della società civile, che hanno fatto pressione in questo senso. Tra questi anche l’Icra, il cui presidente di allora, il cileno Emiliano Ortega Riquelme, si è mosso in quella stessa direzione attraverso la rete del Forum mondiale dell’agricoltura. D. – Quali sono le potenzialità nel mondo di oggi dell’agricoltura familiare? R. – L’agricoltura familiare potrebbe aiutare ad aumentare la produzione agricola in maniera sostenibile. Quindi, in questo senso potrebbe produrre più cibo e più lavoro, portandolo e creandolo laddove ce n’è più bisogno: tra le popolazioni e le aree colpite dall’insicurezza alimentare e in quelle aree rurali e periurbane delle economie più mature, dove occorre rigenerare relazioni e socialità della vita economica. D. – Quali sono le problematiche delle famiglie delle comunità rurali che hanno ispirato questa iniziativa dell’Onu? R. – I problemi sono diversi secondo le varie aree del pianeta. Ci sono i problemi - per esempio – di accesso al credito, di favorire l’istruzione nella famiglia rurale; c’è il problema della distribuzione dei prodotti, perché in alcuni Paesi le famiglie rurali sono penalizzate, anche nella commercializzazione, e c’è il problema di cooperare e di costituire dei consorzi. Infine, c’è il problema generale della formazione, soprattutto in alcune aree - penso all’Africa e un po’ anche all’Asia - dove è necessario cambiare mentalità. D. – Come Associazione, quali sono le aspettative rispetto a questa iniziativa? R. – Per noi è un’occasione straordinaria perché l’agricoltura familiare è il soggetto centrale dell’esperienza concreta delle nostre realtà. Pensiamo di riproporre al centro di tutto la riflessione sulla famiglia. In questo ci aiuterà anche il prossimo Sinodo che, guarda caso, si svolgerà proprio nel 2014. Vogliamo quindi cercare di far emergere la centralità della famiglia anche in questo settore, nel quale è sempre stata foriera di valori essenziali come la solidarietà, la moralità.
Radio Vaticana
Il Papa ringrazia le comunità claustrali, domani visita al Monastero delle Benedettine Camaldolesi all'Aventino
20 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Al termine dell’udienza il Papa ha ricordato che domani, 21 novembre, nella memoria liturgica della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, la Chiesa celebra la Giornata pro Orantibus, dedicata al ricordo delle comunità religiose di clausura. “È un’occasione opportuna – ha detto - per ringraziare il Signore del dono di tante persone che, nei monasteri e negli eremi, si dedicano a Dio nella preghiera e nel silenzio operoso. Rendiamo grazie al Signore per le testimonianze di vita claustrale e non facciamo mancare a questi nostri fratelli e sorelle il nostro sostegno spirituale e materiale, affinché possano compiere la loro importante missione”. Nell’occasione di questa giornata e nell’Anno della Fede che ormai volge al termine, domani pomeriggio il Papa si reca presso il Monastero di Sant’Antonio Abate delle Monache Benedettine Camaldolesi all’Aventino. La visita inizia alle ore 17.00. Papa Francesco verrà accolto dalla Abbadessa, suor Michela Porcellato ed entrerà nella Chiesa dove sono in attesa le 21 monache della Comunità. Il Papa si fermerà in preghiera con le monache: il canto del Vespro secondo la regola camaldolese. A conclusione della preghiera, il Papa si incontrerà da solo con la comunità per un momento di colloquio privato. Per una felice casualità, il 21 novembre coincide con l’anniversario dell’ingresso in quel monastero di Suor Nazarena Crotta, ultima reclusa che visse tra quelle mura. Entrata in quel monastero il 21 novembre del 1945 dedicò tutta la sua vita alla preghiera e alla penitenza. Si nutriva solo di pane e acqua, dormiva su una semplice cassapanca sormontata da un crocefisso e la sua testimonianza di santità permane tra quelle mura come una memoria viva. Le monache offriranno al Santo Padre le Lettere che Suor Nazarena scriveva al suo padre spirituale da dove si evince la sua forte fede e la sua vita spesa per la Chiesa. Il rientro del Papa in Vaticano è previsto per le ore 18.00 circa.
Radio Vaticana
Udienza generale. Il Papa: i sacerdoti, strumenti della misericordia infinita di Dio
20 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa all'udienza generale ha proseguito la catechesi sul tema della remissione dei peccati, facendo questa volta riferimento al cosiddetto “potere delle chiavi”, che è un simbolo biblico della missione che Gesù ha dato agli Apostoli. “Anzitutto – ha detto - dobbiamo ricordare che il protagonista del perdono dei peccati è lo Spirito Santo. Lui è il protagonista! Nella sua prima apparizione agli Apostoli, nel cenacolo … Gesù risorto fece il gesto di soffiare su di loro dicendo: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,22-23). Gesù, trasfigurato nel suo corpo, ormai è l’uomo nuovo, che offre i doni pasquali frutto della sua morte e risurrezione: e quali sono questi doni? La pace, la gioia, il perdono dei peccati, la missione, ma soprattutto dona lo Spirito Santo che di tutto questo è la sorgente. Dallo Spirito Santo vengono tutti questi doni". "Ma prima di fare il gesto di soffiare e donare lo Spirito - prosegue il Papa - Gesù mostra le sue piaghe, nelle mani e nel costato: queste ferite rappresentano il prezzo della nostra salvezza. Lo Spirito Santo ci porta il perdono di Dio ‘passando attraverso’ le piaghe di Gesù. Queste piaghe che Lui ha voluto conservare. Anche in questo momento, nel cielo, Lui fa vedere al Padre le piaghe con le quali ci ha riscattati. E per la forza di queste piaghe i nostri peccati sono perdonati. Così Gesù ha dato la sua vita per la nostra pace, per la nostra gioia, per la grazia nella nostra anima, per il perdono dei nostri peccati. E questo è molto bello, guardare Gesù così”. Il Papa affronta poi un secondo elemento: “Gesù dà agli Apostoli il potere di perdonare i peccati”. “E’ un po’ difficile – afferma - capire come un uomo può perdonare i peccati. Gesù dà il potere. La Chiesa è depositaria del potere delle chiavi: così da aprire o chiudere, di perdonare. Dio perdona ogni uomo nella sua sovrana misericordia, ma Lui stesso ha voluto che quanti appartengono a Cristo e alla sua Chiesa, ricevano il perdono mediante i ministri della Comunità. Attraverso il ministero apostolico la misericordia di Dio mi raggiunge, le mie colpe sono perdonate e mi è donata la gioia. In questo modo Gesù ci chiama a vivere la riconciliazione anche nella dimensione ecclesiale, comunitaria. E questo è molto bello. La Chiesa, che è santa e insieme bisognosa di penitenza, accompagna il nostro cammino di conversione per tutta la vita. La Chiesa non è padrona del potere delle chiavi: non è padrona, ma è serva del ministero della misericordia e si rallegra tutte le volte che può offrire questo dono divino”. Quindi ha proseguito: “Tante persone, forse, non capiscono la dimensione ecclesiale del perdono, perché domina sempre l’individualismo, il soggettivismo, e anche noi cristiani ne risentiamo. Certo, Dio perdona ogni peccatore pentito, personalmente, ma il cristiano è legato a Cristo, e Cristo è unito alla Chiesa. E per noi cristiani c’è un dono in più, e c’è anche un impegno in più: passare umilmente attraverso il ministero ecclesiale”. E a braccio ha aggiunto: “E questo dobbiamo valorizzarlo! E’ un dono, è anche una cura, è una protezione e anche la sicurezza che Dio mi ha perdonato. Io vado dal fratello sacerdote e dico: ‘Ma, padre, ho fatto questo…’. Ma io ti perdono: è Dio che perdona e io sono sicuro, in quel momento, che Dio mi ha perdonato. E questo è bello! Questo è avere la sicurezza di quello che noi diciamo sempre: ‘Dio sempre ci perdona! Non si stanca di perdonare!’. Noi dobbiamo non stancarci di andare a chiedere perdono. ‘Ma, padre, a me dà vergogna andare a dire i miei peccati…’. ‘Ma, guarda, le nostre mamme, le nostre donne dicevano che è meglio diventare una volta rosso e non mille volte giallo!’ E tu diventi rosso un volta, ti perdona i peccati e avanti”. Infine, un ultimo punto: “il sacerdote strumento per il perdono dei peccati. Il perdono di Dio che ci viene dato nella Chiesa, ci viene trasmesso per mezzo del ministero di un nostro fratello, il sacerdote; anche lui un uomo che come noi ha bisogno di misericordia, diventa veramente strumento di misericordia, donandoci l’amore senza limiti di Dio Padre”. E a braccio ha aggiunto: “Anche i sacerdoti devono confessarsi, anche i vescovi: tutti siamo peccatori. Anche il Papa si confessa ogni quindici giorni, perché il Papa anche è un peccatore! E il confessore sente le cose che io gli dico, mi consiglia e mi perdona, perché tutti abbiamo bisogno di questo perdono”. E ha proseguito: “A volte capita di sentire qualcuno che sostiene di confessarsi direttamente con Dio…. Sì, come dicevo prima, Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della Riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono, la sicurezza del perdono a nome della Chiesa”. “Il servizio che il sacerdote presta come ministro, da parte di Dio per perdonare i peccati – ha affermato - è molto delicato, è un servizio molto delicato, ed esige che il suo cuore sia in pace; che il sacerdote abbia il cuore in pace, che non maltratti i fedeli, ma che sia mite, benevolo e misericordioso; che sappia seminare speranza nei cuori e, soprattutto, sia consapevole che il fratello o la sorella che si accosta al sacramento della Riconciliazione cerca il perdono e lo fa come si accostavano tante persone a Gesù perché le guarisse. Il sacerdote che non abbia questa disposizione di spirito è meglio che, finché non si corregga, non amministri questo Sacramento. I fedeli penitenti hanno il dovere? No! Hanno il diritto! Noi abbiamo il diritto, tutti i fedeli, di trovare nei sacerdoti dei servitori del perdono di Dio”. Il Papa ha così concluso la catechesi in italiano: “Cari fratelli, come membri della Chiesa, - domando - siamo consapevoli della bellezza di questo dono che ci offre Dio stesso? Sentiamo la gioia di questa cura, di questa attenzione materna che la Chiesa ha verso di noi? Sappiamo valorizzarla con semplicità? Non dimentichiamo che Dio non si stanca mai di perdonarci; mediante il ministero del sacerdote ci stringe in un nuovo abbraccio che ci rigenera e ci permette di rialzarci e riprendere di nuovo il cammino. Perché questa è la nostra vita: continuamente rialzarsi e riprendere il cammino. Grazie!”. Tra i saluti ai pellegrini presenti, ha rivolto un particolare pensiero ai cappellani degli emigrati polacchi, giunti da diversi angoli del mondo: “Cari sacerdoti, sapete bene che l’emigrazione – qualsiasi sia la sua ragione – comporta tante preoccupazioni, problemi e pericoli, causati dalla rottura dalle radici storiche, culturali e spesso anche familiari. Cercate con zelo di venire incontro alle necessità dei vostri connazionali e abbiate cura del loro sviluppo spirituale. Aiutateli a conservare la loro fede e ad esserne testimoni nelle società nelle quali vivono”.
Radio Vaticana
Tweet del Papa: i Santi non sono superuomini ma persone con Dio nel cuore
20 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Nuovo tweet di Papa Francesco, lanciato ieri dal suo account @Pontifex: "I Santi non sono superuomini. Sono persone che hanno l’amore di Dio nel cuore, e trasmettono questa gioia agli altri". Ultimo aggiornamento: 20 novembre
Radio Vaticana
Sardegna: 16 morti per il maltempo. Il Papa chiede di pregare per le vittime
20 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Sono almeno 16 le persone morte in Sardegna, tra cui 4 bambini, in seguito al passaggio del ciclone Cleopatra. In un telegramma, a firma del segretario di Stato mons. Pietro Parolin, Papa Francesco fa giungere “a tutti la sua affettuosa parola di conforto e di incoraggiamento, assicurando un particolare ricordo nella preghiera per quanti hanno perso la vita e per tutte le persone provate dalla grave calamità”. Il Santo Padre auspica che non venga meno la solidarietà e il necessario aiuto per far fronte a questo momento difficile. Sono profondamente commosso – scrive inoltre il Santo Padre in un Tweet - “dall’immane tragedia”, chiedo a tutti di pregare per “le vittime specialmente per i bambini”. Gli sfollati – ha reso noto il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando – sono circa 2700. Il governo ha decretato lo stato di emergenza. Il premier Enrico Letta, giunto ieri pomeriggio ad Olbia, ha annunciato lo stanziamento immediato di 20 milioni di euro. Il servizio di Amedeo Lomonaco: Tutta la nazione – ha detto il premier Letta al termine della riunione del centro coordinamento dei soccorsi – è vicina alle popolazioni così duramente colpite da un evento straordinario. Strade, interrotte, paesi isolati. La Sardegna è una regione in ginocchio. In solo 24 ore, si è registrato un quantitativo di pioggia pari a quello di sei mesi. Fino a domani resta l’allerta massima. Il ministro della Difesa Mario Mauro, arrivato nel pomeriggio ad Olbia, ha dichiarato che “questo è il momento necessario per fare il censimento dei bisogni del territorio”. Il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, in visita nelle aree colpite, ha affermato che sono infondate le accuse di ritardi nell'allerta. Proseguono le operazioni di ricerca dei dispersi. Uno è stato trovato vivo. Le zone di Nuoro e della Gallura sono quelle più colpite. Il crollo di un ponte sul fiume Cedrino, in provincia di Nuoro, ha provocato la morte di un poliziotto di 40 anni che con la sua auto, precipitata dal viadotto, era di scorta ad un’ambulanza. Ad Arzachena una famiglia brasiliana composta da 4 persone è rimasta intrappolata all’interno della propria abitazione, sommersa da tre metri d’acqua. La Coldiretti ricorda, intanto, che l'81% dei Comuni della Sardegna ha porzioni di territorio ad elevato rischio per frane ed alluvioni. Violenti nubifragi hanno provocato ingenti danni anche in Calabria e in Puglia. Numerose, in particolare, le richieste di intervento a Crotone, a Catanzaro e a Vibo Valentia. Situazione critica anche a Taranto e nel Salento. Nel nuorese si era sparsa la notizia che stesse per crollare la diga di Posada, ma poi questa possibilità è stata smentita dalla Protezione civile. Il sindaco della cittadina, Roberto Tola,intervistato da Alessandro Guarasci: R. – Sono stati fatti dei sopralluoghi di alcuni tecnici del Servizio nazionale dighe, che hanno per il momento escluso la possibilità che la diga possa cedere. Questo ci ha tranquillizzato. Purtroppo, si è sparsa la voce che la diga stesse per cedere, quindi c’è stato il panico generale nel nostro paese. La gente è scappata nelle parti più alte, aspettando che arrivasse l’onda di piena. Per fortuna questo non è accaduto La situazione è sotto controllo. Quello che preoccupa maggiormente, invece, sono i danni che abbiamo avuto: li stiamo ancora quantificando, ma sono danni enormi sulla viabilità, sulle case, sulle abitazioni private… D. – Ma c’è stata sufficiente informazione dalla Protezione civile da Roma, secondo lei? R. – La macchina organizzativa sta funzionando. E’ chiaro che quello che è successo ieri ha preso un po’ tutti alla sprovvista. Con le precipitazioni che si sono state, nessuno si aspettava che arrivasse un’onda di piena di tale portata. Quindi, da quel punto di vista, ha trovato un po’ tutti impreparati. La Gallura e il nuorese i territori più colpiti, ma in tutta la Sardegna ci sono vie interrotte, paesi isolati, black-out, esondazioni e frane. Antonello Frau, vice presidente del consiglio dei Geologi della Sardegna: R. – Siamo di fronte ad un evento eccezionale, che ha messo in crisi tutti i sistemi di pianificazione, i modelli sinora utilizzati. E’ vero che ogni tanto capita di vedere questi eventi, di trovarci di fronte a situazioni che si presentano con tempi di ritorno più brevi, e la riflessione da fare è sicuramente questa: se i sistemi di pianificazione e di gestione del territorio hanno ancora una certa efficacia. D. – Ma, secondo lei, anche in Sardegna va fatta maggiore attenzione alla gestione del territorio, come in tante altre regioni del Sud d’altronde? R. – Bisognerebbe concentrarsi sempre più su quelli che sono gli interventi compatibili e quindi gestire accuratamente il territorio. Dobbiamo porci questa domanda sulla gestione del territorio: tutto ciò che oggi abbiamo, in termini di infrastrutture e ciò che andiamo a realizzare, come interagirà sul nostro territorio. Più che altro, è importante questo fatto. Il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, ha detto che "il sistema di allertamento nazionale ha fatto il suo dovere". Quuello di ieri - ha aggiunto - è stato "un evento eccezionale”.Antonella Palermo lo ha intervistato: R. – E’ ovvio che c’è un territorio particolare e comportamenti che non sempre sono confacenti alle situazioni che si vengono a creare. La maggior parte di queste persone, purtroppo, sono morte in movimento e quindi esposti a una condizione di pericolo, che peraltro era stata in qualche modo preallertata. D. – I sardi spesso lamentano un certo abbandono da parte del governo centrale... R. – Credo che in questa circostanza sia complicato sostenere questa tesi. Il Consiglio dei ministri si è riunito in maniera straordinaria. D. – Molta popolazione è anziana, vero? Questo ha complicato la situazione... R. – Indubbiamente. E poi purtroppo ci sono anche dei bambini. In queste situazioni, le persone più fragili e più deboli sono quelle più esposte. Sullo stato d’animo col quale la popolazione dell'isola vive in queste ore l’emergenza maltempo,Giancarlo La Vella ha chiesto una testimonianza a mons. Sebastiano Sanguinetti, vescovo di Olbia-Tempio-Ozieri: R. – I sentimenti non possono che essere di grande dolore per le numerose vittime e per le persone che sono ancora disperse, e di grande preoccupazione perché l’emergenza sembra non essere ancora finita. Quando accadono queste cose, ci rendiamo conto che l’uomo è impotente di fronte a situazioni di un’emergenza straordinaria. Ci sono vite spezzate da questa furia straordinaria della natura. A questo punto, sembrano passare in secondo piano anche gli altri disagi: le distruzioni, case totalmente devastate e allagate, aziende messe in ginocchio Sono quelle forme di cataclismi che, in qualche maniera, mettono in ginocchio un Paese. Devo dire, però, che la comunità sta reagendo in modo esemplare. Quindi, da una parte il dolore, il dramma di tante famiglie, e dall’altra una comunità che si stringe intorno a chi, in questo momento, è così duramente provato. Certo, questo è anche il momento della solidarietà, dell’assunzione di responsabilità da parte delle autorità, delle istituzioni. E credo sia soprattutto il momento della solidarietà, della vicinanza, della prossimità da parte di tutti noi, compresa la comunità cristiana. D. – Un’altra riflessione da fare in occasione di questa catastrofe sicuramente inattesa: è come se l’ambiente si stia quasi ribellando ad un’azione dell’uomo troppo innaturale… R. – Noi abbiamo rubato troppo; l’uomo ha rubato troppo alla natura; e la natura si riprende ciò che le è stato tolto. Le violenze fatte all’ambiente, i fiumi che sono stati chiusi, i corsi d’acqua deviati, le montagne che sono state disboscate … Le ferite che porta l’ambiente sono ferite molto gravi e noi dobbiamo - purtroppo - piangere a cose fatte i danni di un passato che molte volte è stato più predatore che custode e costruttore di un ambiente sano e amico dell’uomo. D. – Abbiamo ancora negli occhi le immagini drammatiche delle Filippine. La solidarietà è importante, come lei ha detto, e anche in questi casi è importante il momento della preghiera... R. – Certamente, per noi cristiani questa è la nostra forza, è ciò che ci fa essere vicini agli altri nell’aiuto reciproco, nella comprensione, nel darsi reciprocamente una mano. E' una forza che non viene da noi stessi, ma che proviene dall’alto. E allora noi dall’alto chiediamo che chi soffre in questo momento trovi davvero la pace interiore nel sostegno della fede, per chi è credente, nel sostegno dell’amicizia dei propri fratelli. Dall’altra parte, però la preghiera diventa anche invocazione della luce dello spirito, perché illumini le coscienze degli uomini e di chi è chiamato a governare un Paese, una collettività e perché, attingendo a quelli che sono i profondi valori umani e sociali, si riescano ad attivare quelle politiche che siano in grado di arginare fatti di questo genere.
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19 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
19/11/2013
Profondamente commosso dall'immane tragedia che ha colpito la Sardegna,
chiedo a tutti di pregare per le vittime specialmente per i bambini
In Piazza San Pietro il Papa fa distribuire la - MISERICORDINA -
18 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
In Piazza San Pietro, in occasione dell'Angelus,
è stata dunque distribuita ai fedeli la medicina spirituale “Misericordina”.
Confezionato come in una vera scatola di farmaci, il ‘medicinale’ è un simpatico composito
con efficaci strumenti per la salute dell'anima: un rosario, un’immaginetta della Divina Misericordia,
un ‘bugiardino’ con la posologia e le istruzioni d’uso.
La sorpresa e la gratitudine dei fedeli hanno accompagnato, in Piazza San Pietro, la distribuzione di scatole di “Misericordina”.
Il ‘medicinale’ - come si legge nel 'bugiardino' - porta misericordia nell’anima, avvertita con una diffusa tranquillità del cuore.
La sua efficacia è garantita dalle parole di Gesù. Viene ‘applicato’ quando si desidera la conversione dei peccatori,
si sente il bisogno di aiuto, manca la forza per combattere le tentazioni, non si riesce a perdonare qualcuno,
si desidera la misericordia per un uomo moribondo e si vuole adorare Dio per tutte le grazie ricevute. Può essere applicato,
sia dai bambini sia dagli adulti, tutte le volte che se ne avverte il bisogno.
La ‘somministrazione’ - si ricorda nelle istruzioni per l'uso - prevede la recita della Coroncina alla Divina Misericordia,
promossa da Santa Faustina Kowalska. Non si riscontrano effetti imprevisti e controindicazioni.
I Santi Sacramenti favoriscono l’efficacia del medicinale. Prima di usare il farmaco - si legge infine nel ‘bugiardino’
- si consiglia di rivolgersi ad un sacerdote per ulteriori informazioni e di conservare le avvertenze in caso di riutilizzo.
Le scatole di “Misericordina” sono state prodotte in migliaia di esemplari e in quattro lingue: italiano, spagnolo, inglese e polacco.
L’iniziativa, che ha già avuto dei precedenti in Polonia, è stata promossa da mons. Konrad Krajevski, elemosiniere pontificio.
News.va - Amedeo Lomonaco - (AP Photo/Gregorio Borgia) AP/LaPresse
Papa Francesco ordina vescovo mons. Vergez
16 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Messa a Santa Marta. Il Papa: la preghiera dell'uomo è la debolezza di Dio
16 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
La preghiera dell’uomo è la debolezza di Dio: è quanto ha affermato il Papa durante la Messa presieduta stamani a Santa Marta. Erano presenti i canonici del Capitolo della Basilica di San Pietro. Tra i concelebranti anche il cardinale arciprete Angelo Comastri. Il servizio di Sergio Centofanti:
Al centro dell’omelia, il Vangelo in cui Gesù invita a pregare senza stancarsi, raccontando la parabola della vedova che chiede con insistenza a un giudice iniquo che gli venga fatta giustizia. Così - afferma il Papa - “Dio fa e farà giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di Lui”, come è accaduto con Israele guidato da Mosè fuori dall’Egitto: “Quando chiama Mosè gli dice: ‘Ho sentito il pianto, il lamento del mio popolo’. Il Signore ascolta. E nella prima Lettura abbiamo ascoltato quello che ha fatto il Signore, quella parola onnipotente: ‘Dal Cielo viene come un guerriero implacabile’. Quando il Signore prende la difesa del suo popolo è così: è un guerriero implacabile e salva il suo popolo. Salva, rinnova tutto: ‘Tutto il Creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima’. ‘Il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli … e coloro che la tua mano proteggeva, passarono con tutto il popolo’”.
Il Signore – prosegue il Papa - “ha sentito la preghiera del suo popolo, perché ha sentito nel suo cuore che i suoi eletti soffrivano” e lo salva in modo potente: “Questa è la forza di Dio. E qual è la forza degli uomini? Qual è la forza dell’uomo? Questa della vedova: bussare al cuore di Dio, bussare, chiedere, lamentarsi di tanti problemi, tanti dolori e chiedere al Signore la liberazione da questi dolori, da questi peccati, da questi problemi. La forza dell’uomo è la preghiera e anche la preghiera dell’uomo umile è la debolezza di Dio. Il Signore è debole soltanto in questo: è debole in confronto alla preghiera del suo popolo”.
“Il culmine della forza di Dio, della salvezza di Dio – spiega il Papa - è “nell’Incarnazione del Verbo”. Quindi, rivolgendosi ai canonici di San Pietro, ricorda che il loro “lavoro è proprio bussare al cuore di Dio”, “pregare, pregare il Signore per il popolo di Dio”. E i canonici a San Pietro, “proprio nella Basilica più vicina al Papa” dove giungono tutte le preghiere del mondo, raccolgono queste preghiere e le presentano al Signore: questo “è un servizio universale, un servizio di Chiesa”: “Voi siete come la vedova: pregare, chiedere, bussare al cuore di Dio, ogni giorno. E non si addormentava mai la vedova quando faceva questo, era coraggiosa. E il Signore ascolta la preghiera del suo popolo. Voi siete rappresentanti privilegiati del popolo di Dio in questo ruolo di pregare il Signore, per tanti bisogni della Chiesa, dell’umanità, di tutti. Vi ringrazio per questo lavoro. Ricordiamo sempre che Dio ha una forza, quando Lui vuole che cambi tutto. ‘Tutto fu modellato di nuovo’ dice. Lui è capace di modellare tutto di nuovo, ma ha anche una debolezza: la nostra preghiera; la vostra preghiera universale vicina al Papa in San Pietro. Grazie di questo servizio e andate avanti così per il bene della Chiesa”.
Radio Vaticana
La Vita di PADRE PIO il FILM
15 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
LASCIA IL TUO COMMENTO E LE TUE RIFLESSIONI SULLA VITA DI SAN PIO.
GIORNATA PER LA VITA CONTEMPLATIVA
15 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
GIORNATA PER LA VITA CONTEMPLATIVA
IN PREGHIERA CON PAPA FRANCESCO E LE COMUNITÀ DI VITA CONTEMPLATIVA
GIOVEDÌ 21 NOVEMBRE - ORE 16.45
Il 21 novembre 1953, nella memoria liturgica della Presentazione di Maria al Tempio,
il Santo Padre Pio XII ha istituito la Giornata Pro Orantibus, dedicata a tutte le comunità di clausura.
Da allora, ogni anno il 21 novembre, tutti i fedeli sono invitati a ringraziare il Signore per il dono della vita contemplativa
ed in particolare per tutte le persone che, rispondendo a questa speciale chiamata vocazionale,
elevano dai tanti conventi sparsi per tutto il mondo la preghiera incessante per l’edificazione del Regno di Dio.
Per la ricorrenza di questa Giornata durante l’Anno della fede non poteva mancare una giornata per ricordare in modo particolare
le religiose e i religiosi che ogni giorno intercedono per le necessità e le intenzioni della Chiesa universale e del mondo intero.
Pertanto, il giorno giovedì 21 novembre 2013 Papa Francesco si recherà presso il monastero delle monache camaldolesi di Sant’Antonio Abate
all’Aventino per recitare insieme i Vespri e adorare il Santissimo Sacramento.
Uniamoci spiritualmente a questo momento di preghiera,
a partire dalle ore 16.45 (ora di Roma), con Papa Francesco e le comunità di vita contemplativa in tutto il mondo.
Papa Francesco al Quirinale: la Chiesa è con l'Italia
15 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il presidente Napolitano nell'incontro col Papa: dialogo con tutti, anche i più lontani e gli avversari
14 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Un impegno a far sì che l’incontro odierno al Quirinale con il Papa non rimanga chiuso “entro l’orizzonte di un rapporto tra istituzioni”. Lo ha detto il presidente Napolitano, in un discorso in cui ha tracciato un quadro dell’attuale momento storico italiano, europeo e mondiale. Il servizio di Giada Aquilino: Accogliendo Papa Francesco al Palazzo del Quirinale, non solo “testimonianza incomparabile di storia e di creatività” ma anche “spazio aperto” e “casa comune” per tutto il popolo, il presidente Napolitano ha voluto ricordare le origini italiane della famiglia Bergoglio. Quindi ha passato in rassegna la storia dei rapporti tra Chiesa e Stato in Italia, dai Patti Lateranensi all’Assemblea Costituente, passando per la revisione del Concordato: rapporti che - ha detto – “restano di certo essenziali, pur proiettandosi ora in un orizzonte più vasto”: “E’ stato, lungo questa strada, possibile riconoscersi nel rispetto della laicità e sovranità dello Stato, e insieme della libertà e sovranità della Chiesa, e convergere sempre di più nell’operare per ‘la promozione dell’uomo e del bene del Paese’. Ne è stata rafforzata in modo decisivo quell’unità nazionale che è per l’Italia condizione di ogni sicurezza e progresso”.
Ricordando il messaggio del 2011 di Benedetto XVI per i 150 anni dell’unità d’Italia, in cui metteva in evidenza “i due principi supremi chiamati a presiedere alle relazioni tra Chiesa e comunità politica, quello della distinzione di ambiti e quello della collaborazione”, il capo di Stato italiano ha riconosciuto al Pontefice di aver trasmesso in modo diretto “motivi di riflessione e di grande suggestione” per l’agire individuale e collettivo. A tutti, credenti e non credenti, è giunta la “concezione” di Papa Francesco della Chiesa e della fede: “ci ha colpito - ha riferito Napolitano - l’assenza di ogni dogmatismo, la presa di distanze da ‘posizioni non sfiorate da un margine di incertezza’, il richiamo a quel ‘lasciare spazio al dubbio’ proprio delle ‘grandi guide del popolo di Dio’”. Grazie allo spirito del Concilio Vaticano II, vediamo profilarsi - ha aggiunto il presidente - nuove prospettive di quel “dialogo con tutti, anche i più lontani e gli avversari”, che il Papa “ha sollecitato e che costituisce appunto l’orizzonte più vasto – ben oltre il contesto dei rapporti tra Chiesa e Stato – a cui oggi si deve necessariamente tendere”. Soprattutto dinanzi alle “inaudite sfide dell’oggi”: “Parlo di sfide che investono l’intera comunità internazionale : quella, innanzitutto, di ristabilire e preservare la pace in regioni tormentate da laceranti conflitti, come il Medio Oriente e il Mediterraneo cui in particolare l’Italia e l’Europa unita sono debitrici di risposte e impegni efficaci. Ma le sfide da affrontare nel mondo d’oggi sono anche di natura 'antropologica'. 'L’uomo col tempo cambia il modo di percepire se stesso', 'l’uomo è alla ricerca di se stesso' – Ella ha detto, e ci ha messo in guardia da un pensiero che 'perda di vista l’umano'”.
Il Papa, infatti, ha notato Napolitano, guardando alle “singole persone, una alla volta”, sa “trasmettere a ciascuno e a tutti i valori del messaggio cristiano, innanzitutto quello dell’amore per gli altri”, sprigionando “potenzialità nuove” per combattere “il dilagare dell’egoismo, dell’insensibilità sociale, del più spregiudicato culto del proprio tornaconto personale”: “Per reagire ovunque a simili fenomeni di regressione e far valere parametri ideali e morali irrinunciabili, resta fondamentale, vorrei sottolinearlo, il ruolo dell’Europa, in quanto si fonda – storicamente e nelle sue odierne istituzioni comuni – su quei valori di rispetto della dignità umana, di tolleranza, giustizia, solidarietà, che portano il segno del retaggio cristiano”.
Quindi un invito al superamento comune “dei mali più gravi che affliggono oggi il mondo”: “A cominciare dai mali provocati o esasperati dalla crisi di questi anni sia nelle ‘periferie’ di diversi continenti, in luoghi rimasti ancora ai margini di un moderno sviluppo economico e benessere sociale, sia nei paesi della travagliata Europa : mali estremi, quali – Ella ha detto – da un lato la disperante condizione dei giovani privi di lavoro, che vengono come ‘schiacciati sul presente’, e dall’altro la solitudine in cui vengono lasciati i vecchi”.
Ne scaturiscono, ha aggiunto, responsabilità comuni. Responsabilità che - ha detto - la Chiesa si assume “esprimendo e diffondendo i suoi valori, liberandosi da ogni residuo ‘temporalismo’, e dispiegando l’iniziativa delle istituzioni che ad essa si richiamano sul terreno solidaristico ed educativo che è loro proprio”. Responsabilità che - ha aggiunto – “nel campo, ben distinto, in cui sono chiamate ad operare, si assumono a loro volta le istituzioni politiche, laiche e indipendenti per definizione”: “La politica ha però – esposta com’è non solo a fondate critiche ma ad attacchi distruttivi – drammatica necessità (lo vediamo bene in Italia) di recuperare partecipazione, consenso e rispetto, liberandosi dalla piaga della corruzione e dai più meschini particolarismi. Può riuscirvi solo rinnovando – insieme con la sua articolazione pluralistica – le proprie basi ideali, sociali e culturali”.
In questo senso - ha notato il presidente rivolgendosi al Pontefice - la politica può “trarre uno stimolo nuovo dal Suo messaggio e dalle Sue parole”: “Un messaggio che, come Ella stesso ha detto, 'si rivolge non soltanto ai cattolici ma a tutti gli uomini di buona volontà', e che fa dunque pensare a un dialogo senza precedenti per ampiezza e profondità tra credenti e non credenti, a una sorta di simbolico, sconfinato ‘Cortile dei Gentili’”.
Quindi una riflessione su coloro che in Italia esercitano “funzioni di rappresentanza e di guida nelle istituzioni politiche”: “Siamo immersi in una faticosa quotidianità, dominata dalla tumultuosa pressione e dalla gravità dei problemi del paese e stravolta da esasperazioni di parte in un clima avvelenato e destabilizzante. Quanto siamo lontani nel nostro paese da quella ‘cultura dell’incontro’ che Ella ama evocare, da quella Sua invocazione ‘Dialogo, dialogo, dialogo’”.
Per questo, ha concluso, “è tempo di levare più in alto lo sguardo, di riguadagnare lungimiranza e di portarci al livello di sfide decisive che dall’oggi già si proiettano sul domani”.
Radio Vaticana
Il Papa al Quirinale: busso idealmente alla porta di ogni italiano, il Paese ritrovi la concordia
14 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Impegnarsi con rinnovata convinzione a sostenere la famiglia: è uno dei passaggi forti del discorso che Papa Francesco ha rivolto stamani nella sua visita al Quirinale al presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Il Pontefice ha messo l’accento sull’importanza della collaborazione tra Chiesa e Stato, ha ricordato le sue origini italiane, quindi ha auspicato che la nazione ritrovi “creatività e concordia” necessarie al suo sviluppo. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Un “segno di amicizia” che conferma “l’eccellente stato delle reciproche relazioni” tra Italia e Santa Sede. Con queste parole, Papa Francesco ha sintetizzato il senso della sua visita al Quirinale. E rivolgendosi a Giorgio Napolitano ha subito rammentato i suoi “tanti gesti di attenzione” per la sua persona come anche per Benedetto XVI. Al mio predecessore, ha detto il Papa, “desidero rivolgere in questo momento il nostro pensiero e il nostro affetto”. Quindi, ha fatto riferimento alle sue origini italiane: “RendendoLe visita in questo luogo così carico di simboli e di storia, vorrei idealmente bussare alla porta di ogni abitante di questo Paese, dove si trovano le radici della mia famiglia terrena, e offrire a tutti la parola risanatrice e sempre nuova del Vangelo”.
Ripensando ai “momenti salienti nelle relazioni tra lo Stato italiano e la Santa Sede”, Papa Francesco ha ricordato l’inserimento nella Costituzione dei Patti Lateranensi e l’Accordo di revisione del Concordato, di cui a breve ricorrerà il 30.mo anniversario. Qui, ha osservato, abbiamo “il solido quadro di riferimento normativo per uno sviluppo sereno dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia”. Un quadro, ha soggiunto, che “riflette e sostiene la quotidiana collaborazione al servizio della persona umana in vista del bene comune, nella distinzione dei rispettivi ruoli e ambiti d’azione”: “Tante sono le questioni di fronte alle quali le nostre preoccupazioni sono comuni e le risposte possono essere convergenti. Il momento attuale è segnato dalla crisi economica che fatica ad essere superata e che, tra gli effetti più dolorosi, ha quello di una insufficiente disponibilità di lavoro”. E’ necessario, ha poi avvertito, “moltiplicare gli sforzi per alleviarne le conseguenze e per cogliere ed irrobustire ogni segno di ripresa”: “Il compito primario che spetta alla Chiesa è quello di testimoniare la misericordia di Dio e di incoraggiare generose risposte di solidarietà per aprire a un futuro di speranza; perché là dove cresce la speranza si moltiplicano anche le energie e l’impegno per la costruzione di un ordine sociale e civile più umano e più giusto, ed emergono nuove potenzialità per uno sviluppo sostenibile e sano”.
Quindi, Papa Francesco ha rammentato le sue prime visite pastorali in Italia: “A Lampedusa, anzitutto, dove ho incontrato da vicino la sofferenza di coloro che, a causa delle guerre o della miseria, si avviano verso l’emigrazione in condizioni spesso disperate; e dove ho visto l’encomiabile testimonianza di solidarietà di tanti che si prodigano nell’opera di accoglienza”. Ha così ricordato la visita a Cagliari e quella ad Assisi, “per venerare il Santo che dell’Italia è patrono e di cui ho preso il nome”. Anche in questi luoghi, ha affermato, “ho toccato con mano le ferite che affliggono oggi tanta gente”. Ed ha sottolineato che “al centro delle speranze e delle difficoltà sociali, c’è la famiglia”: “Con rinnovata convinzione, la Chiesa, continua a promuovere l’impegno di tutti, singoli ed istituzioni, per il sostegno alla famiglia, che è il luogo primario in cui si forma e cresce l’essere umano, in cui si apprendono i valori e gli esempi che li rendono credibili. La famiglia ha bisogno della stabilità e riconoscibilità dei legami reciproci, per dispiegare pienamente il suo insostituibile compito e realizzare la sua missione”. La Chiesa, ha detto ancora, “mette a disposizione della società le sue energie” e al tempo stesso chiede che la famiglia sia “apprezzata, valorizzata e tutelata”: “Signor Presidente, in questa circostanza mi è caro formulare l’auspicio, sostenuto dalla preghiera, che l’Italia, attingendo dal suo ricco patrimonio di valori civili e spirituali, sappia nuovamente trovare la creatività e la concordia necessarie al suo armonioso sviluppo, a promuovere il bene comune e la dignità di ogni persona, e ad offrire nel consesso internazionale il suo contributo per la pace e la giustizia”.
Radio Vaticana
Papa Francesco: le mani di Dio ci accompagnano
12 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa: anche quando ci rimprovera, Dio ci accarezza e mai ci ferisce
12 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Affidiamoci a Dio come una bambino si affida alle mani del suo papà. E’ quanto affermato da Papa Francesco alla Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che il Signore mai ci abbandona e ha sottolineato che anche quando ci rimprovera, Dio non ci dà uno schiaffo ma una carezza. Il servizio di Alessandro Gisotti: “Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità”, ma “per l’invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi sulla Prima Lettura, un passo del Libro della Sapienza che ricorda la nostra creazione. L’invidia del diavolo, ha affermato il Papa, ha fatto sì che iniziasse questa guerra, “questa strada che finisce con la morte”. Quest’ultima, ha ribadito, “è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono”. E’ un esperienza che tutti facciamo: “Tutti dobbiamo passare per la morte, ma una cosa è passare per questa esperienza con una appartenenza al diavolo e un’altra cosa è passare per questa esperienza dalla mano di Dio. E a me piace sentire questo: ‘Siamo nelle mani di Dio dall’inizio’. La Bibbia ci spiega la Creazione, usando una immagine bella: Dio che, con le sue mani ci fa dal fango, dalla terra a Sua immagine e somiglianza. Sono state le mani di Dio che ci hanno creato: il Dio artigiano, eh! Come un artigiano ci ha fatto. Queste mani del Signore… Le mani di Dio, che non ci hanno abbandonato”. La Bibbia, ha proseguito, narra che il Signore dice al suo popolo: “Io ho camminato con te, come un papà con suo figlio, portandolo per mano”. Sono proprio le mani di Dio, ha soggiunto, “che ci accompagnano nel cammino”: “Nostro Padre, come un Padre con suo figlio, ci insegna a camminare. Ci insegna ad andare per la strada della vita e della salvezza. Sono le mani di Dio che ci carezzano nei momenti del dolore, ci confortano. E’ nostro Padre che ci carezza! Ci vuole tanto bene. E anche in queste carezze, tante volte, c’è il perdono. Una cosa che a me fa bene pensarla. Gesù, Dio, ha portato con sé le sue piaghe: le fa vedere al Padre. Questo è il prezzo: le mani di Dio sono mani piagate per amore! E questo ci consola tanto”.
Tante volte, ha proseguito, sentiamo dire da persone che non sanno a chi affidarsi: “Mi affido alle mani di Dio!”. Questo, ha osservato Papa Francesco, “è bello” perché "lì stiamo sicuri: è la massima sicurezza, perché è la sicurezza del nostro Padre che ci vuole bene”. “Le mani di Dio – ha commentato – anche ci guariscono dalle nostre malattie spirituali”: “Pensiamo alle mani di Gesù, quando toccava gli ammalati e li guariva… Sono le mani di Dio: ci guariscono! Io non mi immagino Dio dandoci uno schiaffo! Non me lo immagino. Rimproverandoci, sì me lo immagino, perché lo fa. Ma mai, mai, ci ferisce. Mai! Ci accarezza. Anche quando deve rimproverarci lo fa con una carezza, perché è Padre. ‘Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio’. Pensiamo alle mani di Dio, che ci ha creato come un artigiano, ci ha dato la salute eterna. Sono mani piagate e ci accompagnano nella strada delle vita. Affidiamoci alle mani di Dio, come un bambino si affida alla mano del suo papà. E’ una mano sicura quella!”
Radio Vaticana
Evangelizzazione e media: il Ccee in Spagna
09 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Evangelizzazione e media: il Ccee in Spagna
«Evangelizzare l’anima dell’Europa. - Il contributo delle comunicazioni sociali». È il tema dell’incontro dei vescovi responsabili delle Comunicazioni sociali delle Conferenze episcopali d’Europa a cinquant’anni del decreto conciliare Inter Mirifica, che si terrà a Barcellona dall'8 al 10 novembre. A mezzo secolo dalla pubblicazione del decreto, una quarantina di vescovi si confronteranno sulle sfide e gli strumenti per comunicare il Vangelo oggi. L’incontro è promosso dalla Commissione Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa) delle Comunicazioni sociali presieduta da José Ignacio Munilla Aguirre, vescovo di San Sebastián e organizzato dal vice segretario generale del Ccee, don Michel Remery. I partecipanti avranno l’opportunità di discutere sulle sfide che interpellano l’azione missionaria della Chiesa in Europa, la comunicazione di papa Francesco, l’uso delle nuove tecnologie da parte della Santa Sede, anche attraverso il contributo di numerosi esperti.
Nella patria dell’architetto Antonio Gaudí, i vescovi approfondiranno come anche l’architettura possa diventare strumento di comunicazione e di nuova evangelizzazione. L’incontro sarà presenziato dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali. Si tratta di un appuntamento a porte anche se alcune celebrazioni saranno aperte al pubblico. L’apertura dei lavori sarà venerdì 8 alle 16 con l’intervento di Munilla Aguirre e don Remery. Seguirà la relazione su «La comunicazione innovativa dell’arcidiocesi di Barcellona» del cardinale Lluís Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona e la presentazione del nuovo sito del Ccee. Alle 17 intervento su I cinquant’anni dell’Inter mirifica. Storia e cambiamenti di monsignor Claudio Maria Celli; alle 21 La Storia del Concilio Vaticano II, video realizzato dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.Venerdì e sabato l’incontro verterà su una ricca serie di relazioni e approfondimenti, Il giorno conclusivo, domenica 10 novembre, alle 9.30 la Messa nella Basilica della Sacra Famiglia, presieduta dal cardinale Lluís Martinez Sistach, arcivescovo di Barcellona e, alle 11 la visita guidata della Basilica.
Avvenire
Il webmaster vaticano: così la tenerezza del Papa diventa digitale
08 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Città del Vaticano (vaticaninsider.lastampa.it)Intervista con Lucio Adrian Ruiz, responsabile del Servizio Internet d'Oltretevere: «Nell'ultimo anno abbiamo dovuto aumentare di dieci volte la potenza del sistema»
La mattina dopo l'elezione di Bergoglio, è corso in un negozio e ha comprato un IPad rigorosamente bianco, subito ribattezzato «IPapapad», che è stato donato a Francesco la mattina del 16 marzo, al termine dell'udienza con i giornalisti. Monsignor Lucio Adrian Ruiz, 48 anni, argentino di Santa Fe, in Vaticano dal 1997, è il responsabile del Servizio Internet Vaticano. In pratica, in webmaster del Papa. Dopo anni di lavoro presso la Congregazione per il Clero, per la quale ha costruito il sito www.clerus.org e ha curato tecnicamente le «teleconferenze» - una specie di forum teologico che metteva attorno a un tavolo virtuale la stessa mattina esperti teologi di ogni parte del mondo - dal 2009 Ruiz è Capo Ufficio del Servizio Internet Vaticano, della Direzione delle Telecomunicazioni, e si occupa di tutto il web vaticano.
«Il nostro lavoro - spiega il webmaster del Papa - è quello di un "ufficio di frontiera". Siamo quella parte della catena che deve fornire la tecnologia e il supporto necessario perché la parola del Papa, i suoi insegnamenti e i suoi gesti arrivino fino agli estremi confini della terra. Siamo in qualche modo le braccia, le gambe e la voce digitale del Pontefice. Ma non siamo da soli a lavorare nella presenza digitale del Papa, siamo una grande famiglia – Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Sala Stampa, Centro Televisivo Vaticano, Radio Vaticana, Osservatore Romano - dove la comunicazione viene studiata, pensata, lavorata e messa in atto con la coscienza di collaborare con il Santo Padre nel suo ministero Petrino».
In che cosa consiste esattamente il vostro lavoro?
«Ci occupiamo della tecnologia, della progettazione, dell'ingegneria e della messa in linea dei siti web e degli altri servizi Internet della Santa Sede, cioè di quelli che rientrano sotto il dominio «.va», che è un "top level domain" equivalente a quelli di altri Paesi. Oggi sono una trentina, ma ce ne sono almeno dieci in preparazione. Quelli più seguiti, che generano più traffico, sono quelli istituzionali www.vatican.va - che ha al suo interno oltre mezzo milione di pagine con il Magistero dei Pontefici - e www.news.va, che cura il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali che e' un aggregatore di contenuti per tutte le "news". Poi ci sono i siti dei vari dicasteri e quelli costruiti per speciali ricorrenze, come www.annusfidei.va, dedicato all'Anno della Fede, un vero fiume di iniziative da parte del Vaticano al servizio della Chiesa universale».
Da quanto il Vaticano è in rete?
«Il Vaticano è nel web dal giorno di Natale del 1995, con il messaggio Urbi et Orbi di Giovanni Paolo II. Dal 1997 nella forma e struttura attuali. È interessante notare che nel momento in cui il web ha cominciato suoi primi passi, la Chiesa in generale, e particolarmente il Vaticano, c'era! La Chiesa ci è entrata subito, ha colto immediatamente il cambio culturale che Internet stava provocando. Così come oggi accompagna questi processi usando i social network. Come in un tempo la pittura, l'architettura, la musica, la Chiesa si fa pure presente e artefice della cultura con l'evangelizzazione, oggi in Internet».
Dove si trova il vostro ufficio e quante persone ci lavorano?
«Siamo un piccolo ufficio una trentina di persone, ma molto motivate nel collaborare con il Santo Padre al servizio della Chiesa Universale. È bello e sfidante pensare che l'orizzonte del nostro lavoro è il mondo intero, tutti i continenti, tutti i paesi, tutte le persone che vogliono accedere al insegnamento del Papa!
Per il momento abbiamo gli uffici in via della Conciliazione 1, ma appena saranno finiti i lavori ci trasferiremo negli uffici che si trovano sopra le Poste Vaticane. I sistemi, invece, sono sempre stati all'interno del Vaticano, sin dall'inizio nel 1995».
Quali sono le principali sfide che avete?
«La grande sfida è riuscire a passare in formato tecnologico l'insegnamento, il messaggio, la tenerezza del Papa..., non è semplice creare uno spazio di "incontro vero" con i mezzi telematici. Un'altra è che tutto è realizzato con ingegneri, tecnici e svariate figure professionali interne. Questo è bello ma è molto impegnativo e implica una grande dedizione e aggiornamento. Ma come detto, siamo una famiglia e assieme alle altre realtà del Vaticano cerchiamo di cogliere il momento culturale ed essere al passo dei tempi».
E ancora potrei dire che ce un'altra grande sfida. Essa si presenta quando si deve tenere conto delle situazioni dei vari Paesi del mondo. Ad esempio, il fatto che va garantita l'accessibilità anche a quei Paesi dove non c'è la banda larga e dove la tecnologia non è ancora così avanzata, tutti devono accedere al contenuto, quindi non basta pensare a fare cose belle e con l'ultima tecnologia, si deve pensare pure agli "ultimi", a quelli lontani e poveri, pure loro devono accedere al insegnamento e alla tenerezza del Papa!».
Siete voi a occuparvi dei contenuti?
«No, a quello pensano la Segreteria di Stato e i diversi dicasteri della Curia romana, sono loro che si occupano della ricchezza contenutistica che si trova nei diversi media. Noi ci occupiamo di una parte in questa "catena comunionale", cioè, quella di disegnare e fare la tecnologia, e di mettere online i contenuti del Papa. Ci occupiamo pure di digitalizzare i discorsi e gli interventi dei Papi del passato, un lavoro che richiede cura pazienza e dedizione. Nostro sogno è poter avere tutti i principali documenti dei Pontefici messi on line, ma ci prenderà un bel po' di tempo riuscirci... Si è anche accresciuto anche il numero delle traduzioni dei contenuti nelle varie lingue».
E gli accessi?
«Abbiamo avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni, e ancora di più con Papa Francesco. Ci sono dei picchi (parliamo di milioni di accessi) legati a certi eventi o ai viaggi del Papa. Ad esempio, in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II, in due giorni abbiamo avuto più di dodici milioni di accessi. C'e' un grande accesso alle foto e ai messaggi, c'e' una grande ricerca delle parole che lui pronuncia».
Gli internauti che cliccano di più i vostri siti dove risiedono?
«I primi dieci Paesi con maggiori accessi sono gli Stati Uniti, l'Italia, la Spagna, la Germania e il Brasile, seguiti da Corea del Sud, Messico, Canada, Francia e Cina. Le ore di punta del traffico, tra le 15 e mezzanotte, ora di Roma».
Gestite anche il servizio delle email? Esiste un'indirizzo email pubblico del Papa?
«Ci occupiamo anche delle email. Ma si è adibito un account del Papa soltanto per alcuni eventi speciali, come per esempio quello per il giubileo sacerdotale di Giovanni Paolo II. Non sono previste chat interattive. E per quanto riguarda i messaggi personali al Santo Padre, si preferisce ancora che arrivino per lettera...».
E quanto ad attacchi degli hacker come va?
«Stare nel mondo digitale significa pensare quotidianamente anche alla sicurezza. Dobbiamo occuparcene come ogni altra realtà importante sul web. È una realtà fisiologica, ma il centro dei nostri sforzi sta nei servizi, nel pensiero di come far arrivare meglio il messaggio. Il resto è normale, è come chi cammina e deve fare attenzione ad attraversare la strada... Tutto il mondo presente in Internet fa attenzione alle questioni di sicurezza, privacy, ecc... Diciamo che il peccato originale fa pure la sua irruzione nel mondo digitale».
Com'è cambiato il vostro lavoro con Papa Francesco?
«Francesco è un Papa molto vicino, attira le persone, eppure è molto mediatico, guardare le sue fotografie con la gente è di per sé un messaggio di amore e di speranza. Basta vedere come sono aumentate le presenze alle udienze generali e all'Angelus. L'aumento delle presenze fisiche ha la sua corrispondenza anche quelle virtuali: si cercano i video con le sue parole, si scaricano i testi, le foto. Papa Francesco dice parole forti che penetrano nel cuore della gente, di tutti noi. Gli accessi sono cresciuti molto, anzi, tanto! Nell'ultimo anno abbiamo aumentato stabilmente di dieci volte la potenza del sistema. Durante il periodo del conclave di venti volte».
Il Papa su twitter ha superato i dieci milioni di follower...
«Papa Francesco usa espressioni così belle e forti che sono adattissime per twitter. Una volta gli ho detto: "Santo Padre, lei è un 'Papa digitale', la sua vicinanza, le sue parole e la sua tenerezza parlano la stessa lingua della cultura digitale di oggi. Non era solo una frase, questo si può verificare dal flusso che si trova ovunque in Internet, sia delle sue parole che le sue immagini. Twitter è come una piccola giaculatoria digitale, che accompagna il popolo di Dio ogni giorno...è bello sentire la vicinanza del Papa nel nostro quotidiano camminare».
da ANDREA TORNIELLI
Papa Francesco: Dio gioisce quando salva un peccatore
08 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa prega per i figli dei "devoti della dea tangente", la corruzione toglie la dignità
08 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Stamani, durante la Messa celebrata nella Cappellina di Santa Marta, il Papa ha pregato per i tanti giovani che ricevono dai genitori “pane sporco”, guadagni frutto di tangenti e corruzione, e hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità. Il servizio di Sergio Centofanti: La parabola dell’amministratore disonesto dà lo spunto al Papa per parlare “dello spirito del mondo, della mondanità”, di “come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia”. Gesù “pregava il Padre perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità”. “E’ il nemico”: “Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L’atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori - fra virgolette - del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità. Qualcuno di voi potrà dire: ‘Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!’. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita”. Nella parabola, il padrone loda l’amministratore disonesto per la sua furbizia: “Eh sì, questa è una lode alla tangente! E l’abitudine della tangente è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice. E’ un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!”. Dunque – afferma il Papa – l’abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c’è una “furbizia mondana” – prosegue Papa Francesco – c’è anche una “furbizia cristiana, di fare le cose un po’ svelte … non con lo spirito del mondo”, ma onestamente. E’ ciò che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni – ha sottolineato - “è una grazia dello Spirito Santo”, un dono che dobbiamo chiedere. Infine, conclude con una preghiera: “Forse oggi ci farà bene a tutti noi pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto. E poi finirei come quell’altro del Vangelo che aveva tanti granai, tanti silos ripieni e non sapeva che farne: ‘Questa notte dovrai morire’, ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!”.
Radio Vaticana
Udienza generale. Il Papa: la Chiesa non cresce se è distaccata e fredda, cresce solo con l'amore
06 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Papa, all’udienza generale in Piazza San Pietro, dopo aver parlato mercoledì scorso della comunione dei santi, “intesa come comunione tra le persone sante, cioè tra noi credenti”, ha approfondito oggi l’altro aspetto di questa realtà: “la comunione ai beni spirituali, alle cose sante. Questi due aspetti – ha detto - sono strettamente collegati fra loro, infatti la comunione tra i cristiani cresce mediante la partecipazione ai beni spirituali. In particolare consideriamo: i Sacramenti, i carismi, e la carità. (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 949-953). Noi cresciamo in unità, in comunione con i sacramenti, con i carismi che ognuno ha perché glieli ha dati lo Spirito Santo, e con la carità”. “I Sacramenti – ha osservato - non sono apparenze, non sono riti; i Sacramenti sono la forza di Cristo, c’è Gesù Cristo, nei Sacramenti. Quando celebriamo la Messa, nell’Eucaristia c’è Gesù vivo, proprio Lui, vivo, che ci raduna, ci fa comunità, ci fa adorare il Padre. Ciascuno di noi, infatti, mediante il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia, è incorporato a Cristo e unito a tutta la comunità dei credenti. Pertanto, se da un lato è la Chiesa che “fa” i Sacramenti, dall’altro sono i Sacramenti che “fanno” la Chiesa, la edificano, generando nuovi figli, aggregandoli al popolo santo di Dio, consolidando la loro appartenenza”. “Ogni incontro con Cristo – ha proseguito - che nei Sacramenti ci dona la salvezza, ci invita ad “andare” e comunicare agli altri una salvezza che abbiamo potuto vedere, toccare, incontrare, accogliere, e che è davvero credibile perché è amore. In questo modo, i Sacramenti ci spingono ad essere missionari, e l’impegno apostolico di portare il Vangelo in ogni ambiente, anche in quelli più ostili, costituisce il frutto più autentico di un’assidua vita sacramentale, in quanto è partecipazione all’iniziativa salvifica di Dio, che vuole donare a tutti la salvezza. La grazia dei Sacramenti alimenta in noi una fede forte e gioiosa, una fede che sa stupirsi delle “meraviglie” di Dio e sa resistere agli idoli del mondo”. Poi a braccio ha aggiunto: “E per questo è importante fare la comunione; è importante che i bambini siano battezzati presto; è importante che siano cresimati. Perché? Perché questa è la presenza di Gesù Cristo in noi, che ci aiuta. E’ importante, quando ci sentiamo peccatori, andare al Sacramento della riconciliazione. ‘No, Padre, ho paura, perché il prete mi bastonerà!’. No, non ti bastonerà, il prete. Tu sai chi incontrerai nel Sacramento della riconciliazione? Gesù, Gesù che ti perdona. E’ Gesù che ti aspetta lì, e questo è un Sacramento. E questo fa crescere tutta la Chiesa”. “Un secondo aspetto della comunione alle cose sante – ha affermato il Papa - è quello della comunione dei carismi. Lo Spirito Santo dispensa ai fedeli una moltitudine di doni e di grazie spirituali; questa ricchezza diciamo ‘fantasiosa’ dei doni dello Spirito Santo è finalizzata alla edificazione della Chiesa”. A braccio ha aggiunto: “Carismi è una parola un po’ difficile. I carismi sono i regali che ci fa lo Spirito Santo: uno ha il regalo di essere così, o di questa abilità o di questa possibilità … Ma sono i regali che dà, ma ce li dà non perché siano nascosti: ci dà questi regali per parteciparli agli altri”. “Non sono dati a beneficio di chi li riceve – ha proseguito - ma per l’utilità del popolo di Dio. Se un carisma, invece, un regalo di questi, serve ad affermare se stessi, c’è da dubitare che si tratti di un autentico carisma o che sia fedelmente vissuto. I carismi sono grazie particolari, dati ad alcuni per fare del bene a tanti altri. Sono delle attitudini, delle ispirazioni e delle spinte interiori, che nascono nella coscienza e nell’esperienza di determinate persone, le quali sono chiamate a metterle al servizio della comunità. In particolare, questi doni spirituali vanno a vantaggio della santità della Chiesa e della missione. Tutti siamo chiamati a rispettarli in noi e negli altri, ad accoglierli come stimoli utili per una presenza e un’opera feconda della Chiesa. San Paolo ammoniva: «Non spegnete lo Spirito» (1 Ts 5,19)”. E a braccio ha affermato: “Non spegnere lo Spirito, lo Spirito che ci dà questi regali, queste abilità, queste virtù, queste cose tanto belle che fanno crescere la Chiesa”. Quindi ha domandato: “Qual è il nostro atteggiamento di fronte a questi doni dello Spirito Santo? Siamo consapevoli che lo Spirito di Dio è libero di darli a chi vuole? Li consideriamo come un aiuto spirituale, attraverso il quale il Signore sostiene la nostra fede, la rafforza e anche rafforza la nostra missione nel mondo?”. Infine, il Papa ha parlato del terzo aspetto della comunione alle cose sante, cioè la comunione della carità. A braccio ha detto: “La unità fra noi che fa la carità è l’amore. Dai primi cristiani, i pagani che li vedevano dicevano: ‘Ma questi, come si amano! Come si vogliono bene! Non si odiano, non chiacchierano uno contro l’altro! Ma, è buono, questo!’. La carità: questo è l’amore di Dio che lo Spirito Santo ci dà nel cuore”. “I carismi – ha sottolineato - sono importanti nella vita della comunità cristiana, ma sono sempre dei mezzi per crescere nella carità, nell’amore, che san Paolo colloca al di sopra dei carismi (cfr 1 Cor 13,1-13). Senza l’amore, infatti, anche i doni più straordinari sono vani”. E a braccio ha affermato: “Ma, quest’uomo guarisce la gente: eh, ha questa qualità, questa virtù, guarisce la gente. Ma, ha amore nel suo cuore? Ha carità? Se ha, avanti; ma se non le ha, non serve alla Chiesa. Senza l’amore, tutti i doni non servono alla Chiesa, perché dove non c’è l’amore c’è un vuoto, un vuoto che viene riempito dall’egoismo. E vi domando: se tutti noi siamo egoisti, solamente egoisti, possiamo vivere in comunità, in pace? Si può vivere in pace se ognuno di noi è un egoista? Si può o non si può? [i fedeli rispondono: “No!”] Non si può! Per questo, è necessario l’amore che ci unisce; la carità”. E ha proseguito: “Il più piccolo dei nostri gesti d’amore ha effetti buoni per tutti! Pertanto, vivere la unità della Chiesa, la comunione della carità significa non cercare il proprio interesse, ma condividere le sofferenze e le gioie dei fratelli (cfr 1 Cor 12,26), pronti a portare i pesi di quelli più deboli e poveri. Questa solidarietà fraterna non è una figura retorica, un modo di dire, ma è parte integrante della comunione tra i cristiani. Se la viviamo, noi siamo nel mondo segno, noi siamo “sacramento” dell’amore di Dio. Lo siamo gli uni per gli altri e lo siamo per tutti! Non si tratta solo di quella carità spicciola che ci possiamo offrire a vicenda, si tratta di qualcosa di più profondo: è una comunione che ci rende capaci di entrare nella gioia e nel dolore altrui per farli nostri sinceramente. E spesso siamo troppo aridi, indifferenti, distaccati e invece di trasmettere fraternità, trasmettiamo malumore, trasmettiamo freddezza, trasmettiamo egoismo. E con il malumore, con la freddezza, con l’egoismo si può far crescere le chiese? Si può far crescere tutta la Chiesa? No, con il malumore, con la freddezza, con l’egoismo la Chiesa non cresce: cresce soltanto con l’amore, con l’amore che viene dallo Spirito Santo. Il Signore ci invita ad aprirci alla comunione con Lui, nei Sacramenti, nei carismi e nella carità, per vivere in maniera degna della nostra vocazione cristiana!”.
Radio Vaticana
Tweet del Papa: “Per restare fedeli e coerenti al Vangelo ci vuole coraggio”
05 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
“Per restare fedeli e coerenti al Vangelo ci vuole coraggio”: è il tweet lanciato oggi da Papa Francesco sul suo account, in 9 lingue, @Pontifex seguito da oltre 10 milioni di follower.
Radio Vaticana
2 Novembre, il Papa nelle Grotte Vaticane per pregare per i Pontefici defunti
02 Novembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Nel giorno in cui la Chiesa celebra la Commemorazione di tutti i fedeli defunti, oggi alle 18.00 Papa Francesco scenderà nelle Grotte Vaticane per presiedere un momento di preghiera per i Sommi Pontefici defunti, in forma strettamente privata. Già il primo aprile scorso, era il Lunedì dell’Angelo, Papa Francesco si era recato nelle Grotte Vaticane e aveva reso omaggio alle tombe dei Papi del secolo scorso che vi si trovano: Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo I. L’atto di omaggio concludeva la visita di devozione alla tomba di San Pietro nella Necropoli che si trova sotto la Basilica vaticana. Nella Cappella Clementina, il luogo più vicino alla tomba del Principe degli Apostoli, il Papa aveva sostato in preghiera silenziosa.
Radio Vaticana
Il Papa: Gesù continua a pregare per noi anche oggi mostrando al Padre le sue piaghe
28 Ottobre, 2013Redazione le Vie del Signore
Gesù continua a pregare e a intercedere per noi, mostrando al Padre il prezzo della nostra salvezza: le sue piaghe. E' quanto ha detto Papa Francesco durante la Messa a Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra i Santi Simone e Giuda Taddeo, Apostoli. Il servizio di Sergio Centofanti:
Al centro dell’omelia è stato il brano del Vangelo in cui Gesù passa tutta la notte pregando il Padre prima di scegliere i dodici Apostoli: "Gesù sistema la sua squadra" – sottolinea il Papa – e subito dopo è attorniato da una grande moltitudine di gente "venuta per ascoltarlo ed essere guarita" perché "da Lui usciva una forza che guariva tutti". Sono i "tre rapporti di Gesù" – osserva Papa Francesco – "Gesù con il Padre, Gesù con i suoi Apostoli e Gesù con la gente". Gesù pregava il Padre per gli Apostoli e per la gente. Ma ancora oggi prega: "E’ l’intercessore, quello che prega, e prega Dio con noi e davanti a noi. Gesù ci ha salvati, ha fatto questa grande preghiera, il suo sacrificio, la sua vita, per salvarci, per giustificarci: siamo giusti grazie a Lui. Adesso se n’è andato, e prega. Ma, Gesù è uno spirito? Gesù non è uno spirito! Gesù è una persona, è un uomo, con carne come la nostra, ma in gloria. Gesù ha le piaghe sulle mani, sui piedi, sul fianco e quando prega fa vedere al Padre questo prezzo della giustificazione, e prega per noi, come se dicesse: ‘Ma, Padre, che non si perda, questo!’".
Gesù "ha la testa delle nostre preghiere" perché "è il primo a pregare" e come "nostro fratello" e "uomo come noi" intercede per noi: "In un primo tempo, Lui ha fatto la redenzione, ci ha giustificato tutti; ma adesso, cosa fa? Intercede, prega per noi. Io penso cosa avrà sentito Pietro quando lo ha rinnegato e poi Gesù ha guardato e ha pianto. Ha sentito che quello che Gesù aveva detto era vero: aveva pregato per lui, e per questo poteva piangere, poteva pentirsi. Tante volte, tra noi, ci diciamo: ‘Ma, prega per me, eh?, ne ho bisogno, ho tanti problemi, tante cose: prega per me’. E quello è buono, eh?, perché noi fratelli dobbiamo pregare gli uni per gli altri".
Il Papa esorta a chiedere: "Prega per me, Signore: Tu sei l’intercessore": "Lui prega per me; Lui prega per tutti noi e prega coraggiosamente perché fa vedere al Padre il prezzo della nostra giustizia: le sue piaghe. Pensiamo tanto a questo, e ringraziamo il Signore. Ringraziamo per avere un fratello che prega con noi, e prega per noi, intercede per noi. E parliamo con Gesù, diciamogli: ‘Signore, Tu sei l’intercessore, Tu mi hai salvato, mi hai giustificato. Ma adesso, prega per me’. E affidare i nostri problemi, la nostra vita, tante cose, a Lui, perché Lui lo porti dal Padre".
Radio Vaticana
Angelus. Il Papa invita a pregare “con insistenza” e ricorda che la missione cristiana “non è proselitismo”
21 Ottobre, 2013Redazione le Vie del Signore
La necessità di pregare continuamente, “con insistenza”; la Giornata missionaria mondiale di ieri e il ricordo della missionaria laica italiana, Afra Martinelli, uccisa qualche giorno fa in Nigeria; la solidarietà alle popolazioni filippine colpite martedì da un forte terremoto. Sono alcuni dei temi affrontati da Papa Francesco, ieri all’Angelus in piazza San Pietro. Il servizio di Giada Aquilino: Dio conosce tutto di noi, ma ci invita comunque a pregare “con insistenza”. Papa Francesco lo ha ricordato all’Angelus, prendendo spunto dalla parabola del Vangelo di oggi in cui Gesù parla della “necessità di pregare sempre, senza stancarsi”, come la vedova che, a forza di supplicare un giudice disonesto, riesce ad ottenere giustizia: “Nel nostro cammino quotidiano, specialmente nelle difficoltà, nella lotta contro il male fuori e dentro di noi, il Signore non è lontano, è al nostro fianco; noi lottiamo con Lui accanto, e la nostra arma è proprio la preghiera, che ci fa sentire la sua presenza accanto a noi, la sua misericordia, anche il suo aiuto”.
La lotta contro il male, ha spiegato il Pontefice, è però “dura e lunga, richiede pazienza e resistenza”. In questa lotta “da portare avanti ogni giorno”, ha aggiunto, “Dio è il nostro alleato, la fede in Lui è la nostra forza, e la preghiera è l’espressione della fede”, perché “se si spegne la fede, si spegne la preghiera, e noi camminiamo nel buio, ci smarriamo nel cammino della vita”. La preghiera perseverante è quindi “espressione della fede in un Dio che ci chiama a combattere con Lui, ogni giorno, ogni momento, per vincere il male con il bene”. In questo impegno, il Santo Padre ha voluto menzionare le “tante donne che lottano per la propria famiglia, che pregano, che non si affaticano mai”: “Un ricordo oggi, tutti noi, a queste donne che col loro atteggiamento ci danno una vera testimonianza di fede, di coraggio, un modello di preghiera. Un ricordo a loro”!
Dopo la preghiera mariana, Papa Francesco ha ricordato l’odierna Giornata Missionaria Mondiale, riflettendo sulla missione propria della Chiesa: “Diffondere nel mondo la fiamma della fede, che Gesù ha acceso nel mondo: la fede in Dio che è Padre, Amore, Misericordia. Il metodo della missione cristiana non è il proselitismo, ma quello della fiamma condivisa che riscalda l’anima”.
Ringraziando tutti coloro che “con la preghiera e l’aiuto concreto sostengono l’opera missionaria, in particolare la sollecitudine del vescovo di Roma per la diffusione del Vangelo”, il pensiero del Santo Padre è andato a chi opera in ‘prima linea’ proclamando Cristo fino ai confini della Terra: “In questa Giornata siamo vicini a tutti i missionari e le missionarie, che lavorano tanto senza far rumore, e danno la vita. Come l’italiana Afra Martinelli, che ha operato per tanti anni in Nigeria: qualche giorno fa è stata uccisa, per rapina; tutti hanno pianto, cristiani e musulmani. Le volevano bene!”
Afra Martinelli - ha proseguito il Papa, lanciando un applauso in sua memoria - “ha annunciato il Vangelo con la vita, con l’opera che ha realizzato, un centro di istruzione”, e così ha diffuso “la fiamma della fede, ha combattuto la buona battaglia”. Come anche Stefano Sándor, il salesiano laico proclamato Beato ieri a Budapest, in Ungheria. “Quando il regime comunista chiuse tutte le opere cattoliche - ha ricordato il Santo Padre - affrontò le persecuzioni con coraggio, e fu ucciso a 39 anni”. Quindi il pensiero del Papa è corso all’attualità, al sisma di martedì scorso nelle Filippine: “Desidero esprimere la mia vicinanza alle popolazioni delle Filippine colpite da un forte terremoto, e vi invito a pregare per quella cara Nazione, che di recente ha subito diverse calamità”.
Tra i pellegrini presenti in piazza San Pietro, Papa Francesco ha quindi salutato i ragazzi che hanno dato vita alla manifestazione “100 metri di corsa e di fede”, promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura: “ci ricordate - ha detto - che il credente è un atleta dello spirito”. Ed ha concluso con un pensiero speciale: “Oggi in Argentina si celebra la ‘Festa della mamma’: rivolgo un affettuoso saluto alle mamme della mia terra”.
Radio Vaticana
La Messa ad Assisi. Il Papa: la pace francescana è fondata su Cristo, non è armonia panteistica
04 Ottobre, 2013Redazione le Vie del Signore
La Messa ad Assisi. Il Papa: la pace francescana è fondata su Cristo, non è armonia panteistica
Terminato l’incontro al Vescovado, Papa Francesco si è recato a piedi nella vicina Chiesa di Santa Maria Maggiore. Poi si è trasferito in auto nella Basilica superiore di San Francesco dove c'era il presidente del Consiglio Enrico Letta ad attenderlo. Dopo aver salutato i tanti fedeli presenti in piazza, il Pontefice ha parlato in modo cordiale col premier. Quindi si è recato nella Cripta per la venerazione della tomba di San Francesco, dove ha pregato in ginocchio per qualche minuto. Alle 11.00 circa è iniziata la Messa in Piazza San Francesco.
Nell’omelia il Papa è partito dalle parole di Gesù proposte dal Vangelo del giorno: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).
“Pace e bene a tutti! – ha esordito - Con questo saluto francescano vi ringrazio per essere venuti qui, in questa Piazza, carica di storia e di fede, a pregare insieme. Oggi anch’io, come tanti pellegrini, sono venuto per rendere lode al Padre di tutto ciò che ha voluto rivelare a uno di questi “piccoli” di cui ci parla il Vangelo: Francesco, figlio di un ricco commerciante di Assisi. L’incontro con Gesù lo portò a spogliarsi di una vita agiata e spensierata, per sposare “Madonna Povertà” e vivere da vero figlio del Padre che è nei cieli. Questa scelta, da parte di san Francesco, rappresentava un modo radicale di imitare Cristo, di rivestirsi di Colui che, da ricco che era, si è fatto povero per arricchire noi per mezzo della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9). In tutta la vita di Francesco l’amore per i poveri e l’imitazione di Cristo povero sono due elementi uniti in modo inscindibile, le due facce di una stessa medaglia”.
Quindi ha posto due domande: “Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole – questo è facile – ma con la vita?”.
“La prima cosa che ci dice – ha detto - la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui. Da dove parte il cammino di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui. Francesco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare. In quel crocifisso Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire, come san Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14). Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore”.
Poi ha aggiunto: “Nel Vangelo abbiamo ascoltato queste parole: «Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,28-29). Questa è la seconda cosa che Francesco ci testimonia: chi segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare. San Francesco viene associato da molti alla pace, ed è giusto, ma pochi vanno in profondità. Qual è la pace che Francesco ha accolto e vissuto e che ci trasmette? Quella di Cristo, passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce. E’ la pace che Gesù Risorto donò ai discepoli quando apparve in mezzo a loro: la pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (cfr Gv 13,34; 15,12). E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo si può portare con mitezza e umiltà di cuore”.
Il Papa ha poi proseguito citando il Cantico delle Creature: “Francesco inizia il Cantico: “Altissimo, onnipotente, bon Signore… Laudato sie… cun tutte le tue creature” (FF, 1820). L’amore per tutta la creazione, per la sua armonia. Il Santo d’Assisi testimonia il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e come Lui lo ha creato, senza sperimentare sul Creato per distruggerlo; aiutarlo a crescere a essere più bello e più simile a quello che Dio ha creato. E soprattutto testimonia il rispetto per tutto e che l’uomo è chiamato a custodire l’uomo, dove l’uomo sia al centro della creazione, al posto dove Dio, il Creatore, lo ha voluto. Non strumento degli idoli che noi creiamo. L’armonia e la pace! Francesco è stato uomo di armonia, uomo di pace. Da questa Città della Pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, in tutto il mondo. Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: ottienici da Dio il dono che in questo nostro mondo ci sia armonia, pace e rispetto per il Creato!".
Questa la conclusione dell’omelia: “Non posso dimenticare, infine, che oggi l’Italia celebra san Francesco quale suo Patrono. E do gli auguri a tutti gli italiani, nella persona del capo del governo, qui presente. Lo esprime anche il tradizionale gesto dell’offerta dell’olio per la lampada votiva, che quest’anno spetta proprio alla Regione Umbria. Preghiamo per la Nazione italiana, perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide. Faccio mia la preghiera di san Francesco per Assisi, per l’Italia, per il mondo: «Ti prego dunque, o Signore Gesù Cristo, padre delle misericordie, di non voler guardare alla nostra ingratitudine, ma di ricordarti sempre della sovrabbondante pietà che in [questa città] hai mostrato, affinché sia sempre il luogo e la dimora di quelli che veramente ti conoscono e glorificano il tuo nome benedetto e gloriosissimo nei secoli dei secoli. Amen» (Specchio di perfezione, 124: FF, 1824)”.
Radio Vaticana
Il Papa all'udienza generale: la Chiesa è una dovunque nel mondo, no ai tentativi di “privatizzarla”
25 Settembre, 2013Redazione le Vie del Signore
Dovunque andiamo nel mondo c’è una Chiesa sola per tutti. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro, gremita di fedeli come di consueto ogni mercoledì mattina. Il Papa ha messo in guardia dal rischio di “privatizzare” la Chiesa per il proprio gruppo. “La Chiesa – ha detto salutando i pellegrini di lingua araba – non significa uniformità, ma la comunione nell’amore e nella testimonianza a Cristo”. Quindi, ha ribadito che le chiacchiere fanno tanto male alla Chiesa e la feriscono. Bandiere di ogni nazione, persone dai tratti somatici più diversi, lingue di Paesi lontani che riecheggiano nella grande Piazza San Pietro. E’ l’immagine consueta del mercoledì all’udienza generale, ma questa volta assume un significato particolare perché Papa Francesco, rivolgendosi alle migliaia di pellegrini giunti a Roma per ascoltarlo, parla proprio di questo: una Chiesa sparsa in tutto il mondo, con 3 mila diocesi, che però è una, sempre la stessa per tutti. Come può avvenire questo, si chiede il Papa? E subito sottolinea che questa unità si trova “nella fede, nella speranza, nella carità”, nei Sacramenti che “come pilastri” sorreggono “l’unico grande edificio della Chiesa”: “Dovunque andiamo, anche nella più piccola parrocchia, nell’angolo più sperduto di questa terra, c’è l’unica Chiesa; noi siamo a casa, siamo in famiglia, siamo tra fratelli e sorelle. E questo è un grande dono di Dio! La Chiesa è una sola per tutti. Non c’è una Chiesa per gli Europei, una per gli Africani, una per gli Americani, una per gli Asiatici, una per chi vive in Oceania, no è la stessa ovunque”. E', ha detto, come in una famiglia: “si può essere lontani, sparsi per il mondo, ma i legami profondi che uniscono tutti i membri della famiglia rimangono saldi qualunque sia la distanza”. E cita l’esempio della Gmg di Rio, i giovani di tutto il mondo sulla spiaggia di Copacabana, dove “c’era una profonda unità, si formava un’unica Chiesa, si era uniti e lo si sentiva”: “Chiediamoci tutti: io come cattolico sento questa unità? Io come cattolico vivo questa unità della Chiesa? Oppure non mi interessa, perché sono chiuso nel mio piccolo gruppo o in me stesso? Sono di quelli che 'privatizzano' la Chiesa per il proprio gruppo, la propria Nazione, i propri amici? E’ triste trovare una Chiesa privatizzata per questo egoismo e questa mancanza di fede, eh? E’ triste!”. “Quando sento che tanti cristiani nel mondo soffrono – ha chiesto ancora – sono indifferente o è come se soffrisse uno di famiglia?”. E ancora: sono toccato nel cuore quando sento che “tanti cristiani sono perseguitati e anche danno la vita per la loro fede?". “Vi faccio una domanda, ma non rispondete a voce alta, soltanto nel cuore. Quanti di voi pregate per i cristiani che sono perseguitati? Quanti? Ognuno si risponda nel cuore. ‘Io prego per quel fratello, per quella sorella, che è in difficoltà, per confessare e difendere la sua fede?’ E’ importante guardare fuori dal proprio recinto, sentirsi Chiesa, unica famiglia di Dio!”. Ha cosi rivolto il pensiero alle ferite che noi stessi arrechiamo a questa unità. “A volte – ha riconosciuto – sorgono incomprensioni, conflitti, tensioni, divisioni che la feriscono e allora la Chiesa non ha il volto che vorremmo”. E, ha proseguito, “se guardiamo alle divisioni che ancora ci sono tra i cristiani” sentiamo “la fatica di rendere pienamente visibile questa unità”: “Dio ci dona l’unità, ma noi spesso facciamo fatica a viverla. Occorre cercare, costruire la comunione, educarci alla comunione, a superare incomprensioni e divisioni, incominciando dalla famiglia, dalle realtà ecclesiali, nel dialogo ecumenico pure. Il nostro mondo ha bisogno di unità. E’ un’epoca in cui noi tutti abbiamo bisogno di unità, abbiamo bisogno di riconciliazione, di comunione e la Chiesa è Casa di comunione”. Il Papa ha, così, indicato quali sono le strade della Chiesa per “conservare l’unità”: “umiltà, dolcezza e magnanimità”: “La ricchezza di ciò che ci unisce! Eh, quella è una vera ricchezza: ciò che ci unisce, non ciò che ci divide. Quella è la ricchezza della Chiesa. Ognuno si chieda oggi: io faccio crescere l’unità in famiglia, in parrocchia, in comunità, o sono un chiacchierone, una chiacchierona, sono motivo di divisione, di disagio?”. Alla Chiesa, ha aggiunto, fanno male le chiacchiere. Fanno male “alla Chiesa, alle parrocchie, alle comunità”: “Le chiacchiere feriscono. Un cristiano, prima di chiacchierare deve mordersi la lingua! Sì o no? Eh, mordersi la lingua! Quello ci farà bene, perché la lingua si gonfia e non può parlare e non può chiacchierare. Ho l’umiltà di ricucire con pazienza, con sacrificio, le ferite alla comunione?”.
Il Papa ha quindi concluso la sua catechesi sottolineando che è lo Spirito Santo il motore dell’unità della Chiesa”. Lo Spirito Santo, ha aggiunto, “è armonia, sempre fa l’armonia nella Chiesa: è un’unità armonica in tanta diversità di culture, di lingue e di pensiero”: “E’ lo Spirito Santo il motore. Per questo è importante la preghiera, che è l’anima del nostro impegno di uomini e donne di comunione, di unità. La preghiera allo Spirito Santo, perché venga e faccia l’unità nella Chiesa”. Tanti, come sempre, i gruppi da tutto il mondo presenti in Piazza San Pietro. Tra questi anche una delegazione di dieci imam francesi che hanno salutato brevemente il Papa alla fine dell'udienza generale.
2013-09-25 Radio Vaticana
Tweet del Papa: Gesù è un amico, ma anche un maestro di verità e vita che indica la via della felicità
05 Luglio, 2013Redazione le Vie del Signore
Tweet del Papa:
Gesù è un amico, ma anche un maestro di verità e vita che indica la via della felicità
Il Primo ministro italiano da Papa Francesco
05 Luglio, 2013Redazione le Vie del Signore
Lumen Fidei, prima Enciclica firmata da Papa Francesco: la fede illumina l'esistenza dell'uomo
05 Luglio, 2013Redazione le Vie del Signore
“Lumen fidei”, “La luce della fede”: si intitola così la prima Enciclica di Papa Francesco, pubblicata oggi. Indirizzata a vescovi, presbiteri, diaconi, consacrati e a tutti i fedeli laici, e suddivisa in quattro capitoli, l’Enciclica – spiega Papa Francesco – era già stata “quasi completata” da Benedetto XVI. A quella “prima stesura” l’attuale Pontefice ha aggiunto “ulteriori contributi”. Obiettivo del documento è recuperare il carattere di luce proprio della fede, capace di illuminare tutta l’esistenza umana. Il servizio di Isabella Piro: Chi crede, vede. Chi crede, non è mai solo, perché la fede è un bene per tutti, un bene comune che aiuta a distinguere il bene dal male, a edificare le nostre società, donando speranza. È questo il cuore della Lumen fidei: quello di una fede che non separa l’uomo dalla realtà, ma lo aiuta a coglierne il significato più profondo. In un’epoca come quella moderna- scrive il Papa- in cui il credere si oppone al cercare e la fede è vista come un’illusione, un salto nel vuoto che impedisce la libertà dell’uomo, è importante fidarsi ed affidarsi, umilmente e con coraggio, all’amore misericordioso di Dio che raddrizza le storture della nostra storia. Testimone affidabile della fede è Gesù, attraverso il quale Dio opera veramente nella storia. Chi crede in Gesù non solo guarda a Lui, ma anche dal Suo punto di vista. E come nella vita quotidiana ci affidiamo all’architetto, al farmacista, all’avvocato, che conoscono le cose meglio di noi, così per la fede ci affidiamo a Gesù, esperto nelle cose di Dio, colui che ci spiega Dio. La fede non è un fatto privato- sottolinea il Pontefice- perché si confessa all’interno della Chiesa, come comunione concreta dei credenti. E in questo modo, l’esistenza credente diventa esistenza ecclesiale. Quindi, il Papa dimostra lo stretto legame tra fede, verità e amore, quelle affidabili di Dio. La fede senza verità non salva –dice il Pontefice- Resta solo una bella fiaba, soprattutto oggi in cui si vive una crisi di verità a causa di una cultura che crede solo alla tecnologia o alle verità del singolo, a vantaggio dell’individuo e non del bene comune. Il grande oblio del mondo contemporaneo- evidenzia il Papa- è il rifiuto della verità grande, è il dimenticare la domanda su Dio, perché si teme il fanatismo e si preferisce il relativismo. Al contrario, la fede non è intransigente, il credente non è arrogante perché la verità che deriva dall’amore di Dio non si impone con la violenza e non schiaccia il singolo. Per questo è possibile il dialogo tra fede e ragione: innanzitutto, perché la fede risveglia il senso critico ed allarga gli orizzonti della ragione; in secondo luogo, perché Dio è luminoso e può essere trovato anche dai non credenti che lo cercano con cuore sincero. Chi si mette in cammino per praticare il bene- sottolinea il Papa- si avvicina già a Dio. Altro punto essenziale della Lumen fidei è l’evangelizzazione: chi si è aperto all’amore di Dio- dice il Pontefice- non può tenere questo dono solo per sé. Come una fiamma si accende dall’altra, così la luce di Gesù brilla sul volto dei cristiani e si trasmette di generazione in generazione, attraverso i testimoni della fede. È forte, quindi, il legame tra fede e memoria, perché l’amore di Dio tiene uniti tutti i tempi e ci rende contemporanei a Gesù. C’è, però, un mezzo speciale con cui la fede può trasmettersi: sono i Sacramenti. Innanzitutto, il Battesimo, che ci ricorda che la fede deve essere ricevuta, in comunione ecclesiale, perché nessuno battezza se stesso, e che mette in risalto la sinergia tra la Chiesa e la famiglia, nella trasmissione della fede. Poi, l’Eucaristia, nutrimento prezioso della fede che ci insegna a vedere la profondità del reale. E ancora, la confessione di fede del Credo e la preghiera del Padre Nostro, che coinvolgono il credente nelle verità che confessa e lo fanno vedere con gli occhi di Cristo. Infine, i Dieci Comandamenti, che non sono un insieme di precetti negativi, ma indicazioni concrete per entrare in dialogo con Dio. La fede è una, sottolinea ancora il Papa, e l’unità della fede è l’unità della Chiesa. Nel suo ultimo capitolo, la Lumen fidei spiega il legame tra il credere e il costruire il bene comune: la fede, che nasce dall’amore di Dio, rende saldi i vincoli tra gli uomini e si pone al servizio della giustizia, del diritto, della pace. Essa non allontana dal mondo, scrive il Papa, anzi: se la togliamo dalle nostre città, perdiamo la fiducia tra noi e restiamo uniti solo per paura o per interesse. Sono tanti, invece, gli ambiti illuminati dalla fede: la famiglia fondata sul matrimonio, inteso come unione stabile tra uomo e donna; il mondo dei giovani che desiderano ”una vita grande” e ai quali “l’incontro con Cristo dona una speranza solida che non delude”. “La fede non è un rifugio per gente senza coraggio- afferma il Pontefice- ma la dilatazione della vita” e in quest’ambito le GMG permettono ai giovani di mostrare la gioia della fede e l’impegno a viverla in modo saldo e generoso. La fede illumina anche la natura, ci aiuta a rispettarla, a “trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull’utilità o sul profitto, ma che considerino il creato come un dono”; ci insegna ad individuare forme giuste di governo, in cui l’autorità viene da Dio ed è a servizio del bene comune; ci offre la possibilità del perdono che porta a superare i conflitti. “Quando la fede viene meno, c’è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno”, ricorda il Papa. Per questo, non dobbiamo vergognarci di confessare pubblicamente Dio, in quanto la fede illumina tutto il vivere sociale. Anche la sofferenza e la morte ricevono un senso dall’affidarsi a Dio, scrive il Pontefice: all’uomo che soffre il Signore non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua presenza che accompagna. In questo senso, la fede è congiunta alla speranza. E qui il Papa lancia un appello: “Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino”. L’Enciclica si conclude, quindi, con una preghiera a Maria, “icona perfetta” della fede, affinché ci insegni a guardare con gli occhi di Gesù.
Radio Vaticana
Papa Francesco: Nella Chiesa nessuno è inutile.
26 Giugno, 2013Redazione le Vie del Signore
"Nessuno è inutile nella Chiesa", "tutti siamo uguali agli occhi di Dio". In una soleggiata e affollata piazza San Pietro, Papa Francesco ha salutato i fedeli giunti per l'udienza generale, l'ultima prima della pausa estiva. Alle oltre 50 mila persone presenti, il Pontefice ha chiarito che "Cristo è il Tempio vivente del Padre, e Cristo stesso edifica la sua 'casa spirituale', la Chiesa, fatta non di pietre materiali, ma di 'pietre viventi'". Ciascuno di noi, quindi, occupa un posto speciale in questo edificio, la cui varietà è disegnata dalla Spirito Santo. Di qui l'invito a essere pietre vive nella Chiesa e nel mondo e non "pietre stanche, annoiate o indifferenti"
Il Papa istituisce la Pontificia Commissione Referente sullo Ior
26 Giugno, 2013Redazione le Vie del Signore
Un organismo che consenta di conoscere in modo più approfondito la posizione giuridica dello Ior e permettere una sua migliore “armonizzazione” con “la missione universale della Sede Apostolica”. È questa la natura e lo scopo della “Pontificia Commissione Referente sull’Istituto per le Opere di Religione”, istituita da Papa Francesco con un Chirografo che reca la data del 24 giugno 2013. Sull’organigramma e le competenze della struttura, esposti in un comunicato della Segreteria di Stato, riferisce in questo servizio Alessandro De Carolis: “Consentire ai principi del Vangelo di permeare anche le attività di natura economica e finanziaria”. Sta in questa affermazione la sorgente ispiratrice del lavoro che dovrà svolgere la nuovo Pontificia Commissione Referente sullo Ior. Questo intendimento spicca nelle prime righe del Chirografo di Papa Francesco e si rifà – viene detto esplicitamente – a un “invito” di Benedetto XVI, prima del quale il Pontefice ricorda come lo Ior abbia ricevuto l’attuale personalità giuridica nel 1990 dal Beato Giovanni Paolo II. Ora, scrive il Papa, “alla luce della necessità di introdurre riforme nelle Istituzioni che danno ausilio alla Sede Apostolica” – e dopo aver “sentito il parere di diversi Cardinali e altri fratelli nell'Episcopato, nonché di altri collaboratori” – “Noi abbiamo deciso di istituire una Commissione Referente sull’Istituto per le Opere di Religione che raccolga puntuali informazioni sulla posizione giuridica e sulle varie attività dell’Istituto al fine di consentire, qualora necessario, una migliore armonizzazione del medesimo con la missione universale della Sede Apostolica”. Il mandato di cui godrà questo nuovo organismo sarà “ampio”, ha spiegato ai giornalisti il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi. Lo scopo della Commissione – precisa il comunicato della Segreteria di Stato – è di raccogliere informazioni sull’andamento dell’Istituto e di presentare i risultati al Santo Padre” in modo tempestivo. Nel frattempo, si chiarisce ulteriormente, lo Ior “continua ad operare secondo il Chirografo del 1990 che lo erige, salvo disposizioni diverse del Santo Padre”. La Pontificia Commissione Referente sullo Ior – che come si legge nella nota ufficiale “comincia il lavoro proprio in questi giorni” – è composta da cinque personalità. In qualità di presidente, Papa Francesco ha nominato il cardinale Raffaele Farina, mentre membri sono il cardinale Jean-Louis Tauran e la prof.ssa Mary Ann Glendon. Il segretario è mons. Peter Bryan Wells e il coordinatore mons. Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru. Il Chirografo stabilisce in 9 punti gli ambiti operativi della Commissione. La dimostrazione dell’ampia facoltà di intervento si evince, ad esempio, a punto 2 dove si afferma, fra l’altro, che “il segreto d’ufficio e le altre eventuali restrizioni stabilite dall’ordinamento giuridico non inibiscono o limitano l’accesso della Commissione a documenti, dati e informazioni”, ad eccezione delle norme che tutelano “l’autonomia e l’indipendenza delle Autorità che svolgono attività di vigilanza e regolamentazione dell’Istituto”. L’attività della Commissione – si afferma al punto 8 – “decorre dalla data del presente Chirografo”. Mentre lo scioglimento della Commissione (punto 9) “sarà reso noto”
Radio Vaticana
Il Papa saluta i ragazzi del "Treno dei bambini". Per loro una festa nel cuore del Vaticano
24 Giugno, 2013Redazione le Vie del Signore
Subito dopo la preghiera dell’Angelus Papa Francesco ha raggiunto ieri mattina la Stazione ferroviaria vaticana per incontrare più di trecento bambini, provenienti da case famiglia, istituti, associazioni, arrivati poco prima con uno speciale treno, Frecciargento, partito da Milano. L’iniziativa, denominata ‘Il treno dei bambini, un viaggio attraverso la bellezza’, fa parte degli eventi riservati ai più piccoli nell’ambito del "Cortile dei Gentili", la struttura del Pontificio Consiglio della Cultura che promuove il dialogo con i non credenti. Sul treno c’era per noi Fabio Colagrande: “Tutti i bambini hanno bisogno di una grazia, ma questi forse più degli altri”. Questa battuta di un’educatrice che abbraccia un neonato, aspettando l’arrivo del Papa, rende bene lo stato d’animo che si respirava stamani alla Stazione Vaticana. Poi Francesco arriva, saluta il cardinale Ravasi e l’amministratore delle ferrovie Moretti e viene subito contornato da decine di piccoli passeggeri emozionati con cui instaura uno dei suoi abituali vivaci, dialoghi. Sembra un parroco che scherza con i suoi piccoli fedeli: "Papa Francesco: Grazie! Che bello! Che bello! Vi auguro una bella giornata…. Sarà un po’ calda… Bambini: Sì! Papa Francesco: Sì. Non avete paura del caldo, voi? Bambini: No! Per vedere te, no!" Il Papa si intrattiene per una mezz'ora con i piccoli ospiti della visita, s’informa sul viaggio, li ringrazia e si fa raccontare come trascorreranno le prossime ore in Vaticano. Il pranzo e i giochi nell’atrio dell’Aula Paolo VI, la visita ludico-didattica al colonnato di S. Pietro e poi la ripartenza per Milano. I bambini, che arrivano da diverse città italiane, ma sono delle nazionalità più varie, regalano al Pontefice i disegni e i lavoretti realizzati durante la prima fase del progetto, che prevedeva visite alla cattedrale della loro città, per conoscere l’arte e la storia attraverso il gioco. Una bimba di 13 anni, che ha viaggiato stringendo tra le braccia il suo bambino, dona al Papa un mazzo di fiori di camomilla, con una dedica speciale alla Vergine Maria. Il "Frecciargento", partito da Milano centrale alle 7.30 già carico di emozioni e aspettative, era giunto alla stazione Vaticana alle 11.10, dopo aver fatto tappa a Bologna e Firenze per far salire altri passeggeri, a loro volta accolti a Roma da altri bambini, per un totale di quasi 400, la maggior parte tra i 6 e i 10 anni, accompagnati da educatori, assistenti sociali e familiari. Aspettando il Papa, come durante il viaggio, si è ballato e giocato con Pulcinella, grazie agli artisti dell’Orchestra popolare italiana. Davvero una festa di piazza nel cuore dei silenziosi Giardini Vaticani. Sull’andamento del viaggio sentiamo Patrizia Martinez, la responsabile del "Cortile dei bambini", curatrice dell'iniziativa: R. - Siamo senza fiato e senza respiro, perché è stato magnifico! Si è sentita la musica, i bambini che salivo e si incontravano fra di loro. Un treno ad alta velocità di gioia e di entusiasmo. D. – I piccoli passeggeri come si sono comportati? R. – Benissimo. Veramente meravigliosamente bene! hanno disegnato, hanno ascoltato la musica, hanno cantato. Dei bimbi hanno anche suonato la fisarmonica… Sono stati veramente dei perfetti piccoli passeggeri. "Il Treno dei bambini", che per la prima volta nella storia ha portato dei visitatori alla stazione vaticana per salutare il Pontefice è stato dunque un viaggio assolutamente unico, come conferma l’amministratore delegato delle Ferrovie dello staro italiane, Mauro Moretti: R. – Questo è unico. Con tutti questi ragazzi e bambini a bordo, non era mai successo. Abbiamo avuto tanti personaggi, anche Papi e il presidente della Repubblica, ma questo credo sia la cosa più bella e più significativa, perché sono dei bambini – peraltro, a volte, con alcuni problemi – che possono avere una giornata di luce, di sole… Sono tutti impegnati a conoscersi fra di loro, a fare iniziative. Tutti tesi a vedere il Papa da vicino e anche questa è una bellissima cosa. E’ un treno – direi – quasi della speranza o della carità, non vorrei adesso entrare in cose che non conosco in maniera approfondita.
Radio Vaticana
Ricostruzione, ‘Aquilani digitali’ cresce: attivo il sito internet. Ed è caccia alle adesioni
21 Giugno, 2013Redazione le Vie del Signore
Ci sono i volti di registi, fotografi, imprenditori, musicisti, architetti, giornalisti. Adesso c’è anche l’adesione ufficiale del Premio Aretè. Il progetto Aquilani digitalicresce, all’insegna della solidarietà per un territorio colpito dal sisma e da mesi abbandonato pure dal Governo. Soltanto pochi giorni fa il Senato ha votato un emendamento cosiddetto “Salva-L’Aquila” che finalmente consente lo sblocco di un miliardo e 200 milioni di euro – spalmati in sei anni – per la ricostruzione. Non bastano ancora (la stima per vedere la città al suo splendore è di 10 miliardi) ma almeno sono un piccolo inizio per poter aprire quanto meno i cantieri e mordere la ricostruzione entro quest’anno. Ma bisogna fare presto perché la bella stagione passa in fretta e con l’inverno, si sa, le imprese edili sospendono i cantieri nella maggior parte dei casi.
E per una quasi coincidenza positiva è da oggi attivo il portalewww.aquilanidigitali.nuvolaverde.org,ideato da Nuvolaverde, il primo social network sull’innovazione per la sostenibilità che da alcuni mesi ha avviato – insieme all’Orchestra città aperta di Fossa – la campagna “Aquilani digitali”, che invita uomini e donne a dedicare una piccola parte della loro vita digitale alla città distrutta, stabilendovi la “residenza virtuale”.
Un progetto che coinvolge personaggi di rilievo del mondo dello spettacolo, della cultura, del professionismo italiano, ma anche aziende e cittadini comuni, ai quali viene chiesto di mantenere accesi i riflettori sulla ricostruzione e di pagare una “tassa di soggiorno” simbolica di minimo 5 euro. La somma finale raccolta sarà destinata alle 18 associazioni di Piazza d’Arti, che unisce associazioni culturali aquilane rimaste senza sede. Con il finanziamento le associazioni potranno continuare a programmare spettacoli e attività. «Chiediamo agli italiani – spiega il giornalista del Sole24ore,Enzo Argante, di Nuvolaverde – di partecipare alla vita virtuale dell’Aquila e contribuire ad alimentare l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema della ricostruzione». Una novità è che ilPremio Aretè 2013, premio alla Comunicazione responsabile promosso da Nuvolaverde conConfindustria e Abi, avrà una sede nella “città virtuale-L’Aquila”.A partire da questa edizione, che è la decima per il Premio, Aretè sarà collegato al sito Aquilani Digitali. Le iscrizioni al Premio sulla comunicazione responsabile sono aperte (la sede virtuale è fissata sul sitowww.aquilanidigitali.nuvolaverde.org). La premiazione si terrà il 19 novembre a Roma.
Tra i “cittadini virtuali” aquilani ci sono già: i registi Marco Bellocchio ePradal, lo sceneggiatore e regista Marco Turco, il compositore Franco Barsanti, il regista Daniele Ciprì, l’attrice pluripremiata Francesca Calvelli, il sociologo Francesco Morace, il giornalista di Radio 24h-Il Sole 24 Ore Gianfranco Fabi e tanti tanti altri. Il Museo della scienza e della tecnica di Milano, Cittadinanzattiva, Fondazione industria e culturaapriranno all’Aquila sedi digitali, mentre Oliviero Toscani allestirà una mostra sulle sue campagne più famose. Tutti sono diventati Aquilani Digitali con una foto per fissare un indirizzo, per ricordare con una tragicamente bella galleria di immagini dei vicoli e delle piazze che c’è una città da riportare in vita.
La giornata di Areté si conclude con il concerto straordinario dedicato a L’Aquila dell’Orchestra Città Aperta, diretta dal maestro Carlo Crivelli
- di Marianna Gianforte -
Papa Francesco: Le vere ricchezze dentro di noi
21 Giugno, 2013Redazione le Vie del Signore
Le vere ricchezze hanno a che fare con la fede in Dio presente nella storia attraverso Gesù.
Lo ha spiegato il Papa nell'omelia della messa del mattino.
Papa Francesco all'Angelus: il Cuore di Cristo è un simbolo reale, non temiamo di avvicinarci a Lui, che sempre ci perdona
10 Giugno, 2013Redazione le Vie del Signore
Il Cuore di Cristo “non è un simbolo immaginario”, perché l’amore di Gesù è la vita che resuscita dalla morte. Cosi il Papa ieri mattina all’Angelus in piazza San Pietro, affollatissima di fedeli di tutto il mondo. Il servizio di Roberta Gisotti: Il Sacro Cuore di Gesù è la “massima espressione umana dell’amore divino”, ha osservato il Papa, ricordando che tutto “il mese di giugno è tradizionalmente dedicato” a questa festa celebrata nella Chiesa universale venerdì scorso. “La pietà popolare – ha aggiunto - valorizza molto i simboli e il Cuore di Gesù è il simbolo per eccellenza della misericordia di Dio;” “ma non è un simbolo immaginario, è un simbolo reale, che rappresenta il centro, la fonte da cui è sgorgata la salvezza per l’umanità intera.”
Diversi passaggi evangelici sottolineano che “dal cuore di Gesù scaturisce per tutti gli uomini il perdono e la vita”. “Ma la misericordia di Gesù non è solo un sentimento, è una forza che dà vita, che risuscita l’uomo!”
Cosi come documenta l’evangelista Luca, nell’episodio della vedova di Nain, il villaggio della Galilea dove Gesù con i suoi discepoli arriva nel momento in cui si svolge il funerale del figlio unico della donna, che viene resuscitato dal Signore ‘preso da grande compassione per lei’: “Questa ‘compassione’ è l’amore di Dio per l’uomo, è la misericordia, cioè l’atteggiamento di Dio a contatto con la miseria umana, con la nostra indigenza, la nostra sofferenza, la nostra angoscia”.
Il termine biblico ‘compassione’ – ha spiegato il Papa - richiama le viscere materne: la madre, infatti, prova una reazione tutta sua di fronte al dolore dei figli. Così ci ama Dio, dice la Scrittura. “E qual è il frutto di questo amore, di questa misericordia? E’ la vita!” “La misericordia di Dio dà vita all’uomo”. “Il Signore ci guarda sempre con misericordia; non dimentichiamolo, ci guarda sempre con misericordia, ci attende con misericordia. Non abbiamo timore di avvicinarci a Lui! Ha un cuore misericordioso! Se gli mostriamo le nostre ferite interiori, i nostri peccati, Egli sempre ci perdona.”
Infine la preghiera di Papa Francesco alla Madonna: “il suo cuore immacolato, cuore di madre, ha condiviso al massimo la 'compassione' di Dio, specialmente nell’ora della passione e della morte di Gesù. Ci aiuti Maria ad essere miti, umili e misericordiosi con i nostri fratelli”.
Dopo l’Angelus Papa Francesco ha reso omaggio alla due religiose madre Sofia e madre Margherita Lucia fondatrici di Congregazioni, beatificate oggi in Polonia. “Con la Chiesa che è in Cracovia rendiamo grazie al Signore!” Quindi un saluto a tutti i fedeli in piazza e collegati in tutti il mondo: “…grazie! Oggi non dimentichiamo l'amore di Dio, l'amore di Gesù: Lui ci guarda, ci ama e ci aspetta. E' tutto cuore e tutta misericordia. Andiamo con fiducia a Gesù, Lui ci perdona sempre."
Radio Vaticana
Papa Francesco incontra Giorgio Napolitano "Cattolici rafforzino la democrazia"
08 Giugno, 2013Redazione le Vie del Signore
Libertà religiosa e sviluppo delle istituzioni democratiche al centro delle parole di Papa Francesco rivolte al presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in visita ufficiale questa mattina nel Palazzo apostolico, con la consorte e il seguito, comprendente tra gli altri il ministro degli Esteri, Emma Bonino, e l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco. Da parte sua, Napolitano ha sottolineato quanto sia già diventata familiare agli italiani la figura di Papa Francesco e ha rivolto un pensiero a Benedetto XVI. Oltre al colloquio privato con il Papa in Biblioteca, il presidente italiano ha avuto un colloquio privato con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, con mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati. Il servizio di Fausta Speranza:
“Due colli che si guardano con stima e simpatia”: con questa suggestiva immagine Papa Francesco riassume “la normalità e l’eccellenza delle relazioni tra Italia e Santa Sede”, dopo quelle che ricorda come “vicende anche travagliate e dolorose”. E parla di “dialogo che ha come fine principale il bene del popolo italiano e come sfondo ideale il suo ruolo storicamente unico in Europa e nel mondo”. Papa Francesco in questa prima visita ufficiale da parte di un capo di Stato, durante la quale sul cortile di San Damaso sventola la bandiera italiana, prende spunto dal XVII centenario dell’Editto di Milano, simbolo della prima affermazione del principio di libertà religiosa, per affermare che “oggi la libertà religiosa è più spesso affermata che realizzata”, “è costretta a subire minacce di vario tipo e non di rado viene violata”: “Nel mondo di oggi la libertà religiosa è più spesso affermata che realizzata. Essa, infatti, è costretta a subire minacce di vario tipo e non di rado viene violata. I gravi oltraggi inflitti a tale diritto primario sono fonte di seria preoccupazione e devono vedere la concorde reazione dei Paesi del mondo nel riaffermare, contro ogni attentato, l’intangibile dignità della persona umana”.
“E’ un dovere di tutti – sottolinea Papa Francesco – difendere la libertà religiosa e promuoverla per tutti”. E parla di “garanzia di crescita e di sviluppo dell’intera comunità”. Poi, lo sguardo alla crisi: “Il momento storico che stiamo vivendo è segnato anche in Italia, come in molti altri Paesi, da una crisi globale profonda e persistente, che accentua i problemi economici e sociali, gravando soprattutto sulla parte più debole della società”.
E Papa Francesco dà un nome preciso ai problemi: “Preoccupanti appaiono soprattutto i fenomeni quali l’indebolimento della famiglia e dei legami sociali, la decrescita demografica, la prevalenza di logiche che privilegiano il profitto rispetto al lavoro, l’insufficiente attenzione alle generazioni più giovani e alla loro formazione, in vista anche di un futuro sereno e sicuro”.
La prima raccomandazione di Papa Francesco è difendere i rapporti democratici: “In questo contesto, certo non facile, è fondamentale garantire e sviluppare l’impianto complessivo delle istituzioni democratiche, alle quali nei decenni trascorsi hanno contribuito in modo determinante, leale e creativo i cattolici italiani”.
Raccomandazione nella raccomandazione, pensare ai giovani e al bene comune: “In un momento di crisi come l’attuale è dunque urgente che possa crescere, soprattutto tra i giovani, una nuova considerazione dell’impegno politico, e che credenti e non credenti insieme collaborino nella promozione di una società dove le ingiustizie possano essere superate e ogni persona venga accolta e possa contribuire al bene comune secondo la propria dignità e mettendo a frutto le proprie capacità”.
Dopo la denuncia, la parola forte come Pastore, ovvero l’incoraggiamento alla speranza con il pensiero quasi familiare a quanti ci hanno preceduto: “Anche in ambito civile è vero ciò che la fede ci assicura: non bisogna mai perdere le speranze. Quanti esempi in questo senso ci hanno dato i nostri genitori e i nostri nonni, affrontando ai loro tempi dure prove con grande coraggio e spirito di sacrificio!”
Papa Francesco si rivolge al popolo italiano facendo appello ai valori più veri, religiosi e laici: ricorda la ricchissima tradizione cristiana, figure laiche e donne e uomini testimoni nel silenzio. Incoraggia a “superare ogni divisione e crescere nella giustizia e nella pace”: “Anche il popolo italiano, attingendo con fiducia e creatività dalla sua ricchissima tradizione cristiana e dagli esempi dei suoi Santi patroni Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, come pure di numerose figure religiose e laiche, e dalla testimonianza silenziosa di tante donne e tanti uomini, può e deve superare ogni divisione e crescere nella giustizia e nella pace, continuando così a svolgere il suo ruolo peculiare nel contesto europeo e nella famiglia dei popoli.”
Da parte sua, Napolitano ha portato al Papa l’affetto degli italiani: “La sentiamo, Santità, profondamente vicino, permettendoci di cogliere nella stessa scelta che ha compiuto del nome di Francesco l’eco delle sue radici familiari e l’amore per questo nostro Paese che ha per patrono il Santo di Assisi. A breve distanza da quell’inizio così essenziale del suo nuovo e più alto cammino pastorale, Ella è già divenuto figura familiare e cara agli italiani e innanzitutto ai fedeli e ai cittadini romani ai quali ha voluto significativamente presentarsi innanzitutto quale loro vescovo."
Il capo di Stato italiano ha parlato delle ''aree di povertà”, che ha definito “sempre più estese anche in Italia”, affermando che è ''tempo di riflessione e cambiamento'' per esprimere quella ''solidarietà e giustizia'' che i disagi specie quello giovanile richiedono”. Poi, nel corso del suo discorso in Vaticano, Napolitano ha rivolto “un grato, sentito pensiero ed augurio per Benedetto XVI''.
Nel comunicato relativo al colloquio privato tra il Papa e Napolitano, si legge che "è stata espressa soddisfazione per le buone relazioni intercorrenti tra la Santa Sede e l’Italia; in particolare, si sono affrontati temi che riguardano la situazione sociale italiana e il contributo della Chiesa cattolica alla vita del Paese". E che "c'è stato, pure, un esame di aspetti che caratterizzano l’attuale quadro internazionale, come il preoccupante deterioramento dei conflitti che interessano l’area mediterranea orientale e l’instabilità dell’area nord-africana, che gravano anche su antiche comunità cristiane". Le due Parti hanno confermato la volontà di continuare la costruttiva collaborazione a livello bilaterale e nel contesto della comunità internazionale, soprattutto a riguardo della promozione e della protezione della libertà religiosa.
E’ stato il card. Bertone, a presentare al Presidente della Repubblica Italiana Napolitano gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. Il cardinale ha sottolineato che “consapevoli dell’importante momento, sono lieti di porgerLe il più sentito benvenuto e desiderano formularLe i sensi della loro stima per la prestigiosa e onerosa missione che poche settimane fa Ella ha nuovamente accettato di svolgere a beneficio della cara Nazione italiana". Il cardinale Bertone ha ringraziato “le Autorità italiane, civili e militari, che con solerte professionalità facilitano il compito e l’attività delle Missioni Diplomatiche presso la Sede Apostolica. Ne abbiamo fatto esperienza proprio in occasione della celebrazione dell’inizio solenne del ministero di Papa Francesco. Ad essa parteciparono più di 140 Missioni Straordinarie e Delegazioni internazionali e religiose. Tutte manifestarono la propria soddisfazione per la perfetta accoglienza loro riservata”.
Papa Francesco e il presidente della Repubblica italiana si erano già incontrati il 19 marzo scorso nella Basilica di San Pietro, a conclusione della Messa per l'inizio del ministero petrino. L'incontro ufficiale di oggi è avvenuto dopo che il 20 aprile scorso, Giorgio Napolitano è stato rieletto per un nuovo settennato. Il presidente ha donato al Papa un’incisione su rame del 1850 circa a colori d’epoca, dal titolo: “Arrivo di Nostro Signore Pio IX al Palazzo Pontificio del Quirinale”. E poi alcuni volumi dell’Enciclopedia Treccani. Da parte sua, il Papa ha donato al presidente un trittico di monete della Sede Vacante e medaglie ai membri del seguito.
Radio Vaticana
Apparizione Madonna di FATIMA 13/05/1917
13 Maggio, 2013Redazione le Vie del Signore
13 Maggio 1917 - tre bambini pascolavano un piccolo gregge nella Cova da Iria, frazione di Fatima, comune di Villa Nova de Ourém, oggi Diocesi di Leiria-Fatima.
Si chiamavano Lucia de Jesus, di 10 anni e i suoi cugini Francesco e Giacinta Marto, di 9 e 7 anni.
Verso mezzogiorno, dopo aver recitato il rosario come facevano abitualmente, si intrattennero a costruire una piccola casa con pietre raccolte sul luogo, dove oggi sorge la Basilica.
All´ improvviso videro una grande luce; pensando che si trattasse di un lampo decisero di andarsene, ma sopraggiunse un altro lampo che illuminó il luogo e videro sopra un piccolo elce (dove ora si trova la Cappellina delle Apparizioni) una "Signora più splendente del sole" dalle cui mani pendeva un rosario bianco.
La Signora disse ai tre Pastorelli che era necessario pregare molto e li invitò a tornare alla Cova da Iria per cinque mesi consecutivi, il giorno 13 e a quella stessa ora. I bambini così fecero e nei giorni 13 di giugno, luglio, settembre e ottobre la Signora tornò ad apparire e a parlare con loro alla Cova da Iria. Il 19 agosto l´apparizione ebbe luogo nella località "dos Valinhos" a circa 500 metri da Aljustrel, perché il giorno 13 i bambini furono sequestrati dal sindaco e portati a Villa Nova de Ourém.
Nell´ ultima apparizione, il 13 ottobre, alla presenza di circa 70.000 persone, la Signora disse che era "La Madonna del Rosario" e chiese che venisse costruita in quel luogo una Cappella in suo onore. Dopo l´apparizione, tutti i presenti furono testimoni del miracolo promesso ai tre bambini nei mesi di luglio e di settembre: il sole, simile ad un disco d´argento, poteva essere fissato senza difficoltà, girava su se stesso come una ruota di fuoco e sembrava che volesse precipitare sulla terra.
Più tardi, quando Lucia era già Religiosa di S. Dorotea, la Madonna le apparve nuovamente, in Spagna (il 10 dicembre 1925 e il 15 febbraio 1926, nel Convento di Pontevedra e ancora nella notte tra il 13 e il 14 giugno del 1929 nel Convento di Tuy) chiedendo la devozione dei primi cinque sabati del mese (recitare il rosario meditandone i misteri, confessarsi e ricevere la S. Comunione, in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria) e la consacrazione della Russia allo Suo Cuore Imamacolato. Questa richiesta la Madonna l’aveva già annunciata il 13 luglio 1917.
Alcuni anni più tardi, Lucia rivelò ancora che, tra i mesi di aprile e di ottobre del 1916, apparve ai tre Veggenti un Angelo per tre volte: due volte alla "Loca do Cabeço" e una volta al pozzo nell´orto della casa di Lucia. In queste Apparizioni l´Angelo li aveva invitati alla preghiera e alla penitenza.
Dal 1917 non hanno mai cessato di andare alla Cova da Iria migliaia e migliaia di pellegrini di tutto il mondo; inizialmente soprattutto nei giorni 13 di ogni mese, in seguito durante i periodi di ferie estivi e invernali e adessosempre di più nei fine settimana e nei giorni feriali, per un totale annuale di circa quattro milioni di pellegrini.
santuario-fatima.pt
Ostensione di SAN PIO da Pietralcina
12 Maggio, 2013Redazione le Vie del Signore
Dal prossimo primo giugno sarà permanente l'ostensione del corpo di SAN PIO da Pietrelcina nella chiesa inferiore a lui intitolata a San Giovanni Rotondo.
La notizia é stata annunciata dall'Ufficio stampa dei Frati minori cappuccini della provincia religiosa 'Sant'Angelo e padre Piò. L'unica ostensione delle reliquie del frate delle stimmate si é tenuta dal 24 aprile 2008 al 24 settembre 2009
SUPPLICA ALLA BEATA VERGINE DEL ROSARIO DI POMPEI
08 Maggio, 2013Redazione le Vie del Signore
SUPPLICA ALLA BEATA VERGINE DEL ROSARIO DI POMPEI
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
O Augusta Regina delle Vittorie, * o Sovrana del Cielo e della Terra, * al cui nome si
rallegrano i cieli e tremano gli abissi, * o Regina gloriosa del Rosario, * noi devoti
figli tuoi, * raccolti nel tuo Tempio di Pompei, (in questo giorno solenne *) (1)
effondiamo gli affetti del nostro cuore * e con confidenza di figli * ti esprimiamo le
nostre miserie.
Dal Trono di clemenza, * dove siedi Regina, * volgi, o Maria, * il tuo sguardo
pietoso * su di noi, sulle nostre famiglie, * sull’Italia, sull’Europa, sul mondo. * Ti
prenda compassione * degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. *
Vedi, o Madre, * quanti pericoli nell’anima e nel corpo, * quante calamità ed
afflizioni ci costringono.
O Madre, * implora per noi misericordia dal tuo Figlio divino * e vinci con la
clemenza * il cuore dei peccatori. * Sono nostri fratelli e figli tuoi * che costano
sangue al dolce Gesù * e contristano il tuo sensibilissimo cuore. * Mostrati a tutti
quale sei, * Regina di pace e di perdono. Ave, o Maria
È vero * che noi, per primi, benché tuoi figli, * con i peccati * torniamo a
crocifiggere in cuor nostro Gesù * e trafiggiamo nuovamente il tuo cuore.
Lo confessiamo: * siamo meritevoli dei più aspri castighi, * ma Tu ricordati * che,
sul Golgota, * raccogliesti, col Sangue divino, * il testamento del Redentore
moribondo, * che ti dichiarava Madre nostra, * Madre dei peccatori. Tu dunque, *
come Madre nostra, * sei la nostra Avvocata, * la nostra speranza. * E noi, gementi, *
stendiamo a te le mani supplichevoli, * gridando: Misericordia!
O Madre buona, * abbi pietà di noi, * delle anime nostre, * delle nostre famiglie, *
dei nostri parenti, * dei nostri amici, * dei nostri defunti, * soprattutto dei nostri
nemici * e di tanti che si dicono cristiani, * eppur offendono il Cuore amabile del tuo
Figliuolo. * Pietà oggi imploriamo * per le Nazioni traviate, * per tutta l’Europa, *
per tutto il mondo, * perché pentito ritorni al tuo Cuore.
Misericordia per tutti, * o Madre di Misericordia! Ave, o Maria
Degnati benevolmente, o Maria, * di esaudirci! * Gesù ha riposto nelle tue mani *
tutti i tesori delle Sue grazie * e delle Sue misericordie.
Tu siedi, * coronata Regina, * alla destra del tuo Figlio, * splendente di gloria
immortale * su tutti i Cori degli Angeli. * Tu distendi il tuo dominio * per quanto
sono distesi i cieli, * e a te la terra e le creature tutte * sono soggette.*
Tu sei l’onnipotente per grazia, * Tu dunque puoi aiutarci. * Se Tu non volessi
aiutarci, * perché figli ingrati ed immeritevoli della tua protezione, * non sapremmo a
chi rivolgerci. * Il tuo cuore di Madre, * non permetterà di vedere noi, * tuoi figli,
perduti. * Il Bambino che vediamo sulle tue ginocchia * e la mistica Corona che
miriamo nella tua mano, * ci ispirano fiducia che saremo esauditi. * E noi confidiamo
pienamente in te, * ci abbandoniamo come deboli figli * tra le braccia della più tenera
fra le madri, * e, oggi stesso, * da te aspettiamo le sospirate grazie. Ave, o Maria
Chiediamo la benedizione a Maria
Un’ultima grazia * noi ora ti chiediamo, o Regina, * che non puoi negarci (in questo
giorno solennissimo*) (1). * Concedi a tutti noi * l’amore tuo costante * e in modo
speciale la materna benedizione.
Non ci staccheremo da te * finché non ci avrai benedetti. * Benedici, o Maria, in
questo momento * il Sommo Pontefice. * Agli antichi splendori della tua Corona, * ai
trionfi del tuo Rosario, * onde sei chiamata Regina delle Vittorie, * aggiungi ancor
questo, o Madre: * concedi il trionfo alla Religione * e la pace alla umana Società. *
Benedici i nostri Vescovi, * i Sacerdoti * e particolarmente tutti coloro * che zelano
l’onore del tuo Santuario. * Benedici infine tutti gli associati al tuo Tempio di Pompei
* e quanti coltivano e promuovono * la devozione al Santo Rosario.
O Rosario benedetto di Maria, * Catena dolce che ci rannodi a Dio, * vincolo di
amore che ci unisci agli Angeli, * torre di salvezza negli assalti dell’inferno, * porto
sicuro nel comune naufragio, * noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia, * a te l’ultimo bacio della vita che si spegne.
E l’ultimo accento delle nostre labbra * sarà il nome tuo soave, * o Regina del
Rosario di Pompei, * o Madre nostra cara, * o Rifugio dei peccatori, * o Sovrana
consolatrice dei mesti.
Sii ovunque benedetta, * oggi e sempre, * in terra e in cielo. * Amen.
Salve, Regina.
(1) Solo l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.
Dire Dio, oggi, navigando nel web
07 Maggio, 2013Redazione le Vie del Signore
QUANDO LA CHIESA GETTA LE RETI
Dal 5 al 12 maggio, ad Avezzano, in provincia dell'Aquila, si svolge l'ottavo Festival della comunicazione, promosso dai Paolini e dalle Paoline. Annunciare Dio tra web e social network
L’anno scorso aveva fatto tappa a Caltanissetta. Quest’anno si sposta ad Avezzano, in provincia dell'Aquila. dal 5 al 12 maggio. Il Festival della comunicazione fa maturare in Italia la sensibilità verso il mondo della stampa e dei media. Così, dal 2006. Nato a 40 anni dall’istituzione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, l’evento è ormai un appuntamento atteso. Che allestisce concerti, mostre fotografiche, eventi teatrali, tavole rotonde. «Sullo sfondo», spiega don Ampelio Crema, vicepresidente del Festival,«c’è sempre il tema della Giornata indicato dal Papa. Il desiderio delle Paoline e dei Paolini è stato quello di animare, attorno al tema scelto dal Pontefice, una settimana di approfondimento nelle diocesi italiane. Il Festival è un po’ la ciliegina di questi sette giorni. In una delle 40 città dove si celebra la settimana, in accordo con la diocesi, le parrocchie,le associazioni e i Comuni, si allestiscono eventi e dibattiti».
Quest’anno il titolo del Festival, giunto all’ottava edizione, ripete quello della Giornata mondiale che si celebra il 12 maggio: “Reti sociali: porte di verità e di fede, nuovi spazi di evangelizzazione”. Nel messaggio per la 47ª Giornata delle comunicazioni sociali, che tradizionalmente viene diffuso il 24 gennaio, giorno di san Francesco di Sales patrono dei giornalisti, papa Benedetto XVI aveva sottolineato che «la capacità di utilizzare i nuovi linguaggi è richiesta non tanto per essere al passo coi tempi, ma proprio per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti».
Ed è proprio su questo tema che si confrontano, nella tavola rotonda di lunedì 6 maggio, il direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Sciortino, quello di Avvenire, Marco Tarquinio, il giornalista di Repubblica Giovanni Valentini, il direttore di Civiltà Cattolica e fondatore di Cyberteologia, padre Antonio Spadaro, e monsignor Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per le comunicazioni sociali. Moderati dal professor Sandro Tuzi e con le conclusioni del vescovo di Avezzano, monsignor Pietro Santoro, i giornalisti rifletteranno sui nuovi mezzi di comunicazione. Il convegno, dal titolo “Connessi e liberi- Le rotte della fede viaggiando nel Web”, è uno degli eventi centrali del Festival. «Anche se», spiega don Crema, «non è l’unico evento significativo. In ogni diocesi dove andiamo cerchiamo di valorizzare il territorio e di creare una serie di iniziative che coinvolganoil più possibile le risorse locali».
La Messa del 5 maggio, che ha aperto il Festival e che è stata celebrata nella cattedrale di San Bartolomeo ad Avezzano, è stata trasmessa indiretta su Rai 1. Il programma, poi, prevede una molteplicità di appuntamenti, dalla pittura esposta a Palazzo Torlonia nella mostra I colori della fede, al concerto I suoni della fede, con l’esibizione, nella concattedrale di Pescina, dell’orchestra giovanile della diocesi dei Marsi e i cori polifonici della Marsica riuniti. E ancora: editoria e fede, al castello Orsini, grazie al dialogo con i detenuti del carcere di Avezzano. Il teatro, a Tagliacozzo, con la messa in scena dell’opera tratta dal libro di don Tonino Bello Quella notte ad Efeso, lettera a Maria.
Cinema, televisione, letteratura. Non manca nulla in questo Festival che vede anche la partecipazione di Amedeo Minghi nel concerto dell’11 maggio dal titolo I cercatori di Dio. Un’occasione da non perdere (il programma completo è disponibile all’indirizzo www.festivaldellacomunicazione.org) per ripensare a come cambiano, con le nuove tecnologie e i social network, il nostro modo di comunicare e i nuovi strumenti da usare per continuare a dire la fede. Valorizzando le arti e i colori, il paesaggio e le opere d’arte.Ma, soprattutto, le relazioni umane e il grande valore dello stare insieme.
Annachiara Valle
Leggi l'approfondimento su famigliacristiana.it
San Francesco da Paola
04 Maggio, 2013Redazione le Vie del Signore
Festeggiamenti in onore di San Francesco
Paola (CS)
27 aprile - 5 maggio 2013
Benedetto XVI torna in Vaticano
02 Maggio, 2013Redazione le Vie del Signore
Oggi 02 Maggio 2013 , il Papa Emerito Benedetto XVI rientrerà in Vaticano, a dargli il Benvenuto Papa Francesco.